Riuscirà Virginia a far pagare l’Imu al Vaticano?

Vignetta Giuseppe Scalarini

 

C’è una scelta di Virginia Raggi che potrebbe farla risalire nel consenso. Non sappiamo se in quello di tutti i romani ma sicuramente avrebbe il nostro appoggio. Si tratta dell’Imu da far pagare agli immobili commerciali di proprietà del Vaticano. Una questione vecchia come Roma che si è riaffacciata in queste ultime ore grazie ad un misterioso colloquio tra il Papa e la Sindaca, svelato dall’assessore Meloni.

Pare che la Raggi abbia anticipato a Bergoglio questa sua volontà e che il Santo Padre abbia risposto con una apertura. Conferma arriva anche dal titolare del Bilancio, Andrea Mazzillo, che ha parlato di rispetto della legge. E infatti l’esenzione degli immobili vaticani dal pagamento dell’imposta provoca molti dubbi di legittimità soprattutto per la parte che riguarda quelli commerciali. Parziale soluzione al problema arrivò con la legge di stabilità del 2014 quando il ministro Padoan stabilì che sono esenti dal pagamento dell’Imu solo quelle strutture “organizzate in forma non imprenditoriale per la ricettività a condizione di una loro discontinuità nell’apertura”. In sostanza se si tratta di un albergo, aperto tutto l’anno, che vende le stanze su Booking, dovrà pagare le imposte. Se invece si tratta di un convento, gestito dalle suore che riceve saltuariamente pellegrini, sarà esentato.

Detta così sembra semplice, ma il confine tra le due tipologie di servizio è labile. Infatti le precedenti amministrazioni hanno preferito non decidere, lasciando di fatto agli immobili commerciali vaticani un privilegio ingiusto. Si pensi ad un albergo in una zona centrale di 70 stanze: pagherà una media di 40mila euro l’anno di Imu. L’edificio accanto, adibito anch’esso ad hotel, di proprietà vaticana non pagherà nulla.

Secondo i calcoli dell’assessore Mazzillo il Campidoglio dovrebbe incassare dalla Santa Sede circa 19 milioni di euro. Ma è un conto elaborato per difetto. Uno studio del radicale Maurizio Turco, basato sulle carte del catasto, ha censito un totale di 23mila unità immobiliari nella sola città di Roma. In sostanza un immobile su 5 sarebbe di proprietà di un ente cattolico. Tra questi: 600 palazzi, 50 monasteri, 500 chiese, 22 conventi, 400 tra case generalizie, ospizi, case di riposo, seminari, oratori e oltre 40 collegi. A questo si aggiunga tutta la parte sanitaria, con enormi ospedali (a partire dal Policlinico Gemelli) e decine di cliniche, nidi, ambulatori.

Non tutto questo patrimonio ha finalità caritatevoli e dunque merita l’esenzione dall’Imu. Un esempio per tutti: gli immobili di lusso della casa generalizia dell’Opus Dei in viale Bruno Buozzi. Un intero isolato dal valore inestimabile che si è andato espandendo, acquistando anche un grande edificio all’angolo con via Alessandro Serpieri. Qui non vi è alcuna finalità puramente caritatevole ma si tratta di alloggi, uffici, sale convegni. Perché dovrebbero essere esentati dal pagamento delle imposte?

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La sede dell’Opus Dei a Roma

 

Molti sindaci hanno preferito glissare ed evitare la questione. Francesco Rutelli, proveniente dal mondo radicale e anti-clericale, divenne fervido sostenitore dei privilegi cattolici. Walter Veltroni, dimenticò i suoi trascorsi laici non sollevando mai il problema. Gianni Alemanno, per tradizione politica, era del tutto vicino alle posizione clericali mentre Ignazio Marino fu il primo ad aprire il fronte, forte di una sentenza della Cassazione che imponeva il pagamento dell’Imu per alcune proprietà. Il caso nacque per due edifici: il Palazzo di Propaganda Fide, in piazza di Spagna, che al piano terra ospita prestigiosi negozi che pagano affitti stellari e la pontificia Università Gregoriana. L’esenzione fiscale era una follia che i giudici della suprema corte cancellarono almeno per queste strutture.

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Il palazzo di Propaganda Fide

 

Marino provò a sollevare la questione ma tutti ricordiamo che il Papa seppe cogliere in fallo il Sindaco pasticcione smentendo la sua bugia riguardo al viaggio negli Stati Uniti. Mai un Papa aveva parlato direttamente di un politico in quel modo affermando: “Io non ho invitato il Sindaco Marino a Filadelfia“. Fu l’inizio della fine di quella sindacatura e anche del pagamento delle tasse da parte del Vaticano.

La parentesi Tronca iniziò, al primo giorno del suo incarico, con una genuflessione del Commissario davanti a Francesco.

Riuscirà Virginia dove tutti gli altri hanno fallito (o non ci hanno proprio provato)? Sarebbe una vittoria della città e una vera affermazione della diversità del M5S rispetto alle altre forze politiche. Una novità assoluta che potrebbe farle guadagnare molti punti. E ne ha davvero bisogno!

 


 

La vignetta del 1924 è di Giuseppe Scalarini

 

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