Vela di Calatrava: da incompiuta simbolo a Città della Conoscenza?

Governo e Università Tor Vergata vicini a un accordo. Il progetto della prof. Canini potrebbe diventare realtà e dotare Roma di un centro di ricerca unico al mondo

 

Si vede affacciandosi alle finestre di gran parte di Roma sud. Incombe sugli automobilisti in transito sull’autostrada per Napoli. La vela di Santiago Calatrava a Tor Vergata non fa nulla per nascondersi, come se non avesse vergogna di quello che rappresenta. E’ il simbolo delle incompiute di questo Paese, delle grandi opere rimaste un sogno, degli sprechi di denaro e della incapacità di portare a termine ciò che si è iniziato.

Non ripercorreremo qui la storia di questo monumento allo spreco perché già ne parlammo in una precedente puntata di “Città in Rovina” del 2016. Rimandiamo a quell’articolo chi volesse saperne di più sul continuo incremento dei preventivi di spesa (partiti da 60 milioni e finiti a 660), sull’azione discutibile della Protezione Civile che da mesi pontifica sul Covid dimenticando il proprio passato poco trasparente.

Oggi, invece, vorremmo raccontarvi le possibili novità positive che riguardano questa vela incompiuta che è stata presa a cuore da una professoressa di Tor Vergata, Antonella Canini: biologa, direttrice dell’Orto Botanico dell’Università e coordinatrice del progetto “Città della Conoscenza”. Da anni studia, progetta e immagina il futuro di quest’area e finalmente, nelle ultime settimane, pare abbia trovato ascolto tra alcuni ministri del governo. A leggere Repubblica, sembra che l’esecutivo voglia impegnarsi per la Vela, grazie a fondi europei e investitori pronti a metterci i soldi.

Si tratta di recuperare l’incompiuta della ex Città dello Sport e trasformarla in un centro di ricerca, dimostrazione e divulgazione unico al mondo. In sostanza no all’abbattimento della struttura, come chiedeva qualcuno, ma il suo riuso a fini didattici e espositivi.

Un parco di 160 ettari costruito con le più moderne tecnologie ecosostenibili e molto suggestivo dal punto di vista architettonico, come si può vedere nei render che seguono.

 

Oltre alle sale per lo studio e le mostre, è previsto un orto botanico che comprenderà un settore dedicato alla conservazione della biodiversità; una grande serra che sarà in rete con le più importanti serre internazionali (quella di Kew Garden a Londra e quella di Singapore); la sede della facoltà di scienze matematiche e fisiche e infine una “smart city”, cioè un luogo dotato delle migliori tecnologie per eventi di intrattenimento e espositivi.

Sembra un sogno ma non lo è. Un protocollo di intesa tra Università, MIUR e Ministero delle Infrastrutture è stato già firmato nel 2018 durante il governo Gentiloni e poi prorogato.

Fino ad oggi, i governi Conte non avevano dato seguito a quanto stabilito nel protocollo, adesso invece sembra che vi sia una maggiore attenzione, anche nell’ottica di ripresa dell’economia dopo la crisi del virus.

E’ chiaro che un’opera così imponente richiede molti soldi (che non sarebbero il problema principale), ma soprattutto una visione di insieme che pensi anche ai trasporti pubblici per raggiungere il nuovo polo e alle infrastrutture viarie.

Il complesso avrebbe un grosso impatto sul lavoro, non solo durante la costruzione, ma anche a regime quando occuperebbe 2.830 persone che diventerebbero 14 mila considerando l’indotto, oltre alla nascita di 60 nuove aziende.

Si tratta insomma di creare qualcosa di nuovo che si ispiri a ciò che già esiste e in particolare il ‘Parc de la Villette’ a Parigi e i ‘Gardens by the Bay’ di Singapore. Sono due casi di successo che la nuova Città della Conoscenza potrebbe superare in termini di immagine e contenuti.

Il Parc de la Villette (Parigi)

Chi volesse approfondire, potrà scaricare la brochure del progetto a questo link.


 

Clicca qui per le precedenti puntate di Città in Rovina

 

 

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