I cittadini la spuntano: prorogato il divieto per le attività alimentari in centro storico

Una contrastata seduta dell'Assemblea Capitolina approva la proroga fino a fine anno del divieto di apertura di attività alimentari nell'area UNESCO. Ora però urge una riforma complessiva del settore.

Sabato scorso abbiamo parlato dell’allora imminente discussione in Assemblea Capitolina di una delibera in materia di commercio in centro storico e del sit-in organizzato da una serie di associazioni cittadine per chiedere all’amministrazione di non allentare i vincoli.

Così descrivevamo la situazione:

La delibera in discussione è stata presentata dal presidente della commissione commercio dell’Assemblea Capitolina, Andrea Alemanni, e si è resa necessaria per evitare la decadenza del divieto di aprire nuove attività di vicinato e artigianato alimentare nel sito UNESCO (sostanzialmente il centro storico di Roma).

Tale divieto era statao istituito nel 2019 (dalla deibera di A.C. n.49/2919) dopo che l’amministrazione, tramite una ricognizione delle attività produttive presenti sul territorio, aveva preso atto di un eccesso di attività alimentari all’interno dell’area UNESCO. Essendo in tale area le attività di somministrazione già contingentate, l’esigenza fu nel 2019 di fermare l’invasione di altre attività alimentari nella forma di negozi di vicinato (i minimarket, spesso chiamati “bangladini” perché gestiti da personale originario del Bangladesh) e di attività di artigianato alimentare (paninerie, negozi di kebab, gelaterie, ecc.).

La scelta del presidente Alemanni è stata di confermare il divieto di apertura per i negozi di vicinato, ma di consentire di nuovo l’apertura di laboratori artigianali seppur a condizioni più stringenti (superficie minima di 80 mq, presenza di servizi igienici nel caso di consumo sul posto).

La riapertura ai laboratori artigianali è stata giustificata dal presidente Alemanni sulla base dei risultati di una recente indagine sul commercio a Roma dove nel periodo dal 2017 al 2020 sarebbero sensibilmente dimuite tali attività nel sito UNESCO.

La RACV sostiene che i risultati dell’indagine sono falsati dall’impatto del COVID, che ha portato senz’altro alla chiusura di molti esercizi commerciali, ma i cui effetti stanno via via sparendo tornando alle concentrazioni pre-COVID. Inoltre, anche stando ai risultati dell’indagine, in centro storico risultano concentrazioni di locali enormemente maggiori del resto della città e che quindi consiglierebbero di mantenere vigenti entrambi i divieti.

 

La seduta dell’Assemblea Capitolina si è svolta ieri ed è stata alquanto travagliata per la maggioranza, combattuta al suo interno tra il sostenere la delibera così come presentata, ossia con la proroga del divieto per i negozi di vicinato e l’apertura codizionata per i laboratori artigianali, e il modificarla prorogando il divieto per entrambe le tipologie.

 

Alla fine le richieste e probabilmente le spiegazioni delle associazioni dei cittadini hanno convinto la maggioranza a soprassedere sull’apertura condizionata per i laboratori artigianali e anche per questi è stata decisa la proroga del divieto di apertura fino al 31 dicembre 2023.

 

Per il contenuto completo della delibera bisognerà attenderne la pubblicazione, ma oltre alla proroga dei divieti dovrebbero essere previste misure per condizionare i trasferimenti di attività alimentari all’interno del centro storico e per rimuovere alcune restrizioni irragionevoli (come quella che impediva di sostituire un’attività alimentare con una artigianale non alimentare).

 

L’approvazione del testo presentato dal presidente Alemanni impedisce quindi la decadenza del divieto a solo un giorno dalla sua scadenza. Se ciò fosse avvenuto si sarebbero potuti aprire di nuovo minimarket e laboratori artigianali in tutto il centro storico, senza alcuna limitazione, in un territorio che in moltissime sue parti risulta ben oltre il livello di saturazione.

Come si sia potuto correre un tale rischio senza che l’assessorato alle attività produttive abbia fatto nulla per scongiurarlo è cosa che sfugge alla comprensione.

Nella battaglia per convincere il presidente Alemanni a prorogare tutti i divieti, il mancato ruolo dell’assessore in questa partita sembra essere stato dimenticato, ma non può che rimanere un problema colossale.

Perché delle due l’una: o l’assessore Lucarelli ha totalmente dimenticato la scadenza del 31 maggio, con il rischio dal 1 giugno di far aprire un numero imprecisato di nuove attività alimentari in centro storico, oppure il mancato intervento è stato voluto, intendendo così riaprire il mercato senza rete alcuna. E davvero non sapremmo dire delle due ipotesi qual è quella peggiore.

 

La proroga dei divieti mette un nuovo fermo alle aperture, ma da sola non può rappresentare una soluzione definitiva, perché alla lunga qualche esercente potrebbe ottenere uno sblocco dei divieti da parte dei giudici del TAR, sblocco motivato dal fatto che non si può vietare tutto per troppo tempo.

Quello che occorre, da troppo tempo, è una riscrittura di tutte le normative in materia di commercio, trattandole con uno sguardo d’insieme che tenga presente tutte le attività di tipo alimentare (somministrazione, minimarket, laboratori artigianali, ecc.) e quelle non alimentari, soprattutto quelle meritorie di tutela e di incentivi per non farle definitivamente sparire dal centro storico (librerie, artigianati vari non alimentari, ecc.). Per le attività alimentari andranno previsti disincentivi nei luoghi a maggior concentrazione e premialità per farle spostare in luoghi che possano beneficiare di maggiore presenza commerciale.

Le misure andranno poi calibrate a seconda delle zone, essendo il centro storico un ambito troppo vasto e diversificato per applicarvi le stesse regole, dove a volte neanche l’ambito del rione risulta sufficientemente omogeneo; basti pensare a Trastevere, dove viale Trastevere divide il rione in due: una parte che esplode per i troppi locali e l’altra che ha una situazione enormemente più equilibrata.

 

Chi lo farà un tale lavoro di riscrittura delle regole se in quasi due anni di mandato l’assessore Lucarelli si è distinta per il nulla più totale?

Potrà forse esercitarvisi il presidente Alemanni, il quale però non ha a disposizione il personale tecnico per un lavoro tanto ampio?

Oppure potranno provare le associazioni dei cittadini a suggerire nuovi approcci normativi, forti dei saperi che hanno dovuto approfondire per contribuire in modo costruttivo al dibattito cittadino?

 

Probabilmente l’ideal sarebbe un lavoro partecipato, che possa beneficiare delle idee ed esperienze di tutti, ma che non può che essere guidato dall’assessorato alle attività produttive, sia per il suo ruolo esecutivo che per le risorse che può mettere in campo.

Noi crediamo che l’assessore Lucarelli non sia attrezzata per il ruolo che oggi ricopre e lo abbiamo ribadito recentemente, ma saremmo ben felici di ricrederci se solo ella volesse imprimere una svolta totale all’azione del suo ufficio.

 

Una validissima alternativa il sindaco ce l’ha, una figura con esperienza specifica maturata nello stesso ruolo e con ottimi risultati conseguiti nello stesso tempo in cui l’attuale assessore non ha fatto nulla. Qualche settimana fa sembrava che un rimpasto della giunta fosse prossimo ma poi il sindaco l’ha esplicitamente escluso.

A noi un rimpasto sembra l’unica speranza che ha il sindaco Gualtieri per cercare di recuperare un mandato che altrimenti si avvia a replicare quello di chi l’ha preceduto. Troppi assessori hanno molto mal figurato in questi quasi due anni di mandato e Monica Lucarelli è senza alcun dubbio tra essi.

 

Può l’intero comparto produttivo di Roma rimanere nella palude in cui si trova solo perché le dinamiche partitiche non consentono l’avvicendamento di chi ha finora deluso nel suo mandato?

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3 risposte

  1. Bene la proroga del divieto di apertura di attività alimentari nel centro storico.
    Era opportuno comunque vincolarla alla redazione di un riscrittura di tutte le normative in materia di commercio.

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