Morirono su un cartellone nel 2011. Ecco perché il dirigente comunale dell’epoca non merita il processo

 

Francesco Paciello

Il Corriere della Sera ha dato notizia pochi giorni fa della richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dottor Francesco Paciello, ex direttore dell’Ufficio Affissioni e Pubblicità del Comune di Roma. La vicenda si riferisce alla tragica morte di due giovani provocata, nel 2011, da un cartellone irregolare posizionato su uno spartitraffico della via Tuscolana.

Si tratta di una antica ferita per chi, come noi, lottava e ancora si impegna per un settore della pubblicità esterna più sicuro, ordinato e decoroso. Avevamo raccolto oltre 10 mila firme per una delibera di iniziativa popolare che riformasse il settore ed eravamo nel pieno della nostra battaglia quando giunse la notizia dell’incidente. Enis Kraja, 30 anni e la sua fidanzata Iana Dogot, 29, erano a bordo di un ciclomotore che si schiantò contro una plancia pubblicitaria in ferro i cui spigoli debordavano sulla strada.

 

All’epoca Roma era invasa da impianti abusivi o irregolari: sulle strade se ne contavano a migliaia e avevano provocato numerosi incidenti. Quelle morti diedero un improvviso impulso alla delibera popolare che venne discussa in Consiglio Comunale pochi giorni dopo, non riuscendo ad essere approvata. La giunta di centro-destra, guidata da Alemanno, annaspava travolta essa stessa dal caos che aveva provocato. L’allora capogruppo del PDL, Luca Gramazio, ci convocò nel suo ufficio promettendo un ordine del giorno col quale la maggioranza si sarebbe impegnata a portare a dama una riforma entro i successivi sei mesi.

Sono trascorsi 9 anni da allora. Gramazio fu arrestato e condannato a 8 anni e 8 mesi nel processo “Mondo di Mezzo”, e quella riforma non è ancora entrata in vigore. Ma questa è un’altra storia!

Torniamo all’incidente e alle sue conseguenze: come comitato promotore della Delibera prima e come associazione Bastacartelloni poi, cercammo di capire meglio cosa fosse successo e perché quella plancia era posizionata su uno spartitraffico così piccolo, contro ogni normativa. Ed è quello che ancora oggi è oggetto dell’indagine del Pubblico Ministero Luigia Spinelli.

Gettare la croce sul dirigente dell’ufficio dell’epoca è troppo facile e non corretto. Gli avvocati delle due vittime cercano giustizia e questo è comprensibile, ma chi aveva quella responsabilità amministrativa era a sua volta vittima di pressioni politiche molto forti. In quegli anni, l’amministrazione era convinta che migliaia di cartelloni in più sulle strade non avrebbero creato problemi alla città (ricordate la frase “c’è spazio per tutti” dell’assessore Bordoni?). Il fenomeno cartellopoli, insomma, era tutto politico e pure noi impiegammo del tempo a capirlo. In un primo momento sferrammo duri attacchi al dirigente e agli altri funzionari, convinti che fossero in qualche modo corresponsabili del caos. Ma con i mesi ci accorgemmo che gli uffici avevano rappresentato un argine e che anzi il loro operato era l’unico momento di legalità in un contesto fatto di connivenze e opacità.

2013: la vice-sindaco Belviso che si fa pubblicità su cartelli irregolari Pes

 

La Pes era una ditta che operava con pochi scrupoli. Aveva installato le sue plance in strada nonostante la normativa consentisse quel tipo di impianto solo per aree chiuse al traffico veicolare (stazioni, aeroporti, isole pedonali).

Alla fine del 2011, un informatore anonimo ci consegnò dei documenti importanti. Non li pubblicammo su bastacartelloni.it perché il nostro consulente legale ci bloccò, nel timore che potessero creare problemi all’associazione. Oggi, a distanza di così tanto tempo, abbiamo deciso invece di mostrarli ai nostri lettori.

Il 22 settembre del 2010, il GSSU dei Vigili Urbani inviò al dirigente Francesco Paciello la lettera che vedete qui sotto con la quale indicava, senza troppi giri di parole che quel tipo di plancia era fuori norma (“spigoli vivi e pericolosi, altezza del sostegno inferiore ai 60 cm).

 

Il 12 ottobre del 2010, quindi pochi giorni dopo, il dirigente Francesco Paciello intimava alla ditta Pes la rimozione dei propri cartelloni di quella tipologia perché dichiarati pericolosi. La lettera che vedete qui sotto ne è la prova con il relativo protocollo.

 

La ditta non procedette alla rimozione tanto è vero che ad oggi risultano indagati, con richiesta di rinvio a giudizio, anche Vincenzo Frustaci e Salvatore Accetta, amministratori delegati della Pes. Addirittura nel 2012, dopo aver provocato un incidente mortale, cartelli simili vennero installati in altre zone di Roma, a dimostrazione che quest’azienda (come molte altre) non rispettava alcuna ordinanza e faceva il proprio comodo come se fosse a casa propria.

Una plancia comparsa sulla via Tiburtina nel 2012

 

Via Cerveteri

Pes dichiarò fallimento nel 2014 dopo aver tentato in extremis di salvare i propri conti. Nell’agosto di quell’anno, per risparmiare sul Cip (il canone che spetta al Campidoglio per chi ha impianti sul territorio), arrivò ad auto-oscurare i propri cartelloni, coprendoli con un manifesto azzurro.

Cartelloni Pes oscurati

 

Dopo il fallimento, le plance pericolose furono tutte rimosse.

Senza voler assumere la difesa del dirigente Paciello che avrà incaricato avvocati veri e sicuramente molto più competenti di noi, appare evidente che egli non abbia responsabilità. Più di intimare alla ditta di ritirarli, poteva fare poco. Avrebbe dovuto disporre la rimozione forzata? Forse. Ma all’epoca il Campidoglio non disponeva delle somme necessarie per anticipare le spese in danno del concessionario proprio perché la politica aveva spostato su altre poste di bilancio i magri fondi che riusciva ad incassare dai canoni di iniziativa pubblicitaria.

C’è poi da aggiungere la prescrizione: i termini sono decorsi, essendo ormai passati quasi otto anni dall’incidente e la nuova denuncia presentata nel 2015 da un’associazione di vittime della strada non ha interrotto la prescrizione. Dunque, anche in caso di rinvio a giudizio, è impossibile una condanna sia per il dottor Paciello sia per i due amministratori della Pes. Sono costoro, in realtà, che dovrebbero essere riconosciuti responsabili per non aver ottemperato alle indicazioni del Campidoglio e aver installato cartelli fuori norma. Ma, come abbiamo sempre temuto, quel tragico periodo si chiuderà senza che nessuno paghi per i danni commessi. Per cui trovare nel dirigente comunale il capro espiatorio è davvero ingiusto.

Un’ultima considerazione per chi ha avuto il coraggio di leggere questo articolo troppo lungo: Roma oggi è notevolmente più ordinata grazie alla rimozione di migliaia e migliaia di impianti irregolari. Furono una serie di delibere volute dall’assessore della giunta Marino, Marta Leonori, a fare pulizia. E fu sempre quella giunta a volere l’approvazione del Prip (il Piano Regolatore degli Impianti Pubblicitari) e del nuovo Regolamento sulla Pubblicità. L’amministrazione Raggi, in tre anni di governo, non è riuscita a mandare a regime quei provvedimenti.
Anche questa è una responsabilità politica che va sempre ricordata e sottolineata.

 

 

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