In attesa che riapra il Pala Tiziano (forse a settembre ma c’è chi parla di nuovi slittamenti), lo sport romano continua a lamentare la mancanza di strutture dove giocare. Non basterà certo il palazzetto progettato da Pierluigi Nervi a risolvere la cronica carenza di luoghi dedicati all’allenamento e alle partite ma la sua chiusura ha avuto almeno il merito di riaccendere l’attenzione su un problema troppo spesso sottovalutato.
Senza strutture adeguate, i bambini e i giovani non possono fare sport e questo si ripercuote sulla loro salute fisica e psicologica. Secondo un’indagine di Open Polis, il 18,8% dei minori tra i 6 e i 10 anni non pratica alcuna attività fisica per via della distanza tra l’abitazione e il centro sportivo. A Roma si lotta da anni per aumentare l’offerta fin dalla legge 517 del 1977 che decise di aprire a tutti le palestre scolastiche per svolgere attività pomeridiane. L’obiettivo era tenere i prezzi calmierati e permettere di usare luoghi che altrimenti avrebbero operato solo al mattino.
Anche questo sforzo non fu ritenuto sufficiente perché troppe volte lo stato manutentivo non permetteva e non permette di praticare tutti gli sport ma solo alcuni (secondo Open Polis solo un impianto su 4 è in discrete condizioni di manutenzione).
Vi è poi il problema dello sport professionista. Anche per le piccole squadre è necessario avere spazi adeguati a prezzi ragionevoli ma a Roma questi non esistono. La storia più eclatante fu quella della Virtus Roma Basket che fu costretta nel 2015 a lasciare il Palaeur e ridursi nel Pala Tiziano, assai più piccolo. A causa del minor numero di biglietti venduti la squadra evitò di iscriversi al campionato di serie A1 e fu fatta retrocedere in quello A2.
La squadra di basket nata in anni più recenti, la Stella Azzurra, ha subito problemi simili e – dopo la chiusura del Pala Tiziano – è stata esiliata a Veroli, Frosinone e Guidonia.
Stessa sorte per la Roma Volley femminile che si deve dividere con la Stella Azzurra basket, il palazzetto di Guidonia perché Roma non ha strutture in grado di ospitarla.
Il rugby non avrebbe una casa se non fosse per il campo da gioco della caserma Gelsomini a Ponte Galeria. Qui possono allenarsi solo gli atleti della Polizia e Fiamme Oro, mentre le altre squadre romane (Lazio, Capitolina Primavera e villa Pamphili), non riescono a trovare un luogo adatto.
Difficoltà anche per il nuoto, con la Lazio Nuoto che usa la piscina comunale di Garbatella per gli allenamenti e la piscina di Acilia per le partite. Ma la società ha dovuto ricorrere al Tar e poi al Consiglio di Stato per poter valere il proprio diritto di usare gli impianti.
Proprio ieri, dalle pagine del Messaggero, il responsabile regionale del Coni, Riccardo Viola, ha lanciato l’ennesimo appello. “Bisogna pensare a una rete di palazzetti a livello municipale e comunale, a impianti dedicati a tutte quelle discipline considerate di nicchia e a una struttura polifunzionale per i grandi eventi“, scrive il quotidiano riportando le parole di Viola. Nel Lazio ci sono 6.000 società che operano con difficoltà a causa della mancanza di strutture.
L’assessore allo Sport e al Turismo, Alessandro Onorato, punta sul Pnrr e sulla possibilità di sfruttare i fondi per riaprire alcuni impianti chiusi e per portare a termine il complesso incompiuto Colli d’Oro, nel XV Municipio.
Sempre con i fondi Pnrr si spera di riaprire il centro “Valentina Caruso”, di cui abbiamo parlato su queste pagine, e poi l’efficientamento del “Matteo Pellicone” di Ostia da dedicare soprattutto alle arti marziali.
Sembra un modo utile di usare i fondi europei ma occorre fare bene e in fretta: i tempi dettati da Bruxelles sono stretti e se i lavori non saranno conclusi entro la fine del 2026 i soldi torneranno indietro, col rischio di lasciare a metà le opere avviate.
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