A leggere il Messaggero la tramvia che dovrebbe unire il Vaticano con Termini è definitivamente archiviata. A sentire invece l’assessore ai Trasporti, Eugenio Patané, i cantieri partiranno presto. Se da una parte il quotidiano romano si è distinto per una campagna scomposta contro il tram, dall’altra non si può dire che il Campidoglio abbia avuto un atteggiamento di chiarezza e trasparenza.
L’ultima, in ordine di tempo, riguarda il processo di partecipazione cioè la fase di ascolto di cittadini, commercianti e associazioni che dovrebbe essere assai rilevante su un’opera così divisiva. Ieri, partecipando alla commissione Pnrr presieduta da Giovanni Caudo, l’assessore ha annunciato di aver nominato Claudio Cipollini come coordinatore del dibattito pubblico sulla Tva. “Speriamo di finire (il dibattito) entro gennaio – ha detto Patané – e ottenere un documento finale come chiesto dal consiglio comunale“. Dunque – dopo mesi di polemiche e articoli di stampa – solo ora viene avviato un processo di ascolto.
Nello stesso tempo, però, la gara per la realizzazione dell’opera sarebbe in corso di aggiudicazione. E’ una questione di ore secondo il Campidoglio, dato che l’Anac ha dato il via libera. L’autorità anticorruzione, infatti, aveva in un primo tempo chiesto lo stop in attesa di chiarimenti e solo ora avrebbe concesso il benestare. L’aggiudicazione al consorzio composto da De Santis Costruzioni/Systra Sotecni non avrebbe più ostacoli e i lavori potrebbero iniziare in fretta.
E qui sorge il primo quesito. Se la gara è stata aggiudicata, significa che un progetto definitivo è pronto e che manca solo quello esecutivo. Dunque a cosa serve ascoltare adesso i cittadini se il progetto è stato già redatto e su quello si è bandito un concorso? Sembra più una beffa che una reale esigenza di partecipazione. Un contrasto stridente con quanto avviene in altre città europee dove la cittadinanza ha totale voce in capitolo. A Nizza, per fare l’esempio di una città dove si è realizzato un tram molto più impattante della Tva (ma anche molto più bello ed efficiente), i residenti delle zone interessate ai cantieri e all’attraversamento sono stati raggiunti da lettere del Comune con questionari che chiedevano i pareri più disparati. Si sono tenuti dibattiti di zona e a livello cittadino, sono stati coinvolti i commercianti e solo dopo si è predisposto il progetto e preparato il bando. A Roma si sta facendo tutto il contrario e – con una gara praticamente già aggiudicata – si decide di avviare 4/5 riunioni coordinate tra l’altro da una persona di ottimo livello, come Cipollini, ma che è comunque un sostenitore accanito della Tva.
Altra questione poco chiara riguarda i finanziamenti. I fondi che erano stati destinati al tram Tva sono adesso stati spostati sulla meno contestata tramvia Togliatti. Patané definisce questo spostamento come “rimodulazione” e assicura che non cambierà la sostanza anzi – data la scadenza di dicembre 2024 per il Giubileo – afferma che “ci sono i tempi per cominciare i cantieri prima di questa data“. Frase che può essere letta in due modi: il primo secondo cui i cantieri iniziano entro la fine del 2024 e dunque proseguono in pieno Anno Santo (sarebbe poco sensato). Il secondo è che parte della tramvia potrebbe essere pronta entro il 2024 (utopia pura). Insomma in qualunque modo la si metta, questa storia fa acqua da tutte le parti. Un tram che piace solo ad alcuni e che ha oggettive criticità andrebbe valutato a fondo e non fatto digerire per forza.
Ci sarebbero tante altre contraddizioni come quella sollevata dal consigliere della Lega, Fabrizio Santori: si stanno rifacendo tutti i sampietrini su viale Luigi Einaudi e proprio lì dovrà passare il tram e quindi si dovranno smontare di nuovo!
Il Messaggero, nei suoi articoli sulla Tva, ha ripetuto all’infinito la frase sulla “lobby tranviaria della sinistra” che a noi sembra davvero una frase senza senso e che andrebbe spiegata meglio. Ha tirato fuori testimonianze poco credibili pur di screditare l’opera. Ma ha anche sollevato obiezioni vere e criticità molto concrete. Di fronte a una campagna così dura, dal Campidoglio ci saremmo aspettati una risposta fatta di numeri, dati e sicurezze. Invece più si va avanti e più tutto appare confuso. Un rinvio al 2026 sarebbe la cosa più saggia.