Buche: anche il Corriere chiede l’appalto unico

 

Molto interessante l’articolo pubblicato ieri dal Corriere della Sera sulle buche a Roma. Federico Fubini, ottimo scrittore e giornalista, ha approfondito l’argomento non limitandosi alla sterile denuncia – come fanno tanti colleghi – ma proponendo una soluzione. E’ la stessa soluzione che diarioromano e Romafaschifo consigliano da tempo e che potrebbe riportare le strade della città in condizioni dignitose e ridurre gli episodi di corruzione che purtroppo infestano il settore. Fubini aveva già parlato dell’appalto unico europeo durante un suo intervento alla trasmissione Coffee Break su La7.

L’approfondimento pubblicato ieri, nel quale cita anche il nostro sito, è ricco di dati che vogliamo riportarvi. Roma ha 5.500 km di strade (come Firenze, Milano, Torino, Genova e Bologna messe insieme). L’obiezione più semplice e ripetuta a pappagallo da tutti è che manchino i soldi per manutenerle. E invece le cose non stanno esattamente così: i fondi in cassa ci sono ma non vengono spesi. La conferma l’ha data lo stesso assessore al Bilancio capitolino Lemmetti al quale venivano chiesti stanziamenti straordinari. Lemmetti ha risposto che prima di mettere di nuovo mano al portafoglio occorre usare i denari già messi a bilancio. I famosi 17 milioni che la Raggi aveva definito “un piano Marshall per le buche di Roma” sono ancora in parte disponibili. Il Campidoglio non riesce a spenderli perché non riesce a indire le gare d’appalto. Basti pensare che la gara per la cosiddetta “grande viabilità”, divisa in 12 lotti per le principali strade romane è pronta da aprile 2017 ma a distanza di un anno non è ancora stata assegnata.

Un palliativo – spiega il Corriere della Sera – potrebbe essere incaricare 15 squadre con 4 addetti e un camion ciascuna che girino a tappare le buche. Il costo sarebbe di circa 4 milioni l’anno, una somma del tutto accessibile (lo 0,03% del bilancio comunale). Ma probabilmente non risolverebbe il problema. Le strade sono ammalorate e in molti casi andrebbe rifatto il fondo. Secondo le stime dell’Acer (l’associazione dei costruttori) servirebbero 250 milioni per un risanamento vero. E anche questa è una cifra che il bilancio comunale può permettersi (il 3% del totale).

Allora dove sta l’ostacolo? Perché abbiamo più buche di una città afgana? Il meccanismo si inceppa sulle gare d’appalto. Decine di appalti creano la necessità di decine di commissioni aggiudicatrici e dunque decine di funzionari comunali che devono lavorarci. Il rischio di essere condannati per danno erariale nel caso in cui la gara incontri degli ostacoli (cosa che accade molto spesso) scoraggia il lavoro di questi funzionari. Tanto è vero che la Raggi ha pensato di dare loro dei premi se si impegnano di più nelle commissioni. Ma anche questo sarebbe un palliativo.

La verità è che più gare si fanno, più vi sono rischi di episodi di corruzione, di blocchi burocratici, di ricorsi da parte del secondo arrivato e così via. E il meccanismo si è inceppato.

Ecco che la ricetta proposta da diarioromano, da Romafaschifo e ora anche dal Corriere della Sera è quella dell’appalto europeo unico. Un gruppo, italiano o straniero, incaricato della manutenzione per 300 o 400 milioni l’anno. Sarà questo gruppo a distribuire i subappalti senza che debbano esporsi i funzionari comunali e dunque senza che possano verificarsi episodi di corruzione. Inoltre sarà interesse dell’appaltatore fare i lavori a regola d’arte, perché sarebbe a suo carico un secondo intervento sullo stesso punto.

Sembra l’uovo di Colombo eppure è una strada che non viene neanche presa in considerazione dalla giunta a 5Stelle, forse per motivi ideologici o forse per scarsa visione. In entrambi i casi una colpa grave che sta privando Roma della sua dignità di capitale e della sicurezza stradale che tutti meritiamo.

 

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Contro la malamovida invece ci si affida all’amico Frank.

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D’altronde chi dovrebbe dargli le direttive (@gualtierieurope) non ha neanche chiari i compiti degli agenti.

Non siamo sicuri che @MercurioPsi non abbia doti divinatorie, ma se già a gennaio aveva ipotizzato la chiusura totale delle due l’una: o in #ATAC non hanno il controllo di quello che fanno, oppure tengono all’oscuro fino all’ultimo gli utenti dei loro piani.
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