Fermare la turistificazione: un manifesto per Roma

Iperturismo, ovvero come il cosiddetto "petrolio d'Italia" sta avvelenando anche Roma. Un contributo da Paolo Gelsomini (Carteinregola) su un manifesto con proposte per contrastare il fenomeno

 Da Paolo Gelsomini, dell’Associazione Carteinregola, riceviamo e volentieri pubblichiamo un contributo sull’iperturismo, tema che da sempre e più volte abbiamo affrontato sulle nostre pagine.

Segnaliamo anche che il tema verrà affrontato martedì, 10 settembre dalle ore 17:30, in un incontro presso la Galleria Arca di Noesis, in via Ostilia 3b.

 

 

Iperturismo è un neologismo che si riferisce ad un fenomeno cresciuto in modo esponenziale negli ultimi decenni a Roma, come in tutte le grandi città d’arte.

Un fenomeno che si espande nella città, invade lo spazio pubblico, comprime la vita quotidiana dei residenti  e dei pedoni che già devono subire l’occupazione di suolo intasato da tavolini e sedie di bar e ristoranti, cambia la destinazione d’uso di alloggi sempre più trasformati in case vacanza, favorisce l’illimitata proliferazione di negozi  food & drink di ogni tipo.

Ed inoltre, un eccesso di turismo senza regole genera la circolazione e la sosta di un migliaio di pullman turistici al giorno all’interno di un’area ristretta a ridosso del centro storico con blocco del traffico veicolare in strade di viabilità principale.

A questo si accompagna un inquinamento atmosferico da parte di motori sempre accesi dei pullman che si somma a quello delle automobili incolonnate, e un  inquinamento acustico sotto le abitazioni causato dallo strombazzamento dei clacson degli automobilisti bloccati dalle manovre dei giganti.

Così ‘’il petrolio d’Italia’– come viene spesso chiamato il turismo – con le sue chiazze di iperturismo sta avvelenando città d’arte come Roma e non solo, producendo ricchezza per pochi e danni per l’ambiente e per i suoi abitanti.

Continuare a dire che il turismo è il petrolio d’Italia è pericoloso. Fuor di metafora, lo sfruttamento del petrolio, infatti, implica una sorta di desertificazione economica e sociale dei luoghi di estrazione dove non c’è nulla che conti al di fuori del petrolio.

Ed è così per il turismo a Roma, per cui una città grande e complessa come la nostra pare che viva solo di alberghi, B&B, negozi mangia e bevi ed attività commerciali legate al turismo mordi e fuggi.

Ma una città può vivere solo o prevalentemente di turismo? No, la monocultura economica fondata sull’abbondanza di una risorsa, come la bellezza per Roma, può diventare una maledizione.

Infatti, la facile e grassa rendita che garantisce l’attrattività dell’Urbe tende ad atrofizzare lo sviluppo di altri settori più qualificanti e innovativi.

 

Ma gli abitanti delle città in tutto il mondo iniziano ad organizzarsi per resistere a questa insostenibile invasione e chiedere contromisure per un turismo sostenibile.

A Roma il Gruppo Romano Regolamentazione Affitti Brevi (GRORAB) ha prodotto un manifesto che sta raccogliendo firme per essere inviato al Sindaco, alla Giunta capitolina e alla Presidente del primo Municipio. I temi sono quelli dell’iperturismo e l’obiettivo dichiarato è quello di “Fermare la turistificazione”.

Inoltre è in preparazione una grande assemblea civica il 17 ottobre alla sala della chiesa Valdese di piazza Cavour per la costituzione degli “Stati Generali contro l’iperturismo” alla presenza di altre associazioni e di esperti del settore.

 

Spesso si parla di iperturismo  pensando solo alle conseguenze di una insostenibile invasione di turisti nella vita quotidiana degli abitanti, come l’occupazione dello spazio pubblico. Conseguenze importanti, ma ci sono altri due aspetti direttamente collegati.

Il primo riguarda il futuro, le prospettive dello sviluppo della città, della sua economia e delle possibilità di fare impresa e di trovare lavoro in tanti altri campi che non siano solo quelli legati al campo turistico.

Il secondo riguarda  la perdita di identità e di dignità della città. Una storia millenaria, un patrimonio collettivo che è anche identità dei romani, degli italiani, trattato come una merce da vendere al migliore offerente per ricavarne profitto.

 

E’ chiaro come i due “eccessi”, quello dell’iperturismo e quello degli affitti brevi (case vacanze, B&B ecc. che sostituiscono i residenti, i negozi di vicinato ed alterano il mercato degli affitti) siano collegati in maniera quasi inestricabile.

A Roma si contano circa 35mila annunci nelle piattaforme on line più gettonate.

 Allo stesso tempo i residenti del Centro storico sono crollati in 10 anni del 38,2% e nello stesso arco di tempo nel solo rione di Trastevere il crollo è stato del 45%.

Negli ultimi due anni, in vista del Giubileo, risultano essere stati avviati altri 4.400 esercizi , non solo nel centro storico, ma anche in quartieri semi-periferici come il Pigneto e San Lorenzo, a danno di cittadini e studenti che non possono certo competere con le rendite del turismo e vengono spinti sempre più in periferia.

L’iperturismo è un moltiplicatore di affitti brevi, cioè, quelli disponibili per i turisti, ma non per residenti e studenti fuorisede. Detto in parole semplici: desertifica ampie zone delle città e le riempie di trolley. Fuori i residenti e dentro i turisti.

Sulle piattaforme più grandi specializzate in affitti a lungo termine (Immobiliare.it e Idealista) si registrano circa 5 mila appartamenti disponibili per l’affitto, per una città di quasi tre milioni di abitanti. Di questi 5 mila, la netta maggioranza (circa il 60%) chiude a residenti, proponendo solo contratti transitori di un anno, sei o 18 mesi.

La necessità urgente di regolamentare e introdurre limitazioni alla locazione turistica di alloggi, al fine di favorire la residenzialità, è ormai riconosciuta da molti.

Il problema principale è l’effetto drammatico che il ‘fenomeno degli affitti brevi ha avuto sulla disponibilità di locazioni a lungo termine, come sa bene chi in questi mesi pre-Giubileo cerca a Roma una casa in affitto: missione quasi impossibile.

 

Cosa si può fare per tutelare gli affitti lunghi dalla diffusione degli affitti brevi?  Serve introdurre un ‘’indice di saturazione’’ come già fatto in alcune delibere comunali per regolare le aperture di attività commerciali alimentari nel centro storico, che definisca la quota massima di appartamenti locati in affitto turistico, rispetto al numero di appartamenti abitati stabilmente da residenti.

In concreto, una volta saturata la quota di appartamenti concessi per affitti brevi, dovrebbe essere vietato avviarne altri nello stesso stabile o nella stessa zona, adottando specifici e motivati parametri di riferimento. Molti storcono il naso se si parla di limiti alla libera disponibilità di una casa, ma questa è una leva fondamentale per fermare l’emorragia di residenti e, di conseguenza, salvaguardare le attività di vicinato, che senza abitanti del rione e del quartiere chiudono.

Del resto, la proprietà privata non può prevalere sull’interesse pubblico quando questo viene colpito proprio sul versante dell’abitabilità dei luoghi, del mercato degli affitti, del tessuto sociale ed economico.

D’altra parte, tra le pieghe dei decreti nazionali e delle leggi regionali,  si può fare molto  utilizzando gli strumenti urbanistici per frenare la trasformazione verso affitti brevi ad uso turistico.

A giugno 2023 la giunta capitolina ha infatti approvato una proposta di modifica delle attuali Norme Tecniche Attuative del Piano Regolatore che ha suscitato un acceso dibattito ed attivato contributi sia da parte di alcuni consiglieri della maggioranza capitolina che dalla società civile. E questo ci fa ben sperare in attesa che la proposta vada in Aula.

p.g.

 

 

PER LEGGERE E FIRMARE IL MANIFESTO cliccare qui https://forms.gle/vYvxdj9y3bQyR2Qt5 oppure qui: www.riabitiamoroma.it

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