Che il bando per l’albero di Natale fosse una sciocchezza colossale lo abbiamo scritto per primi, lo scorso 26 giugno. Senza voler fare gli uccelli del malaugurio, era evidente che nessuno avrebbe regalato al Campidoglio un abete gigante senza in cambio ottenere alcuno spazio pubblicitario. Dopo il flop di Povero Tristo nel 2016 e la tragicommedia di Spelacchio nel 2017, per il prossimo Natale l’amministrazione si era finalmente mossa in tempo e aveva pubblicato una gara per cercare un albero che non facesse ridere il mondo intero.
Ma, come sta avvenendo sempre più spesso per i bandi di questa amministrazione, nessuno si è presentato. D’altronde l’oggetto della gara era a dir poco bizzarro: in pratica la Sindaca ha chiesto ad uno sponsor di donare l’albero ma senza permettergli nessun ritorno in termini di immagine o di pubblicità. Per quanto si possa voler bene a Roma, le imprese non sono così sceme da gettare soldi. E dunque il “procedimento si è concluso per mancanza di proposte di liberalità pervenute”, come laconicamente scritto nella determina pubblicata sul sito del Comune.
Cosa succederà adesso non si sa. Forse la giunta si ridurrà a novembre a convocare una ditta che partorirà un altro Spelacchio. Oppure potrebbe decidere di non realizzarlo proprio l’albero di Natale, in linea con i dogmi della decrescita felice tanto amati da Casaleggio Senior.
Eppure sarebbe bastato fare come in tutte altre città del mondo, a partire da Milano, dove si affida l’appalto ad una azienda che in cambio di una sponsorizzazione garantisce addobbi, abete e luminarie di alto livello.
Altra promessa mancata riguarda quella della spiaggia sul Tevere, sull’esempio di Paris Plage che la Raggi aveva assicurato si sarebbe fatta. A dicembre del 2017 solita conferenza stampa senza domande durante la quale era stata annunciata in pompa magna la rinascita delle banchine in zona Ponte Marconi. Diecimila metri quadri dove i romani avrebbero preso il sole e fatto sport nel segno del “cambiamento”. E invece nessun cambiamento perché i bandi per la spiaggia sul Tevere non sono mai partiti. Non solo non sono stati pubblicati, ma nessuno li ha mai scritti. Era la solita fuffa, la solita politica degli annunci senza un seguito da dare in pasto ai talebani dei social che si spellano le mani per applaudire il nulla.
A nostro avviso è una buona notizia la terza promessa mancata di oggi: la cancellazione dei progetti di funivia a Casalotti e soprattutto del People Moover tra Jonio e Bufalotta. In sostanza invece di prolungare la metro B1 così come previsto dal Piano Regolatore e in parte già finanziato, l’idea 5stelle era costruire un “brucomela” come lo hanno chiamato gli abitanti della zona. Un aggeggio su rotaia, trainato da una fune che ha costi elevati di gestione e bassa capacità di trasporto.
Era bastato che l’assessore Meleo pubblicasse sul proprio profilo Facebook la data per la presentazione del progetto che gli insulti da parte dei residenti erano stati talmente tanti da farle cancellare prima il post e poi l’incontro pubblico. Per chi volesse approfondire questa gustosa storia, invitiamo a rileggere il nostro articolo del 7 giugno.
Fatto sta che nell’assestamento di bilancio di Roma Capitale il costo di queste due opere non c’è più. E’ stato definanziato il progetto per la funivia Casalotti-Battistini (300 mila euro solo per avviare l’iter progettuale) e quello per il People Moover “Brucomela” tra Jonio e Bufalotta (158 mila euro).
Al di là della diversa destinazione dei fondi, non si può non prendere atto della drammatica assenza di visione di questa giunta. In questi due anni invece di perdere tempo in progetti fantasiosi e in annunci irrealizzabili, sarebbe stato utile lavorare a testa bassa per garantire il prolungamento delle due linee metro, la A oltre Battistini e la B1 oltre Jonio. Con il definanziamento di queste ore, invece, si è suggellata la perdita di tempo prezioso.
Così come l’episodio della spiaggia sul Tevere e di Spelacchio bis, dovrebbero far riflettere pure i più accaniti sostenitori dell’amministrazione Raggi. Non si tratta di piccoli episodi, ma della dimostrazione che senza una giunta che programma e pianifica, la città si avviterà sempre di più nell’immobilismo. La fuga degli investitori, la perdita di posti di lavoro, il trasferimento delle grandi aziende verso il nord, non faranno più notizia. Saranno lo standard dei prossimi anni.