Hotel, prenotazioni giù e le strutture chiudono. Nella capitale – 50% di presenze

Lo Sheraton dell'Eur licenzia 164 persone, il Majestic ne mette 49 in mobilità. Il comparto vale il 16% del Pil romano ma Madrid fa molto meglio con politiche diverse

 

L’aveva detto Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi Lazio e storico albergatore romano: “Nella capitale moriranno 80 hotel su 100”. Mai previsione fu più azzeccata e l’ultima vittima della lunga serie di chiusure è lo Sheraton dell’Eur. Ieri ha annunciato il licenziamento dei 164 dipendenti dopo due anni di cassa integrazione.

Camerieri, impiegati, addetti alla reception, operai che lavoravano nell’imponente struttura di via del Pattinaggio hanno ricevuto una lettera senza appello. Finiti gli ammortizzatori sociali la proprietà che fa capo al gruppo americano Marriott ha dichiarato che non può pagare gli stipendi. Le 640 camere e le 30 sale convegni non lavorano da troppo tempo.

In queste ore, un altro prestigioso hotel del centro sta mettendo in mobilità la gran parte dei lavoratori: il Majestic di via Veneto lo sta per comunicare ufficialmente a 49 dipendenti.

Il settore sta morendo e Roma ne paga il prezzo più salato. Durante le feste natalizie appena trascorse, gli hotel romani hanno visto il 50% delle presenze in meno rispetto a dicembre del 2019. Nella capitale si contano 1.250 strutture alberghiere: 350 hanno chiuso per il primo lockdown e non hanno mai più riaperto. Gli altri hanno ospitato clienti a fasi alterne, con la parte finale del 2020 e i primi mesi del 2021 praticamente senza giro d’affari.

Oltre al calo del turismo nazionale, il vero dramma è la sparizione dei flussi da Sudamerica, Corea, Giappone, Cina e Russia. Non solo le difficoltà di viaggio comuni a tutti ma anche il grave problema che l’Italia non riconosce i loro vaccini. Quindi neanche i più temerari, disposti a sfidare la burocrazia di viaggio, possono raggiungere il nostro Paese.

A Roma il comparto vale il 16% del Pil, vuol dire decine di migliaia di famiglie che non hanno più uno stipendio. Se le regioni del Sud si sono salvate grazie al mercato interno durante l’estate (basti pensare al boom di Puglia e Sicilia), la capitale è rimasta indietro, non mostrandosi attrattiva per gli italiani e non essendo raggiungibile dagli stranieri con alta capacità di spesa.

Non va meglio per il settore dei congressi che nella nostra città ha un peso notevole. Gli alberghi più grandi, dotati di infrastrutture congressuali, non hanno la possibilità di coprire i costi. E pensare che fino al 2019 l’Italia era il sesto Paese al mondo per impatto economico generato dagli eventi. Secondo Federcongressi, il settore ha un impatto diretto sul Pil di 36,2 miliardi l’anno e con l’indotto genera un giro di affari di 65 miliardi. Il susseguirsi di DPCM contraddittori e confusionari non ha permesso di pianificare alcun evento e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.

 

Qualcuno obietterà che la responsabilità è del virus ma le cose non stanno esattamente così. Gli albergatori, nella primavera del 2021, hanno chiesto a gran voce l’introduzione del passaporto vaccinale convinti che questo strumento li avrebbe tirati fuori dai guai. Invece, da quando è stato introdotto il Green Pass in Italia, gli incassi degli hotel sono precipitati e l’ordinanza che il ministro Speranza ha emanato prima di Natale sull’ingresso nel bel paese è stata il colpo di grazia. Per fermarci al dato romano, nel periodo 23 – 28 dicembre gli hotel capitolini avevano ricevuto prenotazioni per 129 mila arrivi e 286 mila presenze (rispettivamente – 48,9% e – 49,7% rispetto al 2019). A Capodanno le prenotazioni erano – 53% se confrontate con lo stesso periodo di due anni prima. L’ordinanza del Governo sui tamponi obbligatori ha peggiorato questi dati di circa un ulteriore 10%.

A dimostrazione che le politiche italiane sul turismo in tempi di Covid si siano dimostrate fallimentari, basta guardare al caso spagnolo dove non esiste il Green Pass come il nostro e ciò nonostante i contagi e le vittime sono rimasti inferiori a quelli italiani. La Spagna, durante l’estate ha registrato un vero boom con + 125% di pernottamenti negli hotel e quasi l’8% in più di presenze rispetto al 2020 e un calo assai più contenuto rispetto al 2019 (30%). Addirittura i pernottamenti dei residenti (il cosiddetto mercato interno) è cresciuto dello 0,4% rispetto all’epoca pre-covid. Madrid ha segnato un + 112,8% di presenze sul 2020¹.

L’impatto sociale delle politiche sbagliate in Italia è devastante e alcuni imprenditori se ne approfittano. Stefano Chiaraluce di FilCams Cgil RomaLazio spiega a RomaToday: “Alcuni immaginano di poter utilizzare la pandemia per azzerare l’esistente e partire con mani più libere“. Forse il sindacalista ha ragione ma il picco di disdette registrato negli ultimi mesi farebbe desistere anche l’imprenditore più illuminato.


 

dati Ine Istituto Nazionale Statistico Spagnolo e Quotidiano del Sud ¹

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