Ancora aspettando il piano industriale di AMA, qualcosa non torna sui rifiuti a Roma

Atteso per ottobre, manca ancora il piano con cui AMA riorganizzerà la raccolta rifiuti. Intanto fioccano gli impianti di trattamento, tanti che a Roma i rifiuti dovremo importarli

A inizio agosto abbiamo dato conto della presentazione del piano di gestione dei rifiuti Roma Capitale da parte del sindaco Gualtieri nella sua veste di commissario straordinario per il Giubileo e la gestione rifiuti.

 

In estrema sintesi il piano contiene gli obiettivi stabiliti dall’amministrazione capitolina, in termini di produzione rifiuti e di percentuale di raccolta differenziata, e gli impianti necessari per gestire in maniera autonoma tutti i rifiuti di Roma.

Dal nostro articolo di agosto:

Le previsioni quantitative del piano, individuate in maniera che non siano sogni ad occhi aperti ma qualcosa di effettivamente ottenibile, sono:

– la riduzione della produzione di rifiuti dell’8%, per raggiungere nel 2030 le 1.550.000 tonnellate/anno

– l’aumento della raccolta differenziata (oggi a circa il 45%) per arrivare 65% nel 2030.

 

Con tali previsioni, l’impiantistica necessaria per affrancare Roma dal dover ricorrere ad altre regioni o addirittura all’estero per i propri rifiuti è la seguente:

– 30 centri di raccolta distribuiti nei vari municipi per aumentare il conferimento di rifiuti differenziati,

– aumento delle stazioni di trasferenza,

– 2 impianti di selezione delle frazioni secche (carta e plastica) da raccolta differenziata da 100.000 tonnellate/anno ciascuno,

– 2 impianti di digestione anaerobica per il recupero di energia dalla frazione organica da 100.000 tonnellate/anno ciascuno,

– 1 impianto di trattamento termico della capacità di 600.000 tonnellate/anno che tratterà sia i rifiuti indifferenziati (tal quale) che gli scarti della raccolta differenziata.

 

Sul come gli obiettivi quantitativi verranno raggiunti nulla viene detto nel piano rifiuti, rimandando al piano industriale di AMA che, si disse al tempo, sarebbe stato reso noto entro ottobre di quest’anno.

 

Ora siamo a novembre e AMA non ha ancora reso noto il nuovo piano industriale.

A fine settembre il presidente di AMA, Daniele Pace, in un’intervista a Romatoday ha fornito qualche anticipazione, parlando ad esempio della necessità di ridisegnare il modello di raccolta o dell’idea di re-internalizzare la raccolta per le utenze non domestiche, e dicendo anche che di lì a qualche giorno il piano sarebbe stato portato in Campidoglio.

In realtà di giorni ne sono passati oltre trenta e del piano non si è saputo più nulla. L’impressione è che effettivamente esso sia arrivato in Campidoglio ma non deve essere piaciuto per niente. Un altro elemento in tal senso è la reazione che ha avuto l’assessore all’ambiente, Sabrina Alfonsi, alle anticipazioni sul piano, dicendo che quanto riportato dalla stampa era privo di fondamento.

 

Il piano industriale di AMA è particolarmente importante perché è lì che si stabilisce come viene gestita la raccolta rifiuti a Roma, se si punterà ad ampliare il porta a porta o se si continuerà a puntare quasi tutto sulla raccolta stradale con cassonetti non presidiati. Come abbiamo scritto più volte, quest’ultimo metodo è a nostro avviso insostenibile per avere una buona raccolta differenziata e per evitare di avere discariche cittadine; siamo anche nell’ottima compagnia del LILA (Laboratorio Idee Lavoratori AMA) nell’affermare ciò. Non ci risulta, inoltre, che la raccolta stradale con postazioni fisse sia adottata in altre grandi città europee e dei motivi vi saranno.

 

Tornando al piano rifiuti presentato ad agosto da Gualtieri, il percorso prevedeva il termine della presentazione delle osservazioni per la VAS al 30 settembre e un’ordinanza di approvazione del piano a metà ottobre, ordinanza che non risulta essere stata emanata.

 

C’è infine un ulteriore aspetto che vogliamo sollevare in tema di rifiuti a Roma e riguarda l’impiantistica prevista per il trattamento dei rifiuti.

Fino all’improvviso annuncio del nuovo termovalorizzatore per Roma, avvenuto lo scorso aprile, la gestione dei rifiuti romani rientrava nel piano rifiuti regionale del Lazio, nel senso che la produzione rifiuti e il loro smaltimento dovevano essere pianificati a livello regionale.

Grazie ai poteri straordinari attribuiti al sindaco Gualtieri per la gestione dei rifiuti, Roma si è liberata dai vincoli del piano regionale, tant’è che sta procedendo con la progettazione di un nuovo termovalorizzatore che quel piano non prevedeva.

Viene però da chiedersi che fine faccia il piano regionale, nel senso che se da tale piano viene eliminata la parte preponderante rappresentata da Roma, tutte le previsioni e i relativi impianti di trattamento saltano.

Per fare un esempio recentissimo, la settimana scorsa l’assessore ai rifiuti della Regione Lazio, Massimiliano Valeriani, ha annunciato la costruzione di un nuovo impianto da 250mila tonnellate annue per il trattamento degli scarti dei TMB. Come si coniuga tale impianto con il termovalorizzatore annunciato da Gualtieri che di tonnellate annue di “tal quale” (indifferenziato) ne dovrebbe consumare 600mila?

Ma c’è di più. Sempre la scorsa settimana siamo stati i primi a parlare di un ulteriore nuovo impianto di trattamento rifiuti in via di realizzazione a Roma. Si tratta dell’impianto “waste-to-hydrogen previsto sull’autostrada Roma-Fiumicino e che potrà trattare 200mila tonnellate di rifiuti l’anno.

 

Ma se solo questi tre impianti a regime saranno in grado di consumare oltre un milione di tonnellate di rifiuti indifferenziati l’anno, e se in Campidoglio prevedono di arrivare a 1.550.000 tonnellate annue di rifiuti totali, come si può credere che a Roma si vorrà arrivare effettivamente al 65% di raccolta differenziata?

Se infatti si raggiungesse quel livello di differenziata, i rifiuti indifferenziati da trattare negli impianti sarebbero circa 550 tonnellate annue, ossia la metà della potenza disponibile. Come si capisce facilmente, in tale ipotesi a Roma dovremo cominciare ad importarli i rifiuti per far funzionare gli impianti.

È forse questo a cui stiamo andando incontro? Sarebbe importante saperlo, perché in tal caso le emissioni che si tagliano non dovendo più esportare i rifiuti all’esterno sarebbero rimpiazzate dalle emissioni dei mezzi che la spazzatura la porteranno a Roma.

 

La cosa che continua a mancare a Roma è un dibattito pubblico sui rifiuti dove le fazioni pro e contro il termovalorizzatore, anziché continuare a parlarsi al loro interno, possano confrontarsi tra loro e con l’amministrazione per avere gli elementi utili a farsi un’opinione informata.

 

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