L’infame primato delle querele bavaglio in Italia

Criticare il potere o fare inchieste scomode è sempre più complicato. Il rischio di affrontare lunghi processi e spese ingenti. L'UE ha emanato una direttiva ma il nostro paese non si adegua

Secondo il Report annuale di Reporters sans frontières il punteggio sulla libertà di stampa in Italia è sceso ai minimi storici, in un contesto globale di deterioramento. Nel 2025 l’Italia si posiziona al 49° posto (su 180 Paesi) con una situazione definita “problematica” per tre motivi principali:

minacce da organizzazioni mafiose; minacce da parte di gruppi violenti ed estremisti; intimidazioni dal mondo politico al fine di “controllare” l’informazione, anche tramite procedure SLAPP.

 

Le SLAPP (“Strategic Lawsuits Against Public Participation”) sono azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica. L’obiettivo di queste azioni è screditare e intimidire i destinatari, per ridurli al silenzio. Le SLAPP sono spesso prive di contenuti giuridici, e sono dette anche “cause temerarie” o “querele bavaglio”.

I destinatari sono giornalisti, attivisti, whisteblower e chiunque faccia inchieste scomode e critiche su questioni di interesse pubblico.

 

Secondo i dati dell’Unione Europea (2023), l’Italia è il Paese con il maggior numero di SLAPP in Europa, e ad oggi non ha una normativa adeguata per la tutela della libertà di parola. Tale lacuna permette ai potenti di mettere a tacere chi li critica, condizionando l’opinione pubblica e così sottomettendo la Democrazia del Paese.

L’Italia ha registrato ben il 25,5 % dei casi totali dell’Unione Europea (formata da 27 Stati membri). A seguire Spagna (17 %) e Grecia (12,8 %). Il 75% circa delle azioni legali è riconducibile a querele per diffamazione.

 

Le querele temerarie sono oggetto di particolare attenzione nell’Unione Europea, poiché rappresentano una grave violazione dello Stato di diritto, in quanto:

  • costituiscono una disparità nell’accesso alla giustizia (chi ne è vittima deve affrontare spese legali e stress ingiustificati);
  • compromettono la libera informazione, scoraggiando inchieste e critiche pubbliche;
  • sfruttano iniquamente il sistema giudiziario per fini personali o politici. Tale uso improprio del sistema giudiziario costituisce inoltre una violazione dell’art. 10 (libertà di espressione) della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

Sono quindi incompatibili con i valori fondamentali dell’UE.

 

Sulla scia dell’infame attentato alla giornalista Daphne Caruana Galizia, assassinata con un’autobomba il 16 ottobre 2017 a Malta, già perseguitata da 48 procedimenti legali per le sue inchieste anti-corruzione, l’Unione Europea ha preso posizione contro le querele temerarie emanando la Direttiva anti‑SLAPP 2024/1069, che dovrà essere recepita e trasposta nei sistemi giudiziari di ciascuno Stato membro entro il 7 maggio 2026.

Il pesante primato italiano in Europa richiede a gran voce un intervento legislativo più mirato e restrittivo. Ad oggi l’Italia non ha ancora recepito la direttiva nei suoi ordinamenti nazionali, e si fa affidamento su norme deboli come la responsabilità civile per lite temeraria e la calunnia/diffamazione, strumenti insufficienti per contrastare efficacemente le SLAPP, come dimostrano i fatti.

 

La Direttiva anti-SLAPP, rilevante in particolare per le cause civili transfrontaliere, introdurrà misure obbligatorie per gli Stati membri tra cui:

  • rigetto/archiviazione accelerata: il convenuto può chiedere il rigetto immediato di una causa manifestamente infondata o abusiva;
  • spese legali: totalmente a carico del promotore della SLAPP e, se previsto, anche una cauzione preventiva;
  • sanzioni: possibilità per i giudici di infliggere sanzioni pecuniarie o altre misure dissuasive a carico del promotore della SLAPP;
  • risarcimenti per le vittime di SLAPP.

 

Non possiamo che augurarci che l’Italia si adegui al più presto e nella misura più efficace possibile.

 

 

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Una risposta

  1. comma Luttazzi (2007): “Puoi farmi causa per diffamazione chiedendomi un risarcimento miliardario, ma se la causa la perdi quei miliardi li dai tu a me”.

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