Il senzatetto sotto Ponte Nomentano, simbolo delle nuove povertà

La situazione disperata di Iosif che tutti fingono di non vedere. Dati preoccupanti sull'aumento dei bisognosi dopo il Covid e l'insufficiente impegno dei servizi sociali

La povertà a Roma è in aumento e sempre più spesso vedremo persone disperate aggirarsi nelle nostre strade. Occorre interrogarsi sul futuro dell’assistenza sociale in una città come Roma perché l’impressione è che la politica non abbia colto la vera portata dell’emergenza.

Partiamo col raccontarvi un caso singolo in uno specifico quartiere ma si tratta solo di un esempio di quello che accade nel resto della capitale. Circa un anno fa, alcune associazioni di residenti avevano chiesto a gran voce – ottenendola – la pulizia dell’area coperta dal Ponte Nomentano, alla fine di viale Etiopia in direzione piazza Bologna. Alcune settimane dopo l’intervento dell’Ama, un uomo di origine slava, Iosif, ha deciso di stabilirsi in quel posto abbastanza pulito e che quella era la sua nuova casa.

Si tratta di una persona mite però troppo spesso in preda all’alcol. L’abbiamo avvicinato e ci ha detto di non avere la possibilità di trovare un lavoro e di vivere di espedienti. Purtroppo l’area sotto il ponte Nomentano è oggi ridotta ad una latrina e una discarica. C’è un letto, un materasso, tanti rifiuti sparsi ovunque, una nicchia tra i pilastri, trasformata in armadio. Abbiamo girato un breve video e le foto parlano da sole.

Iosif non ha ricevuto aiuto dagli assistenti sociali o almeno così sostiene anche se non è detto racconti la completa verità per paura di essere sgomberato. Ma è chiaro che scene del genere in una città occidentale non sono tollerabili. Non lo sono per la dignità umana che va sempre tutelata e non lo sono per il decoro cui i residenti della zona hanno diritto.

L’intera area tra viale Etiopia, la scarpata di via Mascagni e viale Somalia, è divenuta un rifugio per senzatetto e un luogo di smistamento della merce per recuperanti. I rifiuti vengono lasciati ovunque e troppo spesso su divani abbandonati o letti recuperati si vedono persone dormire e espletare i loro bisogni corporali.

 

I dati più recenti sulla povertà a Roma indicano un incremento delle situazioni come queste e una contestuale riduzione dei servizi di assistenza: l’ultima decisione oggetto di polemiche riguarda la chiusura del centro per senzatetto di via Monte Libretti a San Basilio. Molto dura la denuncia del Forum per il Terzo Settore: “In piena pandemia Roma è capace di offrire meno welfare di prima del Covid. Ci chiediamo che idea di città alberghi in Campidoglio?”.

E la domanda è molto corretta considerato che lo stesso Campidoglio ha commissionato un rapporto sulle Nuove Povert๠che ha tracciato una fotografia impietosa. Altro che “abbiamo abolito la povertà” come improvvidamente dichiarò Di Maio dopo l’approvazione del Reddito di Cittadinanza. Cominciamo proprio da questo provvedimento per capire che impatto abbia avuto.

A Roma ne godono 123.803 persone, la maggior parte donne (il 52%) e moltissimi sono concentrati nel quadrante est della capitale: ben 43 residenti su 1.000 abitanti del Muncipio VI (Torri/Casilino) hanno chiesto il reddito di cittadinanza contro solo 11 su 1.000 del II Municipio (Parioli/Trieste). Il 73% dei richiedenti è italiano e solo il 27 è straniero, segno che gli stranieri non riescono ad accedere al reddito e finiscono a dormire sotto il ponte.
Le differenze tra i quartieri sono sempre più spiccate e il dato reddituale lo dimostra: se il reddito medio familiare al Municipio VI arriva appena a 27.000 euro l’anno, al II Municipio è oltre il doppio (60.839 euro).

 

Passiamo alle mense sociali. Gli stranieri che si rivolgono alle mense per un pasto sono cresciuti in 18 mesi del 65%!! (da febbraio 2019 prima del Covid ad agosto 2020 durante la pandemia).

Secondo la stragrande maggioranza dei cittadini romani, il reddito familiare è diminuito da quanto è comparso il Covid: il 49% dei residenti del centro storico ha subito una decurtazione del reddito, il 52% degli abitanti del XV Municipio, il 54% di quelli del XIII.

A quella che era una povertà strutturale si è aggiunta un nuova povertà che ha investito lavoratori, famiglie, piccole aziende che prima erano in grado di sostenersi autonomamente e adesso hanno messo in crisi i loro standard di vita.

A fronte di questa tendenza molto chiara, il dipartimento Politiche Sociali interviene con soli 7 centri di pronta accoglienza presso i quali viene prestato un primo aiuto e offerto un posto letto. E’ qualcosa ma non abbastanza. Occorre infatti intervenire con azioni di carattere psicologico, interpreti che possano aiutare chi non parla la nostra lingua e tentativi di inserimento nel mondo del lavoro almeno per chi si vuole far aiutare.

Vi sono poi molte altre persone che non vogliono cambiare il loro stile di vita, che ritengono giusto restare in strada. Per costoro occorre formulare altre tipologie di interventi cercando però di tutelare anche i residenti dei quartieri che hanno tutto il diritto ad un vivere in maniera dignitosa.

Non è facile e la soluzione non è alla portata di nessuno, ma certamente il tema povertà va messo in agenda perché se anche la politica si volta dall’altra parte, il risultato non potrà che essere un inasprirsi dei conflitti sociali.

¹Le nuove  povertà nel territorio di Roma Capitale – Rapporto di Ricerca a cura di Nicola Ferrigni
Aracne

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