Cattive notizie sui cartelloni. Il rinvio del Tar ad ottobre potrebbe provocare uno stop alla riforma

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Si potrebbe dire che le ditte hanno lavorato di fioretto con le carte bollate. Alcune di queste, assistite da avvocati molto abili, sono riuscite ad ottenere un rinvio fino al 21 ottobre della decisione del Tar. Il Tribunale Amministrativo era stato chiamato a giudicare la legittimità dell’intera riforma della pubblicità esterna: dal Prip alle modifiche al Regolamento.

L’udienza che si doveva tenere lo scorso 20 maggio, però, non ha portato a nulla. Anche perché, lungo il percorso, alcune ditte hanno aggiunto nuovi motivi di presunte illegittimità: qualcuna (la Sci) si è spinta perfino a chiedere un risarcimento milionario per presunti danni subiti. Altre hanno deciso di impugnare anche la delibera con la quale il Campidoglio ha conferito l’incarico ad Aequa Roma di predisporre i piani di localizzazione. Insomma una serie di impugnative e ricorsi che di fatto ha bloccato il procedimento e ha costretto il Tar a prendere altro tempo per esaminare più a fondo le carte.

I CARTELLONI COME GENOVA. Questa storia ricorda molto da vicino il caso Genova. A seguito della prima alluvione del 4 novembre 2011, il Comune e la Regione provarono a correre ai ripari per mettere in sicurezza alcune zone della Liguria. Una serie di ricorsi e controricorsi bloccò i lavori. Tanto che all’arrivo della seconda alluvione, ad ottobre 2014, tutto era come prima e il disastro e la perdita di vite umane furono ancora più brucianti. Se ne parlò molto. Anche il presidente del Consiglio condannò l’eccesso di tutele e garanzie che bloccano ogni riforma. Ma come si può vedere, il caso dei cartelloni di Roma sembra una replica triste e senza speranza.

IL RINVIO. Insomma, il rischio che tutto venga rimandato alle calende greche e che la scaletta di marcia, di cui più volte si era parlato, non venga rispettata è molto concreto. Se infatti il Campidoglio si dovesse fermare in attesa del 21 ottobre si perderanno mesi preziosi. Ma non basta. Subito dopo, potrebbero esserci nuovi ricorsi contro i piani di localizzazione e poi contro i bandi e così via. Per proseguire con il Consiglio di Stato. Con il risultato di rimandare tutto di mesi, forse anni.

Una sconfitta per la giunta Marino e l’assessore Leonori che avevano annunciato troppe volte l’arrivo del bike sharing, delle toilette e di altri servizi pagati dai cartelloni.

Ora occorre capire se l’attesa della decisione del Tar del 21 ottobre è davvero necessaria oppure si può intanto proseguire, un po’ come indicato da Renzi dopo l’episodio di Genova. Insomma è una questione politica o giuridica?

Secondo le interpretazioni più accreditate, la politica potrebbe decidere di andare avanti, addirittura con i bandi di gara, senza attendere mesi o anni necessari all’esame dei ricorsi. Così facendo, però, sembrerebbe una mancanza di rispetto per le decisioni dei giudici amministrativi e forse non gioverebbe alla causa del Comune.

UNA SOLUZIONE DI COMPROMESSO. Una soluzione intermedia c’è e, a nostro avviso, sembra la più ragionevole. Il Campidoglio usi il tempo da qui al 21 ottobre per mettere a punto i piani di localizzazione. Questi vanno fatti comunque, anche nella malaugurata ipotesi che tutto venisse rimandato di 5 anni, i piani sarebbero necessari e non sono – ad oggi – oggetto di ricorsi.

Subito dopo il 21 ottobre, si potrà procedere a indire le gare (sempre che il Tar consideri legittima la riforma). Purtroppo si perderanno diversi mesi, questo sembra ormai assodato. Ma almeno resta in piedi la possibilità di andare a regime entro il 2016.

Per ora le ditte che vogliono mantenere lo status quo hanno segnato un punto. Ma vincere con la strategia processuale non significa vincere la guerra.

 


Per chi volesse approfondire, consigliamo la lettura di questo articolo pubblicato sul sito romano di Vas

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2 risposte

  1. Lo sapevo che questi ce l’avrebbero fatta. Dopo 30 anni di monopolio non si arrendono davanti ad una Leonori qualsiasi. Sono pessimista. resterà tutto così

  2. Non è possibile che la giustizia amministrativa, ma non solo, continui a bloccare le azioni di governo.
    Se proprio vogliamo dirci garantisti, che allora si rimpinguino le file delle corti così da avere sentenze nel giro di giorni, non di anni.
    Peraltro i ritardi delle sentenze generano danni enormi che ripagherebbero abbondantemente qualsiasi investimento venisse fatto nel rendere più efficace la giustizia.

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