Bancarellopoli. Oltre alla responsabilità penale, c’è quella politica di chi ha cancellato la Bolkestein

 

Trapelano nuove indiscrezioni sull’inchiesta della magistratura che vede coinvolti molti ambulanti e funzionari comunali. Ma oltre all’indagine che, speriamo, faccia chiarezza in un mondo assolutamente privo di scrupoli, va fatta una riflessione di carattere politico. Se capitano questi episodi di corruzione non è perché vi sono commercianti cattivi o dipendenti capitolini senza etica. Se questo accade è perché la politica non è voluta intervenire con dei provvedimenti che avrebbero messo ordine e legalità. Insomma la giunta in carica e alcune di quelle precedenti, soprattutto quella di Alemanno, sono politicamente complici di questo malaffare.

Per spiegarci meglio partiamo proprio dalle novità sulle indagini. Il giudice per le indagini preliminari, nel convalidare il sequestro di 350 mila euro frutto probabilmente di attività illecite, parla di una “organizzazione criminale di alto spessore“. Eh già! I poveri ambulanti, quelli che manifestano in piazza accanto a Luigi Di Maio, che si fanno i selfie con il premier Conte perché non arrivano a fine mese a causa della crisi e delle tasse (!), in realtà costituiscono una organizzazione criminale.

 

Sorpresi? Noi non lo siamo affatto, anzi immaginiamo che quello che si sta scoprendo sia solo una piccola parte del sommerso. Dino e Mario Tredicine, secondo l’accusa, non facevano altro che gestire il mercato parallelo delle licenze a suon di mazzette. In sostanza andavano a ungere in abbondanza il dirigente del dipartimento commercio, Alberto Bellucci e il suo braccio destro Fabio Megozzi, perché questi facessero saltare le turnazioni delle bancarelle e assegnassero gli spazi migliori sempre ai Tredicine o ad altri bancarellari che pagavano mazzette. Questi versavano dai 400 ai 1000 euro al mese ai funzionari comunali in modo che nelle postazioni di via Cola di Rienzo, via Appia Nuova e tutte le altre di maggior valore finissero tutti i giorni i banchi “amici” e non solo due volte a settimana come prevede il regolamento comunale.

Se qualcuno di questi “amici” ritardava a pagare la mazzetta, alcuni “poveri ambulanti”, tali Gianluca Todde, Mamul Kazi, Kamal Asaad e Aurelio Naccarato (energumeni dai modi poco gentili) li convincevano con la forza, tanto da essere accusati di estorsione. Gli organizzatori del giro di mazzette sarebbero i rappresentanti delle associazioni di categoria: oltre a Dino e Mario Tredicine, anche Vittorio Baglioni presidente di Fivag Cisl (a casa sua sono stati trovati 216 mila euro nascosti nel pianoforte e nella cappa della cucina) e Maurizio Di Veroli, presidente dell’Associazione Rotazione B.

Insomma un giro davvero losco che non solo fa concorrenza sleale ai negozianti tradizionali che pagano affitti salati e subiscono mille controlli; non solo danneggia il decoro della città con banchi ai quali vengono appese pentole, mutande e reggiseni ma alimenta anche corruzione e clientela. Tutto questo viene scritto e documentato dai blog antidegrado da circa 10 anni e di tutte le amministrazioni che si sono susseguite, solo quella Marino ha provato a invertire la tendenza. L’assessore dell’epoca, Marta Leonori, per prima fece il censimento degli ambulanti scoprendo che a Roma ne operano 12 mila, più di quelli presenti in tre regioni italiane messe insieme (Marche, Toscana e Umbria). Quella giunta riuscì a spostare i camion bar dai luoghi storici della città, mostrando un coraggio che fino ad allora nessuno aveva avuto, tanto meno Alemanno che invece aveva concesso nuove licenze da ambulante in una capitale già satura.

Dalla sindacatura Raggi ci saremmo aspettati un prosieguo delle attività di Marino, nella direzione della Honestà tanto sbandierata. E invece, fin dall’inizio della consiliatura, molti esponenti 5Stelle, a partire dal presidente della commissione Commercio Coia, si sono schierati come un sol uomo dalla parte degli ambulanti. Senza porsi una domanda, un dubbio, senza valutare le gravi conseguenze politiche che questo atto avrebbe avuto, hanno approvato una delibera che di fatto sterilizza la direttiva Bolkestein e lascia le cose così come stanno per i prossimi anni. Nello stesso tempo, a livello nazionale, il leader 5stelle Di Maio si batteva come un leone contro la direttiva Bolkestein che avrebbe obbligato i comuni a mettere a gara le licenze e non a lasciarle per sempre nelle mani degli stessi.

Perché se lasci le licenze sempre alle stesse persone, permettendo di tramandarsele di padre in figlio, è ovvio che queste alimenteranno una spirale di illegalità. E’ naturale che si sentiranno padroni del mercato e detteranno loro le regole, non le istituzioni. Vale la pena ricordare che il precedente assessore al commercio, Adriano Meloni, si dimise in polemica proprio con Andrea Coia che aveva soprannominato Coiacine, per la sua vicinanza alla nota famiglia.

Ecco la colpa tutta politica di questa amministrazione che farà pagare alla città un prezzo altissimo per gli anni a venire. L’inchiesta della magistratura farà chiarezza sulla corruzione, ma saranno i cittadini a dover rinfacciare ai politici i loro errori. E lo potranno fare alle prossime elezioni. Forse il M5S si sarà guadagnato l’appoggio della lobby bancarellara, ma ha sicuramente perso il voto di migliaia di persone deluse. Come l’Abruzzo e la Sardegna stanno a dimostrare.

 

 

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Una risposta

  1. no si capisce perchè il M5S stia dalla parte di alcuni lobby (bancarellari e titolari di suolo “collettivo”, tipo suolo pubblico e demanio) mentre altre vengono ferocemente combattute (costruttori e simili). Eppure anche i secondi generano lavoro e, forse, pagano pure più tasse dei primi!!

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