Il delicato equilibrio tra tutela del decoro e abusi delle forze dell’ordine

A Firenze scoppia il caso dopo il fermo violento di un senegalese da parte della Polizia Locale. L'idea del Daspo per parcheggiatori e venditori abusivi

Il ministro della Cultura Franceschini, pochi giorni fa, ha dichiarato la massima intransigenza contro i venditori abusivi intorno al Colosseo. La capitale vive da decenni un forte disagio provocato dal “laissez faire” a livello commerciale: sono state regolarizzate bancarelle oscene in luoghi pregiati e accanto a queste mettono le tende (o il lenzuolo) centinaia di stranieri che espongono ogni tipo di merce senza alcun permesso.

La battaglia di cui parla Franceschini è solo all’inizio e non si sa neanche con quali strumenti verrà combattuta.

 

Firenze registra problemi molto simili, data la enorme presenza di turisti, ma nel capoluogo toscano i Sindaci hanno adottato una linea dura già da molti anni. Forse troppo dura a sentire il parere di alcune associazioni civiche e a leggere alcuni articoli. Fu il sindaco Domenici a costituire, nei primi anni 2000, un corpo di Polizia Locale tutto dedicato alla difesa del decoro cittadino. Una serie di ordinanze per limitare lavavetri, venditori e accattonaggio hanno creato un clima che i sindaci seguenti non solo non hanno interrotto ma anzi rafforzato, fino ad arrivare ad un episodio avvenuto poche settimane fa sul Lungarno Acciaiuoli. Un agente del nucleo per il decoro ferma un senegalese e assieme ad un collega lo immobilizza in terra, sedendosi sulle sue gambe. Il ricordo va subito al celebre caso di George Floyd, ucciso a Minneapolis da un poliziotto durante un fermo troppo violento.

L’episodio di Firenze è stato filmato dai passanti e il video, diventato virale, mostra l’uomo che chiede aiuto ai passanti contro l’eccesso degli agenti.

 

 

In seguito, alcuni cittadini hanno presentato un esposto e il Sindaco Nardella si è affrettato a respingere ogni accusa di razzismo, precisando che se “ci saranno responsabili questi saranno opportunamente sanzionati“.

Al di là del caso del senegalese e di eventuali abusi, va approfondita la politica che sta seguendo Firenze: a marzo, ha introdotto una sorta di “daspo” che preveda l’allontanamento dalle zone più turistiche della città di coloro che siano stati colti ad effettuare accattonaggio, a vendere merce senza licenza o a chiedere denaro per il parcheggio abusivo. In pratica costoro non potranno accedere per alcuni giorni al centro della città.

La formula sembra interessante e sicuramente più efficace rispetto alle multe che – come è noto – non vengono mai pagate e non costituiscono un valido deterrente.

Il rischio, però, è che si possano registrare abusi da parte delle autorità e che si leda, in qualche modo, la libertà di circolazione delle persone. A Firenze, alcune comunità di stranieri sono scese in piazza contro la violenza degli agenti in divisa. “Abbiamo impiegato anni per costruire una valida integrazione con gli italiani e ora ci sentiamo abbandonati“, dice Mamadou Sall presidente dell’Associazione Senegalesi in Italia. Molti consiglieri comunali della sinistra fiorentina, come Dmitrij Palagi, accusano il comune di occuparsi di un astratto concetto di decoro e di trascurare i veri problemi sociali della città.

Anche il giornale “L’essenziale” ha dedicato alla questione un duro articolo scrivendo che “i concetti di decoro e degrado hanno consentito di approvare decisioni molto contestate come una recinzione per evitare lo stazionamento di gruppi di bivacco e una cordonatura anti-movida intorno alla basilica del Santo Spirito“. Si tratta – secondo il settimanale – di interventi che scoraggiano l’incontro tra persone in nome della creazione di rioni-vetrina difficili da vivere.

Sebbene in una società liberale (come teoricamente è la nostra) la possibilità di muoversi e riunirsi è garantita dalla costituzione e nessuno la dovrebbe mettere in discussione, c’è anche da dire che negli ultimi due anni siamo stati tutti costretti a limitare le nostre libertà. Altro che confinamento da un quartiere. Le misure del governo hanno impedito di uscire da casa, di andare a trovare parenti malati, di frequentare palestre e piscine e perfino di andare in chiesa o in ufficio. Se in nome di presunte regole sanitarie (rivelatesi in molti casi inutili e dannose) abbiamo tutti modificato il nostro modo di vivere (e continueremo a farlo), occorre accettare che la convivenza in uno spazio limitato come una città debba essere condizionato alle esigenze degli altri.

Si tratta insomma di contemperare dei fondamentali diritti di ciascuno, con degli altrettanti fondamentali diritti di tutti. Ad esempio, in un quartiere  come piazza Bologna, devono poter essere contemplati sia i bisogni di chi vuole divertirsi nei bar o locali notturni, sia di coloro che hanno necessità di riposare in un ambiente silenzioso.

Roma ha seguito una politica opposta a quella di Firenze, con una totale libertà per chiunque di vendere merce su strada, di accalappiare i turisti, di fare il parcheggiatore abusivo. A Roma di “rioni-vetrina” non se ne vedono ma anzi sembra che ogni angolo della capitale sia totalmente senza controllo. L’equilibrio si può e deve trovare e ovviamente gli abusi delle forze dell’ordine non debbono essere tollerati, mai, nei confronti di alcuno. Però il “mini-daspo” di quartiere può essere considerato uno strumento da provare anche da noi, sempre fornendo tutti gli strumenti messi a disposizione da un serio stato di diritto per una corretta difesa.

 

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