Le ciclabili transitorie. Croce o delizia?

Ne sono state realizzate tante con l'obiettivo di favorire l'uso della bici in epoca Covid. Non piacciono a tutti ma cominciano ad essere apprezzate da molti

Nuova puntata della rubrica “Muoversi in bici in città”, con le riflessioni e i consigli di Marco Latini. Oggi Marco ci spiega la genesi delle ciclabili transitorie che tanto stanno facendo discutere e ci mostra pro e contro delle piste nate in epoca Covid.

 

 

di Marco Latini

A Roma, in seguito alle modifiche al Codice della Strada, per poter realizzare percorsi ciclabili rapidamente, sono nate le ‘ciclabili transitorie’, che sono diverse dalle ciclabili di emergenza e dalle pop-up bike lane realizzate in altri paesi europei. Le nostre ‘transitorie’, infatti, sono la conseguenza delle misure anti-Covid e servono soprattutto a rendere più sicuro l’utilizzo delle bici e dei monopattini in presenza di traffico, per ridurre il ricorso all’auto privata ma senza contestualmente affollare tram e bus. Sulla carta erano previsti 150km di questa tipologia di ciclabili (ne sono stati realizzati molti meno) e un incremento dell’uso della bici lo hanno in effetti raggiunto. Ma l’argomento ciclabili in generale e transitorie in particolare va meglio approfondito (mi scuso se potrò ripetermi su alcuni punti già trattati negli articoli precedenti).

Fino a diversi anni fa, a causa del DM 557/99 del MIT, le ciclabili dovevano realizzarsi sui marciapiedi, a meno di non essere utilizzate da almeno 1.200 ciclisti nell’ora di punta (misurati in due quarti d’ora distinti). Questo ha fatto proliferare tante ciclabili che concettualmente non ottenevano grandi risultati in quanto non andavano a togliere spazio alle auto ma creavano un conflitto con i pedoni. Secondo alcune interpretazioni, dopo la modifica del Titolo V della Costituzione, la modalità di costruire le ciclabili sarebbe passata alla competenza Regionale, anche se il CdS si arricchiva di articoli e commi su questo tema. Gli esempi di successo provenienti dall’estero non potevano essere recepiti in Italia proprio per una normativa troppo rigida e si finiva per restare ingessati, sperimentare poco, oltre a doversi incastrare con obbligo uso delle ciclabili ove presenti secondo quanto disposto dall’art. 182 CdS. Un’altra interpretazione delle norme sosteneva che quelle a uso promiscuo pedone/ciclista potevano non essere incluse nell’obbligo. Da queste premesse appare chiaro che in Italia facciamo leggi scritte male e troppo interpretabili, che mischiano infrastrutture e comportamenti. A Roma le ciclabili si sono fatte sul marciapiedi e solo alcune in zone separate; unico modello ‘innovativo’ fu la ciclabile di via Portuense (che scompare con il mercato di Porta Portese) dove la pista ruba spazio alla strada ed è separata dal traffico grazie alle auto parcheggiate. La fece Marino e quando i commercianti di Porta Portese protestarono l’allora comandante dei Vigili, Raffaele Clemente non lesinò le multe. Però quel modello ha fatto ‘scuola’.

 

Le ciclabili sono importanti perché rendono più sicura la marcia del ciclista, debbono dividere chi va in auto/moto (che viaggia a velocità purtroppo anche di più di 50km/h) dalle bici e le bici dai pedoni. Ogni km di una infrastruttura ciclabile ha più di un “costo”: realizzazione (da 100 a 400 mila € a km), numero di parcheggi eliminati, difficoltà per i pedoni di attraversarle, ostacoli coincidenti con secchioni rifiuti e fermate bus. Certamente le ciclabili non sono ‘riserve indiane’ dove segregare i ciclisti urbani (come vorrebbero gli automobilisti), non devono essere tracciate solo con scopi ludici (ad esempio quelle al centro strada non permettono di avvicinarsi ai negozi o ai portoni quindi a che servono?), devono insistere su punti molto trafficati, permettendo di congiungere luoghi vitali per i cittadini, magari riservando alle bici il percorso più breve. In bici, per coprire la distanza di un chilometro serve muovere i pedali diverse migliaia di volte. In auto basta pigiare un acceleratore con poco sforzo muscolare, per questo le strade più lunghe dovrebbero essere lasciate ad auto e moto, anche perché vanno a maggior velocità. Invece a Roma alle ciclabili si sono abbinati i percorsi più lunghi. Alcune fanno il ‘giro di Peppe’ o non portano a nulla, anzi passano lontano da tutto.

Le ciclabili transitorie nascono per essere realizzate con minor tempo sia in fase di progetto che in quello di realizzazione, non sottostanno all’iter incredibile delle opere pubbliche con possibili ‘agguati’ da parte di associazioni lobbistiche (che abbiamo visto e stiamo vedendo) che ne fanno rifare mille volte il progetto e rimandano la costruzione di 20 anni (Nomentana docet). Le ciclabili transitorie, non sono temporanee, e non sono proprio pop-up, cioè rimarranno ma con un percorso e una realizzazione più accurata (secondo procedure) e non sono estemporanee perché dietro hanno un progetto a lungo termine. Il loro essere transitorie permette di avere tre vantaggi: 1) poter rivedere percorso e problematiche 2) dar modo agli altri di verificare che non sono il ‘nemico’ e ‘strumenti del demonio’ e di abituarcisi 3) realizzarle in tempi rapidi e con costi notevolmente minori.

Le attuali ciclabili transitorie sono ricavate spostando i parcheggi più verso il centro della carreggiata (magari da spina in linea), creando uno spazio bici e uno apertura sportello lato passeggeri. Si interrompono spesso su fermate bus e distributori carburante. Sono quasi sempre a senso unico e sui due lati delle vie, agli incroci hanno colorazione diversa, così come sui passi carrabili.

 

Ogni novità porta scompiglio e per questo c’è una guerra contro queste ciclabili, perché alterano le percezioni e aumentano i bias cognitivi di residenti e commercianti, che vedono appunto i cambiamenti come il ‘male assoluto’. In realtà dovrebbero apprezzare che ci sarà più passaggio di persone a bassa velocità e che il traffico diminuisce migliorando la vivibilità, ma questi sono percepiti come disvalori essendo abituati a pensare con volante e non col cervello.

A Roma le doppie file sono un danno, ma nessuno lo percepisce (inquinamento, rischio per pedoni, aumento incidenti, auto bloccate, bus rallentati, meno possibilità di vedere vetrine, etc.) e in più sono tollerate in modo imbarazzante anche da chi dovrebbe controllare il traffico. Contro le doppie file non c’è opposizione politica, scientifica, sociale, sanitaria. Nessuno che studi il danno economico e umano di tale aberrazione e illegalità. Però se metti una ciclabile nello stesso spazio ecco che politici, scienziati, sociologi e associazioni varie si svegliano e si uniscono in una sorta di sacra alleanza integralista.

Ma c’è di più. Perfino i ciclisti puristi sono contro le transitorie perché le ciclabili o si fanno come a Copenaghen o niente. Purtroppo non si riesce a valutare serenamente le alternative: doppie file e commistione col traffico.

È vero che le ciclabili transitorie realizzate in questi ultimi mesi dall’amministrazione Raggi non sono ottimali, sono raffazzonate, poco curate, scolorite quasi subito, non sono pulite, non vengono protette da auto e moto (già perché le moto le usano e le auto le invadono) però ci sono: iniziano ad essere utilizzate e percepite come spazio necessario e il numero di ciclisti su alcune strade è aumentato incredibilmente. Anzi c’è traffico di bici, dove prima si viaggiava da soli in mezzo alle lamiere. La soluzione adottata per fermate bus, posteggi riservati, incroci, benzinai e cassonetti non è buona, ma rispetto a prima il numero di punti critici si è ridotto a 1/10 ovvero il mio percorso è 90% più tranquillo. Anche il rischio apertura sportelli ora è solo lato passeggero e non lato guidatore (ovvero sempre) con meno possibilità scontro.

Per questo le vedo come bicchiere mezzo pieno e spero che osservazioni e criticità possano essere sistemate nel progetto definitivo. Anzi le difendo pur non considerandole al 100% sicure, perché comunque aumentano la sicurezza e di conseguenza il numero di ciclisti urbani, come riportato dal grafico sotto (preso da Vivinstrada su FB).

 

C’è infatti una correlazione diretta tra la diminuzione della pericolosità e l’aumento degli utenti in bici. Le transitorie hanno sicuramente il pregio di mitigare il rischio e rendere i percorsi più fruibili da tutti.

Aspetto critiche e perplessità per aprire un dibattito che non è bianco o nero ma presenta molti grigi, sia da parte di utenti di auto o moto, sia da ciclisti o pedoni, ma anche dai candidati alle prossime elezioni perché il tema è fondamentale per dare alla città un nuovo aspetto e una migliore vivibilità nei prossimi anni fino al 2025 e oltre.


Muoversi in bici in città. Gli articoli precedenti

Muoversi in bici in città. Riflessioni e suggerimenti di un ciclista convinto – Diarioromano

Le varie tipologie piste ciclabili e il loro uso più corretto – Diarioromano

Le ciclabili devono avere un nome ben preciso – Diarioromano

Quale bici per la città? Gli accessori indispensabili per un ciclista a Roma – Diarioromano

Andare in bici al lavoro e diventare un “ciclomobilista” – Diarioromano

Diminuire il rischio di incidenti. Le buone regole di comportamento in bici – Diarioromano

 

 

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