L’informazione, anche quella alternativa, è concausa dei guai di Roma

L’abbiamo scritto più volte come a nostro avviso la mediamente scarsissima qualità dell’informazione a Roma sia una delle cause del disastro cittadino. Come infatti i cittadini possono farsi un’idea compiuta di come vadano le cose a Roma, e soprattutto cosa ci sia dietro, se chi gliele racconta lo fa in maniera approssimativa, con la memoria di un pesce rosso, quando non con logiche truffaldine per fare gli interessi di qualcuno?

 

Normalmente queste critiche le indirizziamo ai media tradizionali, tipicamente le cronache locali delle maggiori testate giornalistiche. Questa volta invece ci vediamo costretti a “prendercela” con una testata giornalistica relativamente nuova, una di quelle, immaginiamo, pensate per superare i ben noti limiti dei giornali tradizionali. Ci riferiamo a Il Post e all’articolo che hanno pubblicato domenica scorsa sulla scomparsa dell’ultimo servizio di bike sharing a Roma: “L’unica grande capitale europea senza bike sharing“.

 

Noi quella notizia l’avevamo anticipata ad agosto, a seguito del fallimento della casa madre di oBike, e quindi confermata lo scorso 11 ottobre, rilevando come basterebbe portare avanti la riforma degli impianti pubblicitari per fornire a Roma uno stabile servizio di bike sharing.

Quando abbiamo visto l’articolo de Il Post ci siamo affrettati a leggerlo, soddisfatti che qualche organo di informazione degno di questo nome, oltre al nostro blogghino, si occupasse di una questione a nostro avviso tutt’altro che secondaria.

Dobbiamo dire di aver trovato il pezzo molto ben fatto ed informato (per quanto un blogghino possa giudicare una vera testata giornalistica): c’è l’elenco delle capitali europee con servizio di bike sharing, con tanto di link ed una cronistoria dei servizi di bike sharing che si sono alternati a Roma negli anni. Peccato che poi nell’illustrare la situazione attuale a Roma ci si limiti ad un paio di scarne dichiarazioni dell’assessore Meleo e del dipartimento, peraltro tra loro contraddittorie (cosa che a noi non stupisce) oltre che a qualche battuta dell’ex delegato alla ciclabilità Paolo Bellino (domandare a Bellino del bike sharing è come chiedere consiglio sul vino ad un astemio).

 

Confessiamo che leggendo il pezzo eravamo ansiosi di trovare qualche riferimento al servizio di bike sharing tradizionale previsto dalla riforma degli impianti pubblicitari (che, lo ricordiamo, è stata già approvata al termine della scorsa consiliatura); ad ogni capoverso del lungo articolo pensavamo: ecco, ora ne parla. Siamo dovuti arrivare all’ultimo capoverso per leggere finalmente del bike sharing pagato dai cartelloni, ma ecco come:

 

A oggi, quindi, a parte una «delibera in fase di approvazione» (a cui dovrà seguire un eventuale interesse effettivo di qualche società e del non meglio definito operatore che si dice essere interessato) a Roma non ci sono invece piani per il bike sharing non free floating, che dovrebbe passare da un bando per la gestione degli spazi pubblicitari a Roma. «Stiamo studiando la possibilità», dice l’assessorato, senza specificare altro.

 

Ebbene le cose non stanno proprio così, come sa chi segue le nostre pagine. In estrema sintesi, il Piano Regolatore degli Impianti Pubblicitari è stato già approvato nel lontano luglio 2015 dall’Assemblea Capitolina, al tempo con una maggioranza di centrosinistra, e quel piano prevede un apposito circuito di impianti pubblicitari i cui introiti sono destinati ad introdurre e mantenere un servizio di bike sharing tradizionale costituito da 350 stazioni sparse sul territorio cittadino.

Al tempo di quell’approvazione l’allora assessore al commercio Marta Leonori dichiarava di prevedere la predisposizione dei bandi per le concessioni entro l’autunno e che quindi nella prima parte del 2016 ci si poteva aspettare la riforma andare a regime.

Purtroppo prima una serie di ricorsi al TAR delle ditte pubblicitarie e poi la caduta della giunta Marino bloccarono l’ultima parte del percorso della riforma. Il commissario Tronca, che si insediò alla caduta di Marino, non ritenne di far fare alcun passo avanti alla riforma e si arrivò all’insediamento della giunta Raggi con l’aspettativa che finalmente tutto si sarebbe sbloccato, visto il favore con cui i consiglieri del M5S accompagnarono l’iter della riforma dai banchi dell’opposizione.

Invece, come su tanti altri temi, il governo romano del M5S deluse le aspettative di tanti cittadini cedendo evidentemente alle lusinghe dell’ennesima lobby, questa volta quella delle ditte pubblicitarie. Nei fatti, le operazioni propedeutiche all’emissione dei bandi sono state effettuate con enorme lentezza e da mesi la giunta accampa scuse su scuse per non procedere alla scrittura dei bandi e quindi all’assegnazione dei lotti al miglior offerente.

C’è da immaginare che l’estensore dell’articolo de Il Post, la cui firma non risulta sulla pagina,si sia limitato a parlare con i responsabili della mobilità a Roma, mentre la questione del bike sharing pagato dai cartelloni è tutta di competenza del dipartimento commercio. C’è però da notare che basta fare una ricerca su google con le chiavi “bike sharing roma cartelloni” per ottenere come primo risultato uno dei nostri pezzi che illustra la questione.

 

Insomma, così come rimanemmo molto delusi dalla puntata di Presa Diretta sulla ciclabilità a Roma, non comprendendo ad esempio il silenzio totale sul bike sharing, allo stesso modo ci rammarichiamo che una testata normalmente molto professionale come Il Post abbia confezionato un pezzo a nostro avviso monco della parte più rilevante.

Sarà che noi siamo super informati sulla materia e sarà pure che evidentemente non riusciamo a fare un efficace lavoro di informazione, ma è desolante constatare come in un articolo si presenti Roma come l’unica grande capitale europea senza bike sharing e non si spieghi che una tale grave mancanza potrebbe essere colmata solo che si completasse una riforma già approvata tre anni fa.

Non ce ne vogliano quelli de Il Post.

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