La campagna per la sicurezza pedonale? Un segnale, che ha bisogno di fatti

Dal Movimento Diritti dei Pedoni un contributo in risposta alle recenti dichiarazioni dell'assessore Patanè sulla sicurezza stradale.

Nella puntata del 1 febbraio scorso della trasmissione “Roma di Sera”, condotta da Andrea Bozzi e in onda su “Radio Roma” al canale 14 del digitale terrestre, intervenimmo ad interloquire con l’assessore Eugenio Patanè sul tema della sicurezza stradale in occasione lancio dell’ultima campagna di comunicazione da parte dell’amministrazione capitolina (registrazione della puntata disponibile a questo link, con intervento nostro e dell’assessore dal minuto 5:45).

In relazione alle dichiarazioni dell’assessore abbiamo ricevuto un contributo da parte di Francesca Chiodi, presidente del Movimento Diritti dei Pedoni, che volentieri pubblichiamo.

 

Con riferimento all’ultima iniziativa comunicativa del Campidoglio, a noi come Associazione è molto chiaro che, come detto da Diarioromano nell’intervista a Roma di Sera, questa campagna è un segnale di attenzione dell’amministrazione sul gravissimo problema di sicurezza pedonale in città. E ha il merito di alzare il livello di attenzione sul comportamento dei conducenti nei pressi delle strisce pedonali.
Ma, perché tale campagna sia prima di tutto credibile (ed efficace), devono esserci anche altri segnali da parte dell’amministrazione.
1) La manutenzione della segnaletica orizzontale. Giusto sensibilizzare i conducenti, ma molti attraversamenti pedonali a Roma non sono visibili. In moltissime strade vi sono strisce realizzate con vernice spray sull’asfalto, che notoriamente ha una durata di pochi mesi, molto meno rispetto alla vernice bicomponente, che crea uno strato rilevato con maggiore resistenza all’abrasione.
Un esempio? Nel quartiere Testaccio (foto seguenti di Stefano Piattelli) alcune strisce sono per metà perfettamente visibili e per metà sbiadite. Peccato che la parte sbiadita sia…proprio quella più recente, realizzata in vernice spray.
La visibilità delle strisce può fare la differenza tra la vita e la morte di una persona. Verificare come sono realizzate dovrebbe essere interesse di chi amministra, in una città che ha contato 43 morti in un anno tra i pedoni.
2) Roma deve dotarsi di infrastrutture di “traffic calming” efficaci, come isole salvagente, attraversamenti pedonali rialzati, “lane diet”, estensioni dei marciapiedi agli incroci. Roma è indietro di decenni rispetto ad altre città d’Europa, ma anche del Lazio. Città come Ciampino e Pomezia usano con confidenza molti di questi strumenti.
In una recente intervista, l’Assessore alla Mobilità Patanè ha definito gli attraversamenti pedonali rialzati come delle “mode”. Se ne parla molto, certo, forse per via della mole di studi internazionali, che indica il dimezzamento di decessi e collisioni stradali. E anche perché obbligano a fare qualcosa di inedito su Roma: incoraggiare fisicamente i conducenti a rispettare il Codice della Strada.
Patanè inoltre ha accomunato i dossi agli attraversamenti rialzati, ma le misure sono normativamente (circolare 3698/2001 del Ministero dei Lavori Pubblici) e tecnicamente (Lineeguida ACI) diverse.
Gli attraversamenti rialzati sono strumenti di sicurezza importanti e con accorgimenti tecnici (ad esempio aumentarne la lunghezza: “speed tables”) non sono affatto vietati dove transitano trasporto pubblico e mezzi di soccorso, ma solo in strade a scorrimento veloce, con limiti superiori ai 50 km/h, e in prossimità degli ospedali. Invitiamo l’Assessore ad aggiornarsi e a non cadere in queste semplificazioni.
3) Una forte iniziativa di dissuasione della velocità inappropriata ed eccessiva, causa prima delle collisioni stradali e della gravità dei danni, e controlli della Polizia Locale.
Lo sappiamo, a Roma il Codice della Strada viene violato regolarmente, e non come eccezione.
L’amministrazione è nei fatti responsabile della pubblica sicurezza e ci auguriamo che presto cambi il ritmo dell’approccio al problema. Servono analisi informate, controlli e un ridisegno delle strade per le persone, dove il diritto alla velocitá non vale più del diritto alla sicurezza.
L’infrastruttura fa Cultura. E la comunicazione, da sola, non tiene in piedi la sicurezza dei cittadini. 

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