Il Recovery lascia indietro Roma. Niente metro e trasporti

L'unica opera inserita nel Pnrr è l'inutile funivia Casalotti. E anche il fondo del Governo esclude le linee C e D. La sfida dei candidati Sindaco

 

Il Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) ha dimenticato le metropolitane. O meglio, ha previsto 12 chilometri di binari per la città di Catania ma nel resto d’Italia, Roma compresa, non è stato finanziato neanche un piccolo tratto.

La motivazione principale è dovuta ai tempi imposti da Bruxelles per l’ottenimento dei fondi: se l’opera non viene conclusa entro il 31 dicembre del 2026 i finanziamenti si perdono. E ovviamente costruire una metro in soli 5 anni è un’impresa impossibile in Italia (ma non in Spagna o in Cina). Si capisce, dunque, perché per Roma le uniche infrastrutture di trasporto inserite dal Governo nel piano sono la funivia Casalotti (sic!) e il tram sulla Togliatti.

Si dirà: Draghi non poteva fare diversamente quindi la scelta di non inserire le metro nel Pnrr è corretta. Ma questa affermazione è solo una parziale verità. Come spiega con dovizia di particolari MetroXRoma, uno dei più autorevoli osservatori del trasporto su ferro nella Capitale, dall’esecutivo ci si aspettava  un impegno ben maggiore data l’importanza strategica del Tpl nelle grandi città. Annesso al Pnrr, infatti, è stato presentato un Fondo Complementare da 30,6 miliardi di investimenti che non sono legati alla scadenza del 2026. Ma neanche in questo fondo c’è traccia di metropolitane. 

La riflessione di MetroXRoma finisce per essere molto amara: il Piano di ripresa post Covid potrebbe essere un danno per le metro e non una opportunità. Se, infatti, il Governo dovrà negli anni ridurre la spesa pubblica per far fronte all’enorme debito accumulato, è molto probabile che investimenti nel Tpl non ci saranno.

Sostituire ad esempio i bus a gasolio con quelli elettrici provoca un aumento dei costi di esercizio e dunque i Comuni non potranno permetterselo. Le metropolitane, invece, una volta ammortizzati i costi iniziali rendono più economico il trasporto dei passeggeri (far percorrere un chilometro a 100 passeggeri costa 2,20 euro in metro e ben 7,31 con i bus elettrici).

Il gap italiano è talmente ampio che da parte del Governo ci vorrebbe un provvedimento dedicato. L’intero nostro Paese ha meno chilometri di metropolitana della sola città di Madrid. Eppure, a Roma non si pensa minimamente a progettare la linea D, mentre per la prosecuzione della C gli “stop” sono stati assai più numerosi dei “go”.

Questa “distrazione” del Governo (che si spera venga colmata) è in contrasto con l’attenzione che l’esecutivo sembra voler dare alla “transizione ecologica”. Il trasporto, infatti, produce ben il 26% delle emissioni di CO2 in Italia, cioè circa 100 milioni di tonnellate di anidride carbonica che dovremmo ridurre del 90% entro i prossimi 30 anni, almeno secondo il protocollo di Kyoto. Senza un deciso impulso sulla mobilità urbana, questa riduzione resterà un’utopia. Si è fatto presto, in questi anni, a irridere Trump per le sue politiche poco ecologiste ma se la più grande occasione di investimenti del dopoguerra non prevede nessun miglioramento per le città, si sarà fatto molto peggio dell’ex presidente Usa.

 

Come nota il Kyotoclub, il trasporto pendolari su ferro è stato dimenticato mentre la gran parte della spesa per le ferrovie è stata destinata all’alta velocità. Ha senso collegare Salerno con Reggio Calabria facendo risparmiare 30 minuti di treno e poi dimenticare che un residente di Casal Monastero per arrivare a Rebibbia e scambiare con la metro impiegherà molto più tempo?

La Capitale viene considerata sempre l’ultima della lista, questo è ormai un dato di fatto. Le Olimpiadi invernali di Milano (e sul fatto che Milano possa ospitare competizioni sciistiche è tutto da dibattere) hanno fatto ottenere a quella città diversi miliardi. Roma, che dovrà ospitare il Giubileo nel 2025, potrà contare solo su 500 milioni, una inezia rispetto ai 10 miliardi che il governo Conte II aveva immaginato. C’erano la metro C, la metro D, l’alta velocità fino all’aeroporto di Fiumicino e il consueto anello ferroviario da chiudere. Ma lo stesso Conte e il suo ministro Gualtieri, quando si presentarono in Parlamento per discutere della prima bozza del Piano, fecero tabula rasa delle loro stesse proposte.

Cosa verrà realizzato a Roma nei prossimi anni? Dipenderà ovviamente dal Sindaco che verrà eletto perché se fossero confermati i 5Stelle l’unica cosa che potrebbe vedere la luce sarebbe la funivia Casalotti-Boccea, un’opera dall’impatto nullo sui trasporti cittadini.
Se invece un altro Sindaco, di qualunque schieramento, si battesse davvero per ottenere finanziamenti per altre infrastrutture si potrebbe immaginare di gettare i semi della tranvia sulla Tiburtina, la prosecuzione della metro C fino a Clodio, la ristrutturazione dei binari e delle tecnologie delle linee A e B e il rifacimento della Termini-Giardinetti con prolungamento fino a Tor Vergata.

Non sarebbe la rivoluzione che serve a Roma ma certamente un discreto passo avanti.

Dunque, sarebbe davvero utile che in campagna elettorale, tutti i candidati si schierassero come un sol uomo per chiedere un intervento finanziario al Governo, dando un segnale di interesse nei confronti della città e non solo per il proprio schieramento politico.

Il problema per ora resta trovare i canditati!

 

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