L’Associazione Mare Libero sul bando per gli stabilimenti ad Ostia

Sul bando per gli stabilimenti balneari abbiamo chiesto il parere dell'Associazione Mare Libero, scoprendo non poche ombre. Intanto il Comune mette altre 9 concessioni a gara e i titolari fanno ricorso

Il giorno di Natale abbiamo ripreso la notizia della decisione da parte del Campidoglio di mettere a bando 37 concessioni balneari di Ostia.

In questo modo l’amministrazione capitolina sceglie di non avvalersi della proroga stabilita dal governo nazionale per tutte le concessioni dei balneari, quella che le avrebbe portate fino al 2033 ma rischiando così una procedura d’infrazione europea ed una multa di 1,5 miliardi di euro.

Nel nostro articolo plaudivamo a questa decisione dell’amministrazione Raggi, augurandoci che essa fosse stata ben ponderata e soprattutto ben preparata per resistere alle battaglie legali che senz’altro gli attuali titolari delle concessioni metteranno in campo.

 

Per avere un parere più informato e autorevole sulla questione ci siamo rivolti all’Associazione Mare Libero, un sodalizio che da sempre si occupa del tema delle spiagge e che tra l’altro ha avuto un ruolo diretto nell’ultima decisione dell’amministrazione capitolina.

Quello che segue è il contributo che ci hanno fatto avere a fine dicembre.

 

 

ROMA È IL PRIMO COMUNE IN ITALIA A DISAPPLICARE LA PROROGA ILLEGITTIMA DELLE CONCESSIONI BALNEARI: 37 I NUOVI BANDI DEGLI STABILIMENTI

Nel luglio scorso, il Coordinamento Nazionale Mare Libero ha presentato al Comune una richiesta formale per ottenere la messa a bando delle concessioni balneari di Roma Capitale, in quanto interessato a partecipare alla gara per l’assegnazione di uno stabilimento.
Lo scopo dell’azione non era tanto l’ottenimento effettivo della gestione di un’attività balneare, quanto la volontà, manifestata contestualmente alla richiesta, di procedere con un ricorso al TAR in caso di riscontro negativo da parte dell’amministrazione.
Infatti, con il recente Decreto Rilancio, è stata confermata la proroga delle concessioni fino al 2033, già prevista dalla legge di bilancio 2019 e dichiarata non conforme all’ordinamento europeo dal Consiglio di Stato nel novembre 2019, con una sentenza storica che ha ripreso la pronuncia del 2016 della Corte di Giustizia Europea secondo cui la Direttiva cd Bolkestein osta a misure nazionali che prevedono il rinnovo automatico.

Per ovviare all’eventualità, piuttosto certa, di una pronuncia del tribunale amministrativo che avrebbe sancito l’illegittimità di una proroga, con annesse probabili conseguenze di carattere erariale ai danni dei funzionari, il Comune di Roma, rifacendosi ad un parere emesso dall’Avvocatura Capitolina l’11 dicembre 2019, ha indetto il bando per l’assegnazione di 37 concessioni di altrettanti stabilimenti, ovvero la quasi totalità di quelli già illegittimamente prorogati fino al 31 dicembre 2020.

Si tratta di uno straordinario successo, in quanto Roma diventa così il primo comune italiano a dare disapplicazione piena alla proroga, indicendo un bando pubblico per procedere a nuove assegnazioni.
Questo fatto rappresenta una novità assoluta e positiva, perché si sancisce una volta per tutte che il mare, almeno quello della Capitale d’Italia, non è più una proprietà privata.

Se non si vuole scadere in un banale confronto tra tifosi, che vede da un lato chi sostiene a spada tratta questo innovativo provvedimento e chi, al contrario, lo critica in maniera sterile, strumentale e asettica, è necessario scendere nel merito di quanto previsto dal bando.
Ferma restando la positivissima innovazione sopra accennata, si intende in questa sede individuare alcuni aspetti particolarmente critici presenti nella scrittura, che ne potrebbero limitare, se non addirittura compromettere, la carica innovativa.

Le concessioni saranno rilasciate per una sola stagione

La prima perplessità sorge dalla constatazione del fatto, apparentemente inspiegabile, che la durata delle concessioni rilasciate sarà di appena 5 mesi: dal 1 maggio al 30 settembre 2020.
Questo fatto, in sé rappresenta un elemento particolarmente critico, in quanto rende sostanzialmente impossibile a nuovi operatori l’ingresso in un’attività sulla quale investire tempo e risorse, per di più in un quadro turistico incerto legato all’emergenza COVID19, per vedersela sottratta dopo appena pochi mesi di gestione. Ciò avvantaggia indubbiamente ed inequivocabilmente i concessionari uscenti, che sarebbero, all’atto pratico, gli unici interessati ad intraprendere un’attività economica che è in perfetta continuità con quella fin qui condotta.
Le ragioni a supporto di questa scelta amministrativa, fornite su Repubblica dal Consigliere Capitolino di maggioranza Paolo Ferrara, deriverebbero dall’applicazione della Legge Regionale n.8 del 2015, la quale stabilisce che non si possano rilasciare concessioni di durata superiore ad un anno nel caso in cui nel territorio di competenza del comune non sia presente almeno il 50% di spiagge libere.
Per ovviare, sarebbe stato sufficiente adibire una parte delle 37 concessioni alla libera fruizione, in modo tale da raggiungere la quota minima prevista per legge, e indire bandi a più lunga durata (e quindi più allettanti per nuovi potenziali gestori) per gli stabilimenti rimamenti.
In realtà, il bando si appella alla legge Regionale n.13/2007 (che invero sarebbe superata dalla successiva L.8/2015), secondo cui il rilascio di concessioni di durata superiore ad un anno è subordinato all’approvazione di un Piano di Utilizzo degli Arenili comunale; e però, incontestabilmente, la competenza per l’emanazione di tale Piano è in capo chiaramente al Comune stesso, il quale in 4 anni e mezzo di amministrazione non è tuttavia riuscito ad approvarlo, nonostante una bozza di testo pressoché definitivo fosse già stata lasciata in eredità alla sindaca dalla precedente amministrazione commissariale del Municipio X.
Per concludere, questo bando rischia di tramutarsi in una conservazione dello status quo che, se da un lato dura un solo anno, seppur rinnovabile per altri 3 nel caso in cui il Piano di Utilizzo non fosse ancora approvato, a differenza della proroga di 13 anni prevista dalla legge, dall’altro raggiunge questo obiettivo senza alcun apparente elemento di illegittimità, ponendo i concessionari, paradossalmente, in una posizione di maggiore sicurezza rispetto a quanto sarebbe avvenuto con l’applicazione di una proroga in aperto contrasto con il diritto europeo.

Sono esclusi dalla partecipazione solo i concessionari a cui sia stata imputata una condotta illegittima in via definitiva

Il punto forse più problematico dell’intero impianto del bando, necessita di particolare attenzione, in quanto la sua problematicità si annida tra i non detti del testo, le lacune amministrative fin qui operate, e soprattutto rischia seriamente di sostanziarsi nella declinazione pratica di quanto stabilito.
Intanto è preclusa la partecipazione alla gara ai concessionari uscenti che abbiano operato condotte illegittime, purché tali condotte siano accertate in via definitiva, ad esempio da un atto amministrativo, o da una sentenza. In assenza di tale accertamento, il concessionario che ha commesso abusi, violazioni del diritto del lavoro, dei diritti di accesso e visibilità, e molto altro, è posto di fronte alla concreta possibilità di poter continuare ad esercitare indisturbato. Inutile dire che, ovviamente, non esistono accertamenti definitivi di alcuna violazione: stando a quanto accertato, sul Litorale di Roma non esistono muri, abusi, non esistono lavoratori irregolari, non ci sono cancelli chiusi, e così via.
Non solo: nelle nuove concessioni le strutture sono affidate al nuovo concessionario (che probabilmente sarà l’uscente), anche se sono soggette ad accertamento circa la loro regolarità. Ciò significa che, a differenza delle concessioni attuali, sui cui titoli alcune strutture sono assenti, sulle nuove concessioni, le strutture realizzate nel frattempo sono previste, riconosciute e affidate alla nuova gestione, che potrà utilizzarle e renderle produttive mentre vanno avanti gli accertamenti il cui esito è del tutto incerto; per giunta, stando a ciò che abbiamo rilevato dalla lettura di alcuni allegati, su tali strutture il concessionario non pagherebbe neanche il canone. In sostanza, il concessionario, se in qualche modo riesce a salvarsi per quanto di irregolare realizzato durante la precedente gestione, vedrà di fatto sanate le nuove costruzioni.
Tutto questo in un contesto che già in passato, come dimostrato da diverse sentenze, ha dato spazio a fenomeni di carattere corruttivo, che si sono sviluppati anche nei rapporti tra imprenditori balneari e amministrazione municipale. Alle indagini, tuttavia, non ha fatto seguito un pieno processo di rinnovamento, e anche il dibattito pubblico ha prestato poca attenzione ai fatti provati dalle carte giudiziarie. Quali strumenti avrebbe la cittadinanza per assicurarsi che, per giustificare la presenza di nuove opere, non siano fatti emergere dalle nebbie atti autorizzativi di dubbia legittimità?
D’altronde, le planimetrie rilasciate negli atti 2000 sono scomparse in un incendio, e prontamente sostituite da altre più aggiornate, nel 2013.
Un esempio fra tutti.
Come più volte denunciato dall’Associazione Mare Libero con esposti in procura, manifestazioni pubbliche e trasmissioni televisive, lo stabilimento Battistini occupa attualmente abusivamente circa 7.500mq in più rispetto al titolo concessorio vigente.
Questa occupazione abusiva, ovviamente, non è accertata in via definitiva, e non può essere pertanto motivo di esclusione in capo a chi ha commesso tale grave reato.
Nella nuova concessione, quei 7.500mq diventeranno parte integrante dello stabilimento, ponendo fine, d’ora in poi, al carattere abusivo dell’occupazione demaniale.
Stando così le cose, chi si occuperà di contestare al concessionario il reato compiuto negli ultimi decenni, se da eventuali accertamenti, da oggi quell’occupazione risulterà perfettamente regolare?
Ecco il secondo problema: nella sua applicazione, nella realtà, questo bando rischia di tradursi in una vera e propria sanatoria.

Non è imposto nessun abbattimento

Al netto di quanto già detto, in ogni caso, non è previsto nessun tipo di abbatimento. Nulla di nulla. Anzi, il bando timidamente apre alla realizzazione di nuove opere, sebbene subordinandola all’approvazione del relativo progetto da parte del Municipio.
C’è da sottolineare, inoltre, che la rimozione di cancelli, inferriate, recinzioni, quelle per capirci che danno vita al famoso lungomuro, sebbene esse siano perentoriamente vietate dalla normativa, non è assolutamente imposta al nuovo concessionario, ma costituisce semplicemente un elemento premiale, conferendo un punteggio aggiuntivo a chi prevedesse di rimuoverle.
Quindi. Io concessionario realizzo recinzioni abusive; nessuno mi punisce per questo, né mi impone di rimuoverle. Anzi. Se partecipo alla gara per ottenere di nuovo la concessione, vengo addirittura premiato con un punteggio ulteriore, se nel progetto indico la volontà di rimuoverle. La rimozione diventa un premio e non una sanzione.

 

In conclusione, se questo bando non produrrà gli effetti sperati, la responsabilità è in parte da attribuire all’amministrazione capitolina, ma non esclusivamente: il vulnus normativo nazionale e l’incapacità del governo di fornire soluzioni realmente risolutive, la condotta dell’Agenzia del Demanio, tesa più a salvaguardare il patrimonio edilizio che a garantire una bassa pressione antropica sulle spiagge, sono elementi oggettivamente ingombranti, che complicano enormemente il quadro.

Nonostante le dovute sottolineature, resta indiscusso il valore enorme della procedura concorrenziale che, come detto in precedenza, pone fine ad un regime monopolistico di proprietà di fatto su demanio marittimo, facendo ad ogni modo traballare le certezze dei concessionari uscenti.
Spetterà alla prossima amministrazione, quella che vincerà le elezioni del 2021, decidere cosa succederà dopo il 30 settembre, quando queste nuove concessioni saranno scadute.

 

 

Dalle spiegazioni dell’Associazione Mare Libero capiamo che non sono poche le magagne insite nel bando deciso dall’amministrazione capitolina e come esso possa addirittura rivelarsi una sorta di condono per abusi anche gravi.

Da segnalare che il Campidoglio il 4 gennaio scorso ha varato un provvedimento simile a quello del 23 dicembre per mettere a bando altre nove concessioni balneari. Inoltre si ha notizia che i 37 concessionari che sono interessati dal bando del 23 dicembre stiano per presentare altrettanti ricorsi contro il bando stesso.

 

La netta impressione è che anziché andare verso una soluzione della questione “concessioni balneari” ci si stia incartando sempre di più, a causa soprattutto dell’assurda proroga decisa dal governo nazionale ma anche del molto discutibile bando predisposto dal Campidoglio.

Cercheremo comunque di seguire l’evolversi della storia.

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Una risposta

  1. In pratica, un bando fatto male come da tradizione 5stelle. La mia impressione è che sia stato volutamente fatto male in modo che, tra errori e ricorsi, non se ne farà nulla ma potranno comunque dire che lo hanno fatto, e questo, agli occhi dei seguaci, è sufficiente. Contenti loro.

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