Riproponiamo l’articolo pubblicato su Pour Parler, il giornale on line dell’Università Roma Tre, redatto da Luca Mariani, studente nello stesso ateneo. Luca ha avviato una meritoria ricerca sugli immobili abbandonati e si è imbattuto nella nostra rubrica “Città in rovina”. Dopo averlo incontrato, abbiamo deciso di avviare una collaborazione su una serie di edifici che potrebbero tornare a nuova vita, partendo dalla situazione dell’VIII Municipio.

Vi è mai capitato, camminando per le vie di Roma, di incrociare lo sguardo con un edificio abbandonato, lo scheletro di un palazzo o un terreno recintato in modo approssimativo? Sebbene la domanda possa sembrare banale, essa nasconde un problema di fondo.
Ho chiesto a molti amici e conoscenti se avessero mai notato quei palazzi o quei terreni abbandonati, e la risposta è stata quasi sempre negativa: non ci avevano fatto caso. Questo suggerisce che le persone tendano a non accorgersi più di elementi di degrado urbano presenti nel paesaggio che vivono quotidianamente, forse perché la loro costante presenza li rende invisibili.
Questo disinteresse verso il fenomeno dell’abbandono edilizio è allarmante, perché contribuisce a mantenerlo inesplorato e privo di un’analisi scientifica che ne spieghi le cause e il continuo peggioramento, soprattutto a Roma e, più in generale, in Italia. Secondo un censimento dell’ISTAT e del CESCAT, infatti, il 6% del patrimonio immobiliare italiano è in totale rovina, con circa due milioni di abitazioni abbandonate. Inoltre, i centri industriali dismessi occupano il 3% del territorio nazionale. Questi dati evidenziano l’entità del problema, spesso ignorato.
A Roma, non esistono dati ufficiali che quantifichino il numero di edifici abbandonati o dismessi. Tuttavia, una semplice ricerca tra le cronache locali permette di intuire che il fenomeno è rilevante. Gli spazi abbandonati sono numerosi, forse troppi. Il giornale online “Diario Romano” svolge da oltre nove anni un lavoro importante, denunciando periodicamente lo stato di abbandono di edifici nella capitale. Questo sforzo ha creato una preziosa banca dati che potrebbe essere utilizzata come punto di partenza per analizzare in modo più approfondito il fenomeno.
Le cause dell’abbandono edilizio possono essere ricondotte principalmente a due fattori. Il primo è rappresentato dalle amministrazioni locali, spesso incapaci di pianificare un’urbanistica chiara ed efficace. Queste dovrebbero fornire indirizzi specifici alle imprese private, bilanciando il diritto di impresa con la necessità di costruire in modo responsabile e coerente con le politiche regionali o cittadine. Il secondo fattore riguarda i privati proprietari di terreni o edifici: essi non sono legalmente obbligati a utilizzare attivamente o mantenere in buono stato le proprietà, limitandosi a pagarne le tasse.
Questo porta molte aree a rimanere inutilizzate e prive di manutenzione.
Una delle conseguenze più evidenti dell’abbandono edilizio è l’aumento della criminalità. A questo proposito, può essere utile citare la “teoria delle finestre rotte”, formulata dagli studiosi James Q. Wilson e George L. Kelling nel 1986. Secondo questa teoria, il degrado urbano e la criminalità sono strettamente correlati: se una finestra rotta non viene riparata, ciò segnala una mancanza di cura e attenzione, incoraggiando ulteriori atti di vandalismo e piccoli crimini. Questo processo degenerativo può condurre a reati più gravi nel tempo.
Guardando ai dati sulla criminalità di Roma, non sorprende che la città occupi il secondo posto nella classifica nazionale per tasso di reati.
È legittimo chiedersi se questa posizione sia in parte attribuibile all’aumento del degrado urbano e dell’abbandono edilizio. Personalmente, sono convinto che esista una connessione diretta: l’espansione di spazi abbandonati contribuisce a una progressiva perdita di sicurezza nelle strade romane. L’esempio più eclatante, che sarà approfondito in articoli successivi, riguarda la quantità di edifici abbandonati nel quartiere San Paolo e, più in generale, all’interno del Municipio VIII. In via Ostiense 333 si trova un’intera palazzina che da oltre dieci anni versa in uno stato di completo degrado e abbandono. A soli 400 metri di distanza, in via Tarso 35, è presente un secondo stabile che si trova nelle stesse condizioni. Altri esempi significativi includono i mercati generali della Garbatella, l’ex albergo soprannominato dalla stampa locale “il bidet” e l’area dell’ex Fiera di Roma. Questi luoghi, tutti situati a breve distanza l’uno dall’altro, rappresentano in modo emblematico il fenomeno descritto finora. L’obiettivo di questo articolo è avviare una serie di inchieste dedicate ai luoghi citati, evidenziandone la storia, le cause dello stato di abbandono e dimostrando come la loro presenza contribuisca al progressivo degrado del Municipio VIII.
A breve la prossima puntata
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2 risposte
Concordo in toto. Propongo le seguenti soluzioni relativamente agli immobili abbandonati o comunque degradati. Per quelli privati, raddoppio dell’IMU per 3 anni; successivamente messa all’asta. Per quelli pubblici, immediata messa all’asta qualora l’amministrazione proprietaria non disponga di risorse per il ripristino o il bene non sia più necessario per l’assolvimento di funzioni pubbliche.
Ci sono spazi abbandonati che potrebbero essere utilizzati per creare centri culturali , uno in ogni quartiere ..ecco la gestione di una città …e non si fa …perché immagino che le lungaggini burocratiche sarebbe tali che chiaramente nessuno si mette lì .poi ci vorranno i soldi ..e qui basterebbe chiedere alla comunità una partecipazione ..oppure semplicemente sarebbe necessaria una azione legislativa …e quindi …non conosco il reale motivo ..provo ad immaginare ..eppure tutto ciò é visibile …