La Chiesa getta i rifiuti ma la Tari la pagano i romani

Un emendamento PD nel decreto fiscale esenta tutti i palazzi vaticani dalla tassa sull'immondizia. Solo 6 mesi fa la Cassazione aveva ordinato alla Santa Sede di saldare gli arretrati

 

Università, case per il clero, basiliche, uffici vaticani possono produrre rifiuti senza limiti, tanto loro la Tari non la pagheranno più. Il regalo di Natale per centinaia di immobili dislocati nel territorio romano è arrivato dal senatore Pd, Luciano D’Alfonso, che ha presentato un emendamento al dl sul fisco che esenta la grande maggioranza degli edifici vaticani dalla tassa sull’immondizia. 

In Commissione Finanze del Senato l’emendamento è passato senza troppo rumore e adesso sarà approvato a Palazzo Madama dove il testo sarà blindato con la questione di fiducia. E così mentre migliaia di piccole e medie aziende della nostra città fanno i conti con una Tari sempre più salata a fronte di un servizio pessimo, i beni che fanno capo alla Chiesa godranno di questo ennesimo privilegio insensato.

Non si tratta di pochi immobili, magari destinati ad opere caritatevoli, perché nell’elenco figurano sedi apostoliche che ospitano centinaia di impiegati, uffici e studenti. Il Palazzo della Dataria, il palazzo della Cancelleria, Palazzo Propaganda Fide, Palazzo Sant’Apollinare, Palazzo San Callisto.

E poi, la Casa per il Clero di Santi Giovanni e Paolo, il Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo, l’Università Gregoriana, l’Istituto Biblico, l’Istituto Orientale e Archeologico, il Collegio Lombardo. Ovviamente esenti anche le basiliche maggiori, San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le Mura, Santa Maria Maggiore oltre alle chiese di Sant’Andrea della Valle e di San Carlo ai Catinari.

 

La questione parte da lontano, in particolare dal 2005 quando il Pontificio Istituto Biblico si vide recapitare una cartella esattoriale da 70 mila euro per non aver pagato la Tassa sui rifiuti. La Santa Sede fece opposizione sostenendo di non dover pagare allo Stato italiano e tanto meno al Comune di Roma alcun tributo in quanto così previsto nell’articolo 16 dei Patti Lateranensi del 1929.

Dopo un lungo iter giudiziario, fatto di sentenze della commissione tributaria e ricorsi vari, proprio nel 2021 il Vaticano è uscito sconfitto perché la Corte di Cassazione ha stabilito che l’esenzione prevista nei Patti Lateranensi può essere applicata solo a “imposte che gravano sui redditi da immobili ma non per il corrispettivo di un servizio”.

In sostanza i giudici della suprema Corte hanno precisato che il Vaticano può NON versare imposte su redditi prodotti dagli immobili (per esempio da locazioni) ma se usufruisce di un servizio pubblico come il ritiro dell’immondizia, allora le tasse sono DOVUTE.

Ma ecco intervenire l’emendamento salva casse vaticane e sfascia casse Ama. Trascurando totalmente l’orientamento della giurisprudenza, il Partito Democratico si è fatto paladino dei rappresentanti della Santa Sede e li ha esentati da ogni tassa futura sui rifiuti. Solo futura, intendiamoci, perché per il passato non ha potuto fare granché e anzi ha dovuto inserire nell’emendamento una precisazione secondo cui “tale disposizione non si applica ai rapporti definiti con sentenza passata in giudicato”. Insomma l’Istituto Biblico i 70 mila euro li dovrà versare ma per il futuro tutto gratis, o meglio tutto a spese dei romani.

Se solo l’Istituto Universitario che ha sede in piazza della Pilotta doveva 70 mila euro per un anno, si può calcolare a quanto ammonti lo sconto per tutte le altre proprietà. Si parla di qualche milione di euro anche se una cifra definita non c’è. L’Università Gregoriana da sola sarebbe debitrice di 566 mila euro per Tari non versate.

C’è poi il tema dell’Imu che la Chiesa ha pagato poco o nulla, sebbene una sentenza della Corte di Giustizia Europea avesse ordinato all’Italia di incassare questo tributo. Anche qui la cifra è discussa. Si parla solo per il Comune di Roma di 40 o 50 milioni di mancati incassi l’anno che aggiunti al nuovo regalo sulla Tari costituiscono un vero privilegio che non trova spiegazione se non nel volersi ingraziare i favori del clero e garantire i voti cattolici.

 

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