Vi sono luoghi ormai inabitabili nel centro di Roma (ma non solo)

Il fenomeno della "mala-movida", ignorato per 5 anni dall'amm.ne Raggi, è ormai divenuto un grave problema di ordine pubblico dove finiscono per rimetterci tutti

Da tanti anni si parla di movida romana, ossia della declinazione locale del godersi la vita serale, ma solo recentemente si è messo a fuoco il fenomeno della cosiddetta mala-movida, ossia le degenerazioni peggiori di quello che è un giusto diritto.

L’eccessiva concentrazione di esercizi di somministrazione in alcuni luoghi porta ad esagerati affollamenti di persone con immancabili schiamazzi fino a tarda notte, fenomeni vari di degrado (gente che urina un po’ ovunque, piccoli danneggiamenti, scritte vandaliche), fino ad arrivare a spaccio diffuso di stupefacenti, violenze, risse e attacchi frequenti alle stesse forze dell’ordine.

Chi non ha conoscenza diretta di queste cose potrà pensare che si tratti di fenomeni comprensibili quando vi sia una grande concentrazione di giovani, qualcosa di tutto sommato tollerabile. Vi sono persone invece che certe cose sono costrette a subirle ogni fine settimana, se non ogni giorno, avendo avuto la (s)fortuna di ritrovarsi a vivere a Ponte Milvio, Trastevere, Campo de’ Fiori, San Lorenzo, ecc.

L’elenco dei luoghi in cui questi problemi si verificano continua in realtà a crescere, stante il totale disinteresse del governo cittadino a governare certi fenomeni e il legittimo interesse del commercio cittadino a massimizzare i propri profitti. Da qualche anno infatti anche gli abitanti del Pigneto, di alcune zone in Prati, di Città Giardino, ecc. stanno sperimentando i disagi di vivere nei luoghi della movida.

 

Come detto, il fenomeno non è nuovo e finora non è mai stato seriamente preso in considerazione dal governo cittadino, ma il veloce riprendere di una sorta di normalità post-COVID sta evidenziando problemi che non possono più essere ignorati come in passato.

Quello che segue è un video girato a Campo de’ Fiori lo scorso sabato dopo le 23, ossia in orario di coprifuoco.

 

 

 

Un luogo del genere è chiaramente non più adatto per una normale vivibilità, sia per il frastuono che è insopportabile anche a finestre chiuse, sia per i pericoli che assembramenti del genere possono generare in ogni momento.

 

Una situazione molto simile è riscontrabile a via San Giovanni in Laterano, sul tratto vicino al colosseo, cosiddetto “gay street” (cliccare sull’immagine per la pagina web con i video).

 

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In questi luoghi anche gli stessi esercenti cominciano a soffrire, stante che la gran parte delle persone nei video sono giovanissimi che o arrivano “già bevuti” o provvedono ad acquistare gli alcolici presso i tantissimi minimarket (anche se dopo le 18 ciò sarebbe vietato).

 

Questore e Prefetto si stanno adoperando per riprendere il controllo dei luoghi della movida ma qui c’è una responsabilità enorme dell’amministrazione Raggi che non ha mai neanche preso in considerazione l’idea di provare a governarli certi fenomeni.

Per la Raggi e il suo fido scudiero al commercio, Andrea Coia, gli imprenditori vanno solo lasciati liberi di fare quello che ritengono più lucroso, senza considerare gli effetti che ciò comporta nelle relazioni tra gli stessi esercenti e con tutti gli altri attori cittadini.

La solita miscela di incapacità e irresponsabilità sta riuscendo quindi nel capolavoro di scontentare sia gli esercenti che gli abitanti di certi luoghi, richiedendo uno sforzo enorme alle forze dell’ordine (circa 1.200 agenti in servizio in totale ogni sera!) e mettendole spesso non in condizione di controllare le moltitudini.

 

Qualche settimana fa abbiamo provato ad abbozzare qualche riflessione sul possibile futuro del commercio a Roma; ragionamenti di puro buonsenso a cui però l’attuale amministrazione risulta del tutto impermeabile.

La speranza è che nella contesa elettorale prima o poi qualcuno voglia cominciare a parlarne di queste cose, per il bene del commercio, dei cittadini e della città tutta.

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4 risposte

  1. eh no, Raggi e Coia non sono due “cime”, ma la colpa di tutto ciò ha un nome e cognome: PIERLUIGI BERSANI e la sua liberalizzazione delle licenze!!!!!
    Perchè se da una parte le amministrazioni sono state preda di faciloneria, inadeguatezza o connivenza con certe categorie, dall’altra si trovano a dover fare buon viso a cattivo gioco e nulla possono di fronte ad ogni Segnalazione Certificata di Inizio Attività con cui si apre un qualsiasi esercizio commerciale in barba a qualsiasi elementare principio di corretta distribuzione delle attività di vendita/somministrazione di bevande/cibo.

    1. La liberalizzazione delle licenze ha fatto venire meno il mercato nero delle licenze. Puoi avere uno o anche cento minimarket su una sola strada, il problema è che non controlli il rispetto dei divieti che imponi come amministrazione anche quel solo minimarket creerà problemi. Poi ci sarebbe molto da studiare e capire perché a 15/16 anni di sabato invece di cercare di passare una serata con una ragazza o un ragazzo, alle 16 già ti sei fatto tre birre e non stai in piedi… con a fianco la tua ragazza/ragazzo fatta come e più di te…

      1. si, ma anche col mercato nero (che rappresentava il TFR degli esercenti poichè avendo spesso versato pochissimi contributi previdenziali, ricevevano delle pensioni bassissime e si affidavano alla vendita della licenza ed alla buonuscita dalle mura), il numero era comunque contingentato: ora siamo all’esagerazione e tutto si può aprire dappertutto, tenendo conto sollo solo delle esigenze del “business” e in nessun conto il diritto alla tranquillità delle persone.
        Guardiamo poi all’esempio delle pedane di bar e ristoranti: qua intorno casa mia, nel raggio di 600 metri ne hanno montate 5 facendo sparire 15 posti auto.
        Perchè l’esercente ha il diritto di guadagnare ma io non ho più quello di parcheggiare?

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