Bancarellopoli: le responsabilità di Virginia Raggi e del M5S

Non bastano gli arresti a risolvere il problema dell'ambulantato romano. Occorrono regole che però il M5S a tutti i livelli ha sempre boicottato. E fa ridere la pretesa della Raggi di ergersi a paladina di legalità e decoro.

Per parlare degli eclatanti sviluppi delle indagini che la Procura di Roma svolge dal 2018 sul cosiddetto racket delle bancarelle partiamo da una doverosa premessa: tutti gli indagati sono innocenti fino a sentenza definitiva passata in giudicato.

Ciò detto, è chiaro che gli inquirenti devono aver trovato elementi molto concreti per aver deciso di procedere con numerosi arresti, tra cui alcuni esponenti della nota dinastia di ambulanti dei Tredicine.

Di queste indagini si sa dagli inizi del 2019, quando erano trapelate le prime indiscrezioni su un sistema di corruzione che vedeva coinvolti ambulanti e funzionari pubblici. Noi ne abbiamo parlato poco dopo non tanto per buttare la croce addosso agli indagati, per quanto già allora le indagini avevano fatto emergere giri davvero loschi, quanto per chiarire le responsabilità politiche di quella che si può chiamare la bancarellopoli romana.

 

Oggi non possiamo che ribadire quei ragionamenti, perché sappiamo che per superare il sistema incancrenito del commercio ambulante a Roma non bastano arresti anche eccellenti, bensì occorrono regole che riportino ordine in un settore caratterizzato da potentati, prepotenze e degrado diffuso.

Di regole per ridare legalità e ordine nel commercio ambulante ve n’era una fondamentale: la cosiddetta direttiva Bolkestein, ossia la normativa europea che, tra le altre cose, richiedeva che le licenze ambulanti non rimanessero per sempre alle stesse persone, bensì che venissero periodicamente messe a gara. Una tale normativa avrebbe messo fine alle rendite di posizione di alcune note famiglie che per decenni hanno fatto incetta di licenze ambulanti, creando dei potentati capaci di influenzare in modi diversi, sia leciti che non, l’amministrazione capitolina.

Ebbene il MoVimento 5 Stelle è stato da sempre contrario all’applicazione della direttiva Bolkestein agli ambulanti (con motivazioni spesso risibili) tanto che nella manovra finanziaria del 2018 ha promosso l’esclusione della categoria degli ambulanti dagli ambiti di applicazione della direttiva Bolkestein. Ovviamente la cosa è stata molto apprezzata dagli ambulanti, specialmente le famiglie più potenti, che hanno voluto ringraziare personalmente il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, come mostra un video in cui compaiono anche esponenti della famiglia Tredicine.

 

L’applicazione della Bolkestein avrebbe consentito di mettere a gara le licenze ambulanti, potendone quindi decidere di volta in volta il numero ed i posizionamenti. Senza la Bolkestein la titolarità delle licenze è a vita, con conseguente creazione di posizioni dominanti difficili da contrastare e capaci di influenzare nei modi più disparati le istituzioni cittadine e nazionali.

Se quindi si deve al MoVimento 5 Stelle nazionale la cancellazione degli ambulanti dalla direttiva Bolkestein, alla costola romana va attribuita la responsabilità di non aver fatto praticamente nulla per ridare legalità e decoro all’ambulantato romano.

È stato infatti il presidente della commissione commercio, Andrea Coia, a promuovere una delibera, approvata nel giugno 2017, che praticamente ha cristallizzato la situazione delle bancarelle a Roma.

 

C’è quindi da saltare sulla sedia a leggere le dichiarazioni che il sindaco Raggi e il presidente Coia hanno affidato alle rispettive pagine facebook.

Scrive la Raggi:

Marciapiedi occupati senza regole da lunghe file di bancarelle con l’impossibilità per le persone di camminare liberamente in strada. E’ il panorama che abbiamo trovato appena insediati a Roma: in pochi anni, lottando anche contro l’opposizione di alcuni Municipi in centro, abbiamo iniziato a mettere ordine e a delocalizzare le bancarelle in luoghi più sicuri.

 

Ha un bel coraggio la Raggi, verrebbe da dire. Già perché i marciapiedi che a via Tuscolana, via Tiburtina e in altre strade della viabilità principale erano occupati da file di bancarelle, sono stati sì liberati ma grazie ad una previsione del Piano Generale del Traffico Urbano, approvato dall’amministrazione Marino. Il PGTU obbligava infatti i municipi a rimuovere le bancarelle da tutti i marciapiedi delle strade della viabilità principale entro il 2018 e fu merito dell’allora assessore Meloni di ricordare tale previsione a tutti i municipi. Assessore Meloni, ricordiamolo, a cui poco dopo fu dato il benservito perché poco allineato con le posizioni chiaramente pro-bancarelle di tutto il resto dell’amministrazione, Andrea Coia in testa (che infatti gioì della cacciata dell’assessore).

Scrive inoltre il sindaco:

Abbiamo spostato bancarelle che sembravano essere inamovibili. Penso a quelli che ostruivano l’accesso al pronto soccorso del Policlinico, a quelli che deturpavano la Fontana di Trevi, ai posteggi sotto i portici di Vittorio Emanuele che impedivano ai residenti di aprire le finestre delle proprie case.

 

Quelle bancarelle sembravano sì inamovibili, ma solo perché dopo la grande ripulitura di alcuni luoghi del centro storico fatta dal sindaco Marino nel 2015, per quasi quattro anni l’amministrazione Raggi non ha fatto più nulla. Invece di proseguire il lavoro impostato dal sindaco Marino e dall’assessore Leonori, la giunta Raggi ha mantenuto tutto nel cassetto decidendosi solo quest’anno a spostare una serie di postazioni ambulanti che da anni gridavano vendetta, tipo quelle poste davanti alla fontana di Trevi o quella che impallava il Pantheon.

 

Ancora più sfrontato il presidente Coia che nel suo post esordisce con:

Il racket delle bancarelle di Roma andava avanti almeno dal 2006.

Peccato per il presidente che tale racket sia arrivato almeno fino al 2018 o forse 2019, ossia per ben due o tre anni del mandato suo e della sua amministrazione.

Anche Coia ha un bel coraggio ad intestarsi parte del merito delle indagini della magistratura, indagini, lo ricordiamo, avviate dalla denuncia di un ambulante vessato e non da segnalazioni interne all’amministrazione. Questo vuol dire che nella migliore delle ipotesi il presidente Coia non si è reso conto delle incredibili dinamiche che riguardavano alcuni big dell’ambulantato romano e funzionari dell’amministrazione, e questo nonostante egli si sia presentato come il massimo esperto esistente del settore.

L’atteggiamento sempre accondiscendente del presidente Coia nei confronti del commercio ambulante romano non è solo dimostrato dal fatto che sostanzialmente l’ipertrofia di tale commercio a Roma non sia stata intaccata né dalla delibera Coia del 2017 né da altre iniziative del presidente, ma c’è l’incredibile storia della festa della Befana a testimoniare la sua totale sudditanza alle lobby degli ambulanti. Nel 2017 infatti Andrea Coia decide di togliere la competenza sulla festa della Befana di piazza Navona al Municipio I, che per anni aveva fallito nell’assegnare le postazioni ambulanti, e emana un nuovo bando decennale che consegna la quasi totalità delle postazioni alla famiglia Tredicine. E che sia stao Andrea Coia a regalare per dieci (DIECI!?!) anni le postazioni ambulanti della festa della Befana ai Tredicine non lo diciamo noi, bensì l’ha affermato pubblicamente chi al tempo godeva di un punto di osservazione privilegiato, ossia l’ex assessore Meloni.

 

Due esponenti di spicco della famiglia Tredicine sono ora agli arresti e ci sarà da aspettare le risultanze del processo per sapere della loro eventuale colpevolezza. Ma in una situazione del genere uno come Andrea Coia dovrebbe avere il buon gusto di tacere e passare il suo tempo a pregare che quei soggetti vengano alla fine scagionati. Perché in caso contrario, anche escludendo completamente qualsiasi suo coinvolgimento nei fatti criminosi, sarà sua la responsabilità principale di aver consegnato alcune delle postazioni ambulanti più appetibili a dei riconosciuti delinquenti e di averli accuditi e trattati con i guanti bianchi quando invece andavano marcati stretti affinché rispettassero le norme vigenti. Non a caso la persona informata dei fatti di cui sopra coniò il termine “Coiacine”.

 

P.s.: nel caso il presidente Coia volesse dimostrare di non aver alcun timore reverenziale nei confronti delle lobby degli ambulanti, gli suggeriremmo di avviare una verifica sul banchetto di caldarroste di piazza di Spagna, quello la cui concessione fu dichiarata decaduta nel 1996 ma che da allora non ha mai smesso di lavorare.

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