Un paio di settimane fa avevamo dato conto dell’iniziativa di alcuni esercenti di piazza Navona che avevano chiesto all’amministrazione la possibilità di ampliare gli spazi esterni occupati dai tavolini. Neanche a dirlo la richiesta pare sia stata accolta dalla Commissione Commercio guidata da Andrea Coia che avrebbe già fatto un sopralluogo sulla piazza per verificare lo stato dei luoghi.

 

Non contento però di provare a mettere mano su piazza Navona (ancora!?!), benché siamo pronti a scommettere che lì non riuscirà a fare niente, il presidente Coia qualche giorno fa ha annunciato di voler intervenire sulla disciplina dei Piani di Massima Occupabilità (PMO) introducendo un parere obbligatorio da parte delle associazioni di categoria.

Quando abbiamo letto questa cosa confessiamo di aver trasecolato, non riuscendo a credere che un rappresentante istituzionale possa aver avanzato una simile castroneria.

In pratica, se capiamo bene, gli esercenti, tramite le loro rappresentanze di categoria, dovrebbero fornire un parere obbligatorio (quindi richiesto dal procedimento, pena l’impossibilità di perfezionare l’atto) su ogni PMO. Trattandosi questi PMO di progetti tesi a concedere ma anche a limitare le Occupazioni di Suolo Pubblico (OSP) concedibili in una strada o piazza, perché mai le associazioni dovrebbero essere ad essi favorevoli? Gli basterà infatti di volta in volta non esprimere un parere o esprimersi negativamente per bloccare il relativo PMO.

Visto che l’esistenza di un PMO non è condizione indispensabile per il rilascio delle concessioni OSP, con la geniale pensata del presidente Coia si avrebbe il risultato di abolire nei fatti i PMO, tornando ad un passato in cui le OSP venivano concesse senza alcuna relazione tra l’una e l’altra quand’anche esse fossero attigue.

 

La realtà è che i PMO disegnano le possibili OSP su una strada o piazza applicando semplicemente il codice della strada, le norme di sicurezza e quelle a tutela di zone storiche o monumentali. Si tratta di norme sovraordinate che nessun provvedimento dell’Assemblea Capitolina può superare, ragion per cui l’eventuale parere degli esercenti non avrebbe senso alcuno. Se infatti costoro non fossero d’accordo con le previsioni di un piano, praticamente nulla si potrebbe fare per venirgli incontro, non essendo possibile andare in violazione di norme nazionali o di prescrizioni delle Soprintendenze.

 

L’idea del presidente Coia, almeno così come l’abbiamo letta sulla stampa romana, si rivelerebbe quindi l’ennesimo intervento inutile ad affrontare in maniera seria un problema e buono solo ad aggravare ulteriormente il caos attuale.

In pratica ci troveremmo di fronte ad un intervento simile a quello promosso da Coia sul commercio ambulante, un’iniziativa che a suo dire avrebbe rivoluzionato il settore del commercio ambulante e che invece ha definitivamente cristallizzato lo schifo di bancarelle che vediamo in ogni angolo di Roma.

Come scrivemmo qualche settimana fa:

Avrà pensato il presidente Coia di inaugurare un dibattito pubblico per individuare nuove regole per le OSP in centro storico, magari pensando di condividere meglio gli enormi guadagni degli esercenti con la collettività, tramite aumento dei canoni, e nel contempo trovare il modo di distribuire i tavolini in modo più omogeneo aumentando la qualità dell’offerta?

Si sarà posto il Presidente Coia il problema dell’enorme abusivismo che contraddistingue le OSP in centro storico a Roma, con stime prudenziali che lo collocano intorno al 70%?

 

Niente di tutto ciò. Il presidente Coia continua a rispondere alle categorie di cui ha evidentemente deciso di prendere le parti (bancarellari, esercenti con OSP, ditte pubblicitarie) senza minimamente considerare l’interesse pubblico ad avere luoghi tutelati e fruibili da tutti, anche a tutela di un commercio sempre più di qualità e ad elevato valore aggiunto.

 

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