Roma, città del cinema, che si avvia a rimanere senza sale cinematografiche

La legge che la Regione Lazio sta per approvare porterà alla riconversione della gran parte dei cinema, col presidente Rocca che sfugge al confronto e il Campidoglio che, incredibilmente, assiste inerte

Lo scorso lunedì si è tenuto l’evento “Terzi Luoghi – Una città che si-cura” presso una sala della Basilica di San Saba. L’incontro, organizzato dal “Comitato SOS Sale“, è stato un confronto della comunità romana sul futuro urbanistico della Capitale di fronte alla proposta regionale che prevede la trasformazione delle ex sale cinematografiche in centri commerciali, hotel e B&B, alimentando la turistificazione della città.

 

 

Della normativa, in discussione all’assemblea regionale del Lazio, che consentirebbe la riconversione totale dei cinema, ne abbiamo parlato a metà gennaio, in occasione della conferma da parte del TAR del Lazio del diniego al progetto di riconversione del cinema Metropolitan.

Va detto che c’è una strettissima relazione tra la normativa a cui sta lavorando la Regione Lazio e il cinema Metropolitan. A tutti è chiaro infatti come quel testo sia stato pensato inizialmente per sbloccare lo stallo che da oltre dieci anni vive l’ex sala di via del Corso (qui una cronistoria), ma l’insorgere di un movimento contrario alle previsioni di quella legge, con nomi importanti del panorama culturale anche internazionale (Renzo Piano, Martin Scorsese, Francis Ford Coppola tra gli altri), hanno portato la maggioranza guidata da Francesco Rocca a modificare il testo originario, restringendo in parte le possibilità di riconversione delle sale.

Rimane però l’impostazione di fondo di quella legge, che fungerebbe da stimolo irresistibile a riconvertire tutte le sale cinematografiche storiche, anche a costo di dover scontare lunghi periodi di inattività.

 

Nell’evento di lunedì si è parlato dell’importanza delle sale cinematografiche come luoghi di aggregazione e di socialità, oltre che presidi culturali, e di come la loro scomparsa costituirebbe una perdita gravissima per la vivibilità e la qualità della vita dei cittadini.

Pur riconoscendo le difficoltà che incontrano le gestioni tradizionali dei cinema, è stato illustrato come sia possibile riconvertire parzialmente le sale, affiancando ad una gestione moderna delle proiezioni altre attività, sul modello dei “terzi luoghi” sviluppato a Parigi.

Nella sala gremita di persone si è discusso del futuro dei cinema di Roma e dell’Italia, con un dialogo caloroso tra urbanisti, associazioni, imprenditori culturali, amministratori locali e cittadini.

Tanti erano i rappresentanti istituzionali presenti, ma non si è potuta non notare l’assenza del punto di vista di chi il disegno di legge “azzera sale cinematografiche” lo sta portando avanti in Regione Lazio.

Gli organizzatori avevano invitato sia i rappresentanti del governo regionale che di quello nazionale, essendo il rischio che Roma divenga una città senza cinema un problema che dovrebbe interessare anche il governo della romana Giorgia Meloni, ma nessuno di loro ha pensato di portare il punto di vista dello schieramento di centrodestra su questo importante tema.

 

Avendo sentito parole non equivoche, in favore della difesa dei cinema, da parte delle forze di opposizione in Regione Lazio e in Parlamento (benché non possiamo dimenticare che fu proprio il M5S, quando Virginia Raggi guidava il Campidoglio, a dare il via libera alla riconversione del cinema Metropolitan), viene da chiedersi come i partiti del centrodestra pensano che i loro elettori possano soddisfare le aspirazioni culturali, come ad esempio assistere alla proiezione di un film, se tutte le sale prima o poi finiranno per essere riconvertite.

Per fare proprio l’esempio del cinema Metropolitan, con una popolazione sempre più in là con gli anni, soprattutto nelle aree più centrali, secondo il presidente Rocca è il caso di chiudere il cinema per farne l’ennesimo spazio commerciale (a via del Corso!?!) o non è forse meglio lasciare la possibilità ai cittadini di zona di incontrarsi per vedere un film insieme, eventualmente riconvertendo parte degli spazi in altre funzioni, sempre a servizio dei cittadini, ma in grado di contribuire al sostentamento economico della struttura?

E lo stesso non dovrebbe valere per tutte le altre zone di Roma dove insistono cinema storici?

 

Le stesse domande sarebbe utile porle al ministro della Cultura, Alessandro Giuli, il quale difficilmente potrà far finta di niente mentre Roma, la “città del cinema”, quella che un tempo era la “Hollywood sul Tevere“, dichiarata “Unesco City of Film” dall’UNESCO nel 2015, rischia di perdere tutte le sale cinematografiche storiche. Peccato però che anche il ministro non abbia voluto partecipare all’incontro di lunedì.

 

Da ultimo non si può non rilevare l’assenza di una forte presa di posizione da parte dell’amministrazione capitolina che invece col sindaco in testa dovrebbe opporsi in ogni modo all’eventualità di una Roma senza più cinema storici.

Chiaramente la decisione in ultima istanza dovrà essere presa dalla maggioranza in Regione Lazio, ma possibile che il sindaco Gualtieri non senta l’esigenza di schierare apertamente tutta la sua amministrazione contro un’ipotesi tanto nefasta?

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