Lieto fine nella storia del parrucchiere, ma solo per un caso fortuito

La storia di Fabio si è conclusa a sorpresa favorevolmente, ma rimane la necessità di una modifica normativa e soprattutto di un ridisegno delle regole e delle procedure seguite dagli uffici municipali

A metà agosto abbiamo dato conto delle vicissitudini che stava affrontando il proprietario di un locale commerciale, sito nel Municipio II, al quale non era stato consentito di affittare ad una parrucchiera perché precedentemente nel locale vie era stata una panineria.

Il motivo del diniego della SCIA da parte dell’ufficio commercio del Municipio II risiedeva nel fatto che la panineria era un’attività artigiana, e quindi tutelata, mentre la parrucchiera, incredibilmente, per la normativa vigente non lo è.

 

A seguito del nostro articolo il presidente della commissione commercio dell’Assemblea Capitolina, Andrea Alemanni, si è interessato al caso interloquendo con il proprietario del locale. Questo fa sperare che si possa arrivare ad una modifica della normativa che faccia rientrare le attività di parrucchiere, e magari anche altre, tra quelle artigianali degne di tutela.

 

Ai primi di settembre la storia della nostra parrucchiera ha però preso una svolta improvvisa e molto positiva per l’attività e il proprietario del locale.

L’ufficio commercio del Municipio II ha infatti riesaminato la situazione del locale e svolto ulteriori attività istruttorie dalle quali è emerso che il titolare della panineria non era iscritto all’Albo delle imprese artigiane, svolgendo quindi la sua attività in maniera illecita. Di conseguenza l’attività di panineria è come se non fosse stata mai aperta in quel locale, consentendo quindi il subentro di qualsiasi altro tipo di attività commerciale.

Ad inizio settembre la parrucchiera ha quindi ricevuto la comunicaione che il diniego della SCIA era stato ritirato in autotutela da parte del Municipio II, consentendole così di operare con piena legittimità.

 

Tutto bene quel che finisce bene? Non esattamente.

Da una parte rimane la necessità di intervenire sulla normativa per rendere più ragionevoli le tutele, e su questo speriamo che il presidente Alemanni riesca a provvedere; dall’altra viene fuori che un’attività di artigianato alimentare ha operato per anni senza la necessaria iscrizione all’Albo, la qual cosa fa immaginare che le procedure e i controlli che fanno gli uffici siano tutt’altro che affidabili.

 

Questa storia, nonostante il lieto fine per i protagonisti, dà l’immagine della confusione di normative e procedure che caratterizza la gestione del commercio a Roma. Come abbiamo già scritto, il commercio a Roma richiederebbe una totale rivisitazione sia delle normative, per individuare cosa tutelare, cosa incentivare e cosa penalizzare, sia delle procedure e degli strumenti utilizzati dagli uffici municipali.

L’assessore Lucarelli lancia periodicamente messaggi a mezzo stampa di rivoluzioni alle porte; purtroppo finora non solo non si è visto nulla, ma non si ha evidenza che si sia al lavoro per riscrivere le normative.

 

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