Tavolino selvaggio: Comune di Roma e Governo giocano al gatto col topo

Le istituzioni, tutte, hanno paura di mettersi contro la lobby della ristorazione, anche a costo di lasciare la città nel caos. Rimpallo di responsabilità per mantenere l'indegno status quo

 

In un articolo pubblicato ieri su La Repubblica viene riportata la vittoria al TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) di un locale in via del Banco di Santo Spirito, che dopo cinque anni si vede riconoscere la possibilità che l’amministrazione capitolina, il Municipio I in questo caso, riveda il diniego all’installazione di tavolini esterni.

Per via del Banco di Santo Spirito esiste un PMO (Piano di Massima Occupabilità), approvato dal consiglio del Municipio I, che indica le possibili OSP (Occupazioni di Suolo Pubblico) concedibili sulla strada. Da quel che si capisce dall’articolo, in quella via è già presente un’OSP autorizzata e un altro locale aveva chiesto di poter allestire un suo dehor, ricevendo però un diniego dal Municipio, probabilmente dovuto al fatto che il PMO non prevede altre OSP sulla strada. Il locale richiedente dovrebbe aver chiesto al Municipio la revisione del PMO, anche perché nel frattempo i marciapiedi sulla strada sono stati allargati e quindi dovrebbero consentire maggiori spazi per eventuali arredi esterni, ma la sua richiesta sarebbe stata respinta.

Ricorrendo al TAR contro il diniego ricevuto, ci sarebbero voluti ben cinque anni perché i giudici amministrativi riconoscessero il provvedimento del Municipio I infondato e lo obbligassero a riesaminare la pratica.

 

La prima cosa che salta agli occhi di questa storia è l’incredibile ampiezza dei tempi necessari a veder definita una pratica amministrativa: tra incertezze normative, lungaggini burocratiche e tempi biblici della giustizia amministrativa, la capacità delle imprese commerciali di operare è fortemente e negativamente influenzata, rendendo il commercio romano una giungla in cui prosperano i più spregiudicati e soffrono coloro che vorrebbero operare seguendo le regole.

 

Quello che però è ancora più grave, e che viene rilevato anche nell’articolo, è una sorta di vuoto normativo, con il Comune di Roma che avrebbe un nuovo regolamento OSP pronto, ma che non lo mette in vigore a causa della proroga del regime emergenziale “COVID” in materia di OSP, prorogato dal Parlamento a maggioranza di centrodestra fino al 31 dicembre di quest’anno.

Nell’articolo si dice infatti che il Comune ha redatto un nuovo regolamento per mettere ordine in materia OSP, “Ma poi questo regolamento è stato congelato perché il governo ha prorogato per tutto il 2024 la possibilità di collocare liberamente i dehors, come durante il Covid quando si era in stato d’emergenza.

Questo passaggio dell’articolo non è però, a nostro avviso, corretto. Perché se è vero che esiste una bozza di nuovo regolamento OSP, presentato peraltro pubblicamente dal sindaco Gualtieri e dall’assessore Lucarelli il 15 novembre dello scorso anno, il motivo della sua mancata entrata in vigore non può essere la proroga del regime di “OSP emergenziali” decisa dalla maggioranza di centrodestra al governo del paese.

Fu infatti proprio il sindaco Gualtieri, durante la presentazione del 15 novembre, che ricordando la sua contrarietà all’ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2024 del regime “Covid”, stabilita dalla maggioranza parlamentare, affermò:

Abbiamo comunque il dovere di dotare Roma Capitale di una disciplina più moderna ed adeguata …”.

 

Giova inoltre ricordare che la proroga del regime OSP emergenziale fu giustificata dal proponente, il senatore di Fratelli d’Italia De Priamo, con il fatto che proprio il Comune di Roma non era ancora riuscito ad approvare un nuovo regolamento OSP, per cui si riteneva necessario (in realtà per non si sa quali ragioni) mantenere vigenti le regole “COVID”.

 

Dell’ancora prospero far west in materia di OSP a Roma ci siamo occupati l’ultima volta a febbraio di quest’anno, chiedendoci proprio che fine avesse fatto l’annunciato nuovo regolamento OSP e segnalando la necessità di un’ordinanza del sindaco per intervenire immediatamente contro l’abusivismo imperante.

Così scrivevamo:

Eppure ci sarebbe una grande urgenza di avere il nuovo regolamento vigente; perché se è vero che la proroga del regime Covid non consente praticamente di intervenire sulle OSP “regolari” esistenti almeno fino a fine anno, l’aggiornato regime sanzionatorio del nuovo regolamento dovrebbe consentire di cominciare a reprimere con una certa efficacia l’enorme abusivismo in materia di OSP che da sempre caratterizza il panorama romano e che la normativa emergenziale Covid ha fatto ulteriormente aumentare.

Il problema principale delle OSP a Roma è infatti da sempre una normativa che sostanzialmente incentiva gli abusi, prevedendo sanzioni irrisorie e difficili da applicare, soprattutto considerando la cronica scarsità di risorse e personale degli uffici municipali e della Polizia Locale, responsabili del controllo del territorio.

A Roma non è esagerato parlare di un abusivismo di almeno il 50% delle OSP esistenti, considerando OSP totalmente abusive o eccedenti lo spazio concesso, e questo viene confermato dai tanti verbali elevati ogni volta che la Polizia Locale effettua controlli su strade e piazze di Roma.

Da notare poi che la proroga del regime emergenziale Covid è stata proposta dal senatore De Priamo, di Fratelli d’Italia ed ex consigliere capitolino, con la motivazione che Roma non aveva ancora approvato il nuovo regolemento OSP e quindi bisognava dare più tempo all’amministrazione capitolina, consentendo nel contempo agli esercenti di continuare a beneficiare delle OSP “espanse”.

Cosa aspetta allora l’amministrazione capitolina a partorire il nuovo regolamento?

Non sarà forse che l’eventuale più efficace meccanismo sanzionatorio spaventi più d’uno sia in Campidoglio che tra le rappresentanze degli esercenti e quindi si preferisca lasciare il selvaggio status quo attuale?

Come si dice, a pensar male …

 

Passano i mesi ma la situazione rimane immutata, incredibilmente in un clima di sempre crescente rassegnazione generale.

A Roma si sono perse le tracce dell’assessore al commercio, così come le speranze di avere un qualche tipo di governo del commercio cittadino e la cosa non sembra preoccupare nessuno.

 

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