Lavoro: sempre più giovani lasciano il sud e a Roma cresce chi non cerca occupazione

Il cosiddetto "de-giovanimento" porterà il meridione ad avere il 30% di ultrasettantenni nel 2061. Nella capitale i Neet (che non studiano e non lavorano) sono 73mila

Dopo i lockdown Covid, sempre più ragazzi e ragazze si sono sentiti persi, spiazzati. Molti di loro hanno smesso di studiare e cercare un lavoro, in attesa di orientarsi in un mondo nel quale si muovono a fatica. Vengono definiti Neet, un acronimo inglese che sta per Not Employment, Education or Training, cioè non impegnati nella ricerca di un’occupazione o negli studi.
I dati Acli mostrano un incremento di giovani Neet a Roma dell’80% in un anno. Erano 41.000 a inizio 2022 e sono diventati 73.000 nel 2023.

Per questo l’Associazione Cristiana dei Lavoratori della capitale, ha organizzato mercoledì scorso il Labor-dì, un incontro tra aziende, esperti e giovani per simulare colloqui, per approfondimenti e seminari. All’Auditorium della Tecnica, 1.200 giovani si sono confrontati con 45 enti e aziende nel tentativo di definire meglio un percorso di studio o di lavoro. Ma il fenomeno degli inoccupati che si sentono esclusi è sempre più pesante non solo per motivi sociali ma anche economici. Questi ragazzi e queste ragazze non contribuiranno al sistema previdenziale, non avranno la possibilità di avere un reddito proprio, continuando a gravare sui genitori e i nonni che a loro volta vedono erodere il proprio potere d’acquisto e di reddito. La quota in Italia è altissima: in Europa siamo secondi solo alla Turchia, secondo l’Ocse, con Roma che registra dati allarmanti e il sud in generale che ha un divario enorme dal resto del continente.

Il mezzogiorno è caratterizzato poi da un altro grave fenomeno e cioè l’abbandono dei territori. A questo proposito, ospitiamo qui di seguito l”interessante intervento di Salvatore Ferraù, studioso e co-fondatore di Sud Zes Consulting che ha inviato a diarioromano un’analisi critica sulla situazione giovanile e sulla ZES Unica.

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di Salvatore Ferraù

I dati degli ultimi vent’anni rivelano un quadro allarmante, con una crescente problematica giovanile che richiede un punto di svolta cruciale. La centralità dei giovani nelle politiche nazionali
e comunitarie, specialmente nel Mezzogiorno, sottolinea la necessità di affrontare fattori di svantaggio demografico e generazionale che minacciano lo sviluppo di questa regione già in difficoltà.
Tra il 2002 e il 2021, 808.000 giovani sotto i 35 anni hanno abbandonato il Mezzogiorno, di cui 263.000 laureati. Le stime dell’ISTAT indicano una preoccupante perdita demografica nel lungo periodo, con gli ultrasettantenni che costituiranno il 30,7% della popolazione meridionale nel 2061, rispetto al 18,5% nel centro nord. Il fenomeno, denominato “de-giovanimento”, riflette un’erosione progressiva delle nuove generazioni a causa della denatalità e di un flusso migratorio significativo.

La carenza di opportunità lavorative stabili, in particolare per i millennials, peggiora ulteriormente la situazione. I dati evidenziano una diminuzione del tasso di attività e occupazione, insieme a un elevato tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno. La crescente incertezza nella transizione lavorativa influisce negativamente sulla qualità della vita dei giovani meridionali, con oltre il 50%
insoddisfatto della situazione economica e un terzo che la considera peggiorata. Uno su cinque si sente insicuro riguardo al proprio futuro. In questo contesto di deterioramento progressivo, è cruciale intervenire per invertire il trend. L’integrazione tra settore pubblico e privato, coinvolgendo tutti i settori dell’economia italiana, è essenziale. Il recupero del patrimonio esistente è fondamentale per creare valore e assorbire almeno una parte dei laureati disoccupati.

ZES: creare un modello vincente. La proposta della Zona Economica Speciale Unica (ZES Unica) per il Mezzogiorno, che inizierà il 1° gennaio 2024, offre opportunità fiscali e amministrative alle imprese. La sfida è duplice: superare le inefficienze delle zone speciali precedenti e costruire un modello efficace per concretizzare i benefici. Tuttavia, il successo richiede non solo condizioni politiche adeguate ma anche un coinvolgimento attivo della comunità meridionale, che per troppo tempo è stata discriminata economicamente. È essenziale un cambiamento mentale, un impegno interno e la mobilitazione degli attori locali per valorizzare appieno il territorio ricco di bellezza e potenzialità finora inutilizzate al 100%.

 

 

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