Uno striscione nel luogo dell’omicidio di Luca Varani. Degrado su degrado

Striscione via Giordani Foffo

 

Nessuno dubita che la droga tolga la vita, che sia un problema serissimo da affrontare. L’omicidio di cui tutti parlano ne è la dimostrazione.

Ma trasmettere un messaggio così serio devastando la città non fa altro che peggiorare la situazione. Sotto casa di Manuel Foffo, in via Giordani a Colli Aniene, è comparso questo striscione firmato da un gruppo di estrema destra. Foffo, assieme al suo amico Marco Prato, avrebbe ucciso Luca Varani dopo averlo torturato e drogato. Mentre tutti si indignano e si interrogano su un gesto così terribile, qualcuno pensa che sia giusto sporcare i muri del quartiere, insozzare una zona che i negozianti avevano da poco ripulito.

E’ come se volessero marcare il territorio, dimostrare che esistono e che la loro ideologia saprebbe come evitare il ripetersi di tali tragedie. E mentre lo fanno contribuiscono a creare quel clima di illegalità, di prepotenza e di sopraffazione che essi stessi dicono di voler combattere. Quel brodo di coltura che genera i mostri assassini che immaginano di vivere in un luogo dove tutto è permesso. Anche uccidere per “vedere l’effetto che fa“.

Striscione via Giordani omicidio
I negozianti avevano ripulito il muro poche settimane fa
Striscione via Giordani
Sullo sfondo la casa dell’omicidio

 

Intendiamoci, non vogliamo arrivare ad affermare che il degrado della città sia all’origine di un omicidio di questo tipo, ma sicuramente il clima di impunità che si avverte a Roma, può avere contribuito a formare e deformare delle menti deboli e instabili.

In questi giorni decine di fotografi e giornalisti hanno percorso via Giordani, hanno intervistato i vicini, i commercianti, hanno ripreso i citofoni, le sbarre alle finestre. Ma nessuno ha notato questa scritta vandalica. Perché a Roma è normale che i muri siano utilizzati per comunicare. Nessuno fa più caso all’orrore che ci circonda e che è la scenografia perfetta per un assassinio efferato. Se questo striscione fosse comparso a Brembate dove è stata uccisa Yara Gambirasio o a Castellamonte dove è stata ammazzata Gloria Rosboch, i telegiornali, i siti internet ne avrebbero parlato, l’avrebbero mostrato. A Roma no! A Roma nessuno nota che sotto l’appartamento degli orrori qualcuno imbratta per dire la sua.

Perché a Roma si fa così. Perché questa è la città che accetta il degrado come se fosse parte di sé. E allora perché stupirsi se una notte due giovani borghesi  decidono di uccidere per “vedere l’effetto che fa“?

 

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Una risposta

  1. Un messaggio molto semplice da menti evidentemente molto semplici (e anche un po’ ignoranti, il dà va accentato) che per dare segno di sé sono costrette a scrivere a caratteri cubitali le povere elaborazioni dei loro neuroni.
    Se costoro avessero un minimo di dignità rimuoverebbero lo striscione regalando la pulizia di qualche angolo sporco del quartiere come risarcimento.
    Invece la cittadinanza dovrà sorbirsi questa stupida scritta ed il suo degradarsi nel tempo per mesi.

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Contrasto alle OSP abusive e alla malamovida: dal Campidoglio ancora pannicelli caldi.
Emanata l’ordinanza contro le OSP abusive, ma solo per quelle totalmente abusive nel sito UNESCO.
Contro la malamovida invece ci si affida all’amico Frank.

Considerato che la Polizia Locale risponde direttamente ed esclusivamente al sindaco, non c’è da stupirsi se a Roma il corpo è praticamente inesistente.
D’altronde chi dovrebbe dargli le direttive (@gualtierieurope) non ha neanche chiari i compiti degli agenti.

Non siamo sicuri che @MercurioPsi non abbia doti divinatorie, ma se già a gennaio aveva ipotizzato la chiusura totale delle due l’una: o in #ATAC non hanno il controllo di quello che fanno, oppure tengono all’oscuro fino all’ultimo gli utenti dei loro piani.
@TUTraP_APS

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