Stadio Flaminio: ennesimo tentativo della Raggi di appropriarsi del lavoro altrui

Presentato in Campidoglio il "Piano di conservazione". Uno studio iniziato tre anni fa ma che ancora manca di un vero progetto e di un finanziamento

È stato presentato in Campidoglio il “Piano di conservazione” dello Stadio Flaminio. Uno studio frutto di anni di lavoro e di indagine, iniziato nel lontano 2017 e finanziato interamente dalla americana Getty Foundation.

Le dichiarazioni rilasciate dalla sindaca Raggi a tal proposito hanno innalzato un vespaio di polemiche. Le frasi che più hanno smosso il dibattito sono state quelle intorno al tentativo della sindaca di appropriarsi, anche questa volta, di un qualcosa di cui la sua giunta non si è mai occupata veramente. Frasi del tipo “abbiamo creduto in un sogno” non sono passate inosservate. Pronta la risposta del candidato al Campidoglio Carlo Calenda: “È stato presentato uno studio sullo Stadio Flaminio. Non ci sono fondi o un piano di lavoro. Questa non è neanche la politica degli annunci, è la politica che pretende di prendere per fessi i cittadini. E a Roma va avanti da troppo tempo”.

Il leader di Azione, in un semplice tweet, ha giustamente ricordato come un conto sia la presentazione di uno studio, un altro sia il lancio di un progetto vero e proprio. Ma andiamo con ordine e ripercorriamo brevemente la storia di questa vicenda.

Foto da italian-architects.com

 

Cronistoria

Molte sono state le giunte che avevano, invano, garantito un salvataggio della struttura di Pier Luigi Nervi.

A pochi giorni dalla caduta della sindacatura Marino venne fatta la promessa di salvare lo Stadio attraverso un bando pubblico che ne avrebbe assegnato la gestione a privati. La struttura, già pesantemente abbandonata al degrado più assoluto, non poteva essere abbattuta, in quanto nel 2008 venne inserita nell’elenco dei beni di interesse storico-artistico. Nonostante il bando non fu mai deliberato, iniziarono a susseguirsi una serie di progetti di riqualificazione, fra cui uno di Renzo Piano, che però non trovarono mai dei finanziatori.

Era il febbraio del 2016 quando anche Diario Romano aveva iniziato a sollevare l’urgenza di un intervento. A distanza di un anno, nell’agosto del 2017 venne lanciata la notizia di come la Getty Foundation avesse approvato un finanziamento di 180 mila dollari (161 mila euro) per studiare e individuare quali fossero le migliori soluzioni per salvare lo Stadio Flaminio.

La fondazione di Los Angeles aveva stanziato questo fondo, nel progetto “Keeping it Modern” per salvare in tutto il mondo le opere architettoniche e ingegneristiche che rischiavano di scomparire. Un gruppo di ingegneri dell’Università La Sapienza ottenne questo finanziamento. Nell’elenco dei vincitori, a sottolineare la portata storico/simbolica, allo Stadio Flaminio andò la sovvenzione più alta.

Dunque, lo studio presentato in Campidoglio non è altro che il punto finale del lavoro di indagine iniziato tre anni fa grazie, solo, alla Getty Foundation. Indagine, ripetiamolo, di possibili progetti di riqualificazione e rigenerazione della struttura.

Quello che Virginia Raggi ha voluto far passare come un punto di arrivo altro non è che un punto di inizio, come invece ha sottolineato Francesco Romeo (docente di Scienza delle costruzioni), alla presentazione dello studio. Certamente tutti concordiamo con le dichiarazioni della sindaca nel rilanciare al più presto il quartiere Flaminio, ricordiamo infatti come anche il Palazzetto dello Sport versi in condizioni disastrose, ma molto più pragmatiche e realiste sono sembrate le parole dell’assessore Daniele Frongia: “Grazie anche al Piano di conservazione siamo ottimisti, stiamo vagliando diverse proposte di partenariato e ci aspettiamo di portare ben presto a nuova vita il capolavoro di Nervi”.

Leggendo tra le righe, Frongia sottolinea come il Piano di Conservazione sia solo un apripista, che faciliterà sicuramente il lavoro, ma ora serve l’approvazione di un progetto e lo stanziamento dei fondi per poterlo realizzare. Si parla di Recovery Fund, di un intervento diretto di Cassa Depositi e Prestiti e del Credito Sportivo.

Anche l’associazione Codacons è intervenuta per smontare la dichiarazione della sindaca e per ridimensionare : “La giunta Raggi presenta in pompa magna il piano di conservazione dello Stadio, peccato però che allo stato attuale non esista alcun progetto relativo all’impianto, e nulla si sa circa il destino della struttura”. Continua il presidente Carlo Rienzi : “Lo scorso 21 ottobre il Comune, rispondendo ad una istanza Codacons, ha informato che l’unico progetto esecutivo finora approvato riguarda ‘l’appalto di manutenzione ordinaria da effettuare sulla pensilina e sulle recinsioni dello Stadio Flaminio. Decisamente poco per una struttura che da troppi anni è abbandonata all’incuria e al degrado, e che l’amministrazione Raggi non ha saputo valorizzare con enormi danni per la città e per lo sport, su cui la magistratura ora dovrà attivarsi anche in considerazione della distruzione di un bene monumentale di enorme pregio”.

Dunque, non si è creduto in nessun sogno e nulla è stato ancora realizzato, quello semmai lo potremo dire quando lo Stadio riaprirà i suoi tornelli.

 

Curiosità:

Lo Stadio Flaminio, realizzato dall’ingegnere Pier Luigi Nervi, in occasione delle Olimpiadi di Roma del 1960, da sempre è considerato un gioiello di architettura e di ingegneria.

A Nervi venne affidata la riqualificazione dell’area del villaggio olimpico che avrebbe dovuto dare un nuovo slancio all’intero quartiere. Tre furono le opere di grande impatto: lo Stadio Flaminio, il Palazzetto dello Sport e il viadotto di Corso Francia. Per lo Stadio e il Palazzetto si optò per delle tecniche costruttive e ingegneristiche all’avanguardia, uniche nel panorama mondiale.

Lo Stadio Flaminio doveva sorgere su un vecchio edificio (lo stadio Nazionale Piacentini) e non poteva sforare la metratura preesistente. Nervi decise così di inclinare le tribune ad una tale angolatura da garantire la capienza di oltre 40 mila sedute senza eccedere di un solo metro. Fu solo il primo passo che lasciò tutti a bocca aperta, confermando poi il suo genio con la copertura in calcestruzzo armato del Palazzetto.

Vista interna del Palazzetto dello Sport (foto architetti.com)

 

Il degrado attuale del Palazzetto dello Sport

 

Le opere di Nervi smossero nell’ambiente artistico-architettonico un grande dibattito. L’architetto di fama mondiale, Le Corbusier, a Olimpiadi concluse, decise di partire per Roma per ammirare e studiare i progetti di Nervi. Il 23 settembre fece dei sopralluoghi all’interno e all’esterno delle strutture olimpioniche, lo stesso Le Corbusier si disse impressionato dall’alto livello di avanguardia raggiunto da Nervi, sottolineando come quella visita fosse per lui indispensabile per realizzare lo stadio di Baghdad che gli venne commissionato proprio in quel periodo.

P. L. Nervi con Le Corbusier e G. M. Présenté in visita allo stadio Flaminio di Roma, 1960 (Archivio Pier Luigi Nervi, MAXXI, Roma)

 

Fu una rivincita per Roma, visto che Le Corbusier già nel 1920 visitò la capitale definendola caotica e sporca. Pregiudizio che portò con sé anche nel viaggio per incontrare Nervi quando gli chiese di trovargli un albergo senza “tralalà, né lusso”.

Lo Stadio Flaminio divenne un simbolo della città e dello sport, al suo interno si sono succedute partite di calcio, di rugby, spettacoli incredibili come lo storico concerto di Michael Jackson. Questo fino agli inizi degli anni Duemila, quando, con il suo graduale disuso venne abbandonato definitivamente. Del suo degrado, purtroppo, sono ormai piene le pagine di storia.

 

 

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2 risposte

  1. Una bestemmia vera lasciare un opera d’arte vera come il Flaminio cosi in disuso..Lo vorrei come stadio della SS LAZIO.

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