Palazzo Rivaldi sarà restaurato: in arrivo 35 milioni dal Mibact

Lo storico edificio sui Fori Imperiali, in abbandono da 40 anni, diventerà scuola del Patrimonio dei Beni Culturali e spazio espositivo

Una buona notizia dopo cinque anni dalla nostra denuncia e 40 anni di oblio. Uno dei palazzi più maestosi e ricchi di storia dell’area adiacente ai Fori Imperiali tornerà a vivere. L’edificio intitolato al Cardinal Silvestri e alla famiglia Rivaldi mostra tutti i segni del tempo, i suoi cinque secoli di vita che non hanno visto praticamente nessun restauro dal 1975 ad oggi.

Il Mibact e il ministro Dario Franceschini lo hanno inserito nel piano “Grandi Progetti Beni Culturali” e hanno stanziato 35 milioni per realizzarvi una Scuola del Patrimonio del Ministero e uno spazio espositivo a pochi passi dal Colosseo. Un luogo strategico grazie all’affaccio sul Belvedere Cederna e la sua posizione sulla Collina Velia che separava i Fori dall’Anfiteatro Flavio. Insomma un posto unico al mondo, invidiato da archeologi e storici, che cade a pezzi per la solita incuria sui beni pubblici.

Oltre all’articolo che ne scrivemmo per questa rubrica su diarioromano, rilanciammo pochi mesi dopo con un altro approfondimento pubblicato sul sito Amatesponde. E da qui riprendiamo alcuni passaggi per ricostruire la storia pazzesca di questo palazzo.

 

Perché è come se fosse un tesoro incastonato nel parco dei Fori Imperiali a Roma che potrebbe raccontare storie incredibili. Quelle mura, quegli affreschi, quei soffitti intarsiati hanno ospitato cardinali, nobili, suore ma anche prostitute, sbandati, contestatori, artisti. Nei suoi cinque secoli di storia, Palazzo Silvestri Rivaldi è stato testimone d’eccezione di epoche irripetibili: dagli intrighi della corte di Papa Paolo III Farnese alla generazione bit dei musicisti indipendenti degli anni ’70.

Eppure sia il palazzo patrizio sia il giardino circostante sono abbandonati al degrado. Una ferita che l’Ipab Santa Maria in Acquiro, proprietario del complesso, non è riuscito a sanare.

Costruito nella prima metà del ‘500 su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane, il palazzo nasce come residenza di Eurialo Silvestri, ascoltato maestro di camera di Papa Paolo III. La bella sorella di Eurialo, Lola, fu amante del Papa e gli diede dei figli. Così il Pontefice concesse il privilegio alla famiglia Silvestri di costruire su un importante terreno, proprio accanto ai Fori. In segno di gratitudine, Eurialo chiamò ad abbellire la dimora gli stessi artisti che avevano decorato Palazzo Farnese. Nei secoli successivi, fu acquistato dal cardinale Rivaldi che ne fece un luogo di beneficenza, ospitando donne sventurate, orfani e ammalati.

Diventato convento, fu poi occupato – negli anni 70 del 900 – dai movimenti che lo trasformarono in quello che oggi chiameremmo “un centro sociale”. Renato Nicolini, usava dire che il “convento occupato” (come lo chiamavano i romani del rione) era l’unico spazio culturale della Roma democristiana. Sotto le volte affrescate, suonavano Tony Esposito, Franco Battiato, i Napoli Centrale con James Senese e si tenevano mostre e iniziative teatrali.

Poi il nulla, le porte vennero sbarrate e gli affreschi iniziarono a rovinarsi a causa delle infiltrazioni. Tutti i tentativi di ridare vita all’edificio caddero nel dimenticatoio. Perfino l’accorato appello di Antonio Cederna, nel 1992 in Consiglio Comunale, non ottenne risposta. Solo nel 2007, l’allora Sindaco Veltroni annunciò lo stanziamento di 11 milioni per trasferire qui la collezione Torlonia. Ma l’arrivo di Alemanno, poco dopo, bloccò quel progetto. E da allora Palazzo Rivaldi è stato dimenticato.

Fino alla novità di queste ore e all’annuncio del Ministro Franceschini. La strada per l’avvio dei lavori è ancora in salita, ma seguiremo la vicenda e terremo informati i lettori di “Città in Rovina”.

 

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Contro la malamovida invece ci si affida all’amico Frank.

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D’altronde chi dovrebbe dargli le direttive (@gualtierieurope) non ha neanche chiari i compiti degli agenti.

Non siamo sicuri che @MercurioPsi non abbia doti divinatorie, ma se già a gennaio aveva ipotizzato la chiusura totale delle due l’una: o in #ATAC non hanno il controllo di quello che fanno, oppure tengono all’oscuro fino all’ultimo gli utenti dei loro piani.
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