Il “modello Roma” della Raggi, ovvero il far west

La normativa emergenziale per le OSP è mal scritta, impossibile da applicare e incentiva gli illeciti, ma per la propaganda della sindaca è addirittura un modello da esportare

Arriva a chiamarlo modello Roma, la sindaca Raggi, la totale deregolamentazione realizzata dalla sua amministrazione in materia di Occupazioni di Suolo Pubblico (OSP).

Praticamente il suo “Mazzarino del commercio“, ossia l’attuale assessore Andrea Coia, ha disegnato una normativa che ha permesso tutto a tutti, eliminando qualsiasi possibilità di controllo. Già nel maggio 2020 descrivevamo l’assurdità ed inapplicabilità delle norme approvate dall’Assemblea Capitolina e nel quasi anno passato tutto quello che avevamo predetto si è realizzato.

 

Se infatti da altre parti, vedasi Milano, le OSP straordinarie sono state preventivamente valutate dagli uffici comunali, a Roma si è data la possibilità agli esercenti di presentare le domande e contestualmente installare gli arredi, contando che sarebbero seguiti i controlli.

Peccato che il combinato disposto di uffici commercio cronicamente sottodimensionati ed un numero enorme di nuove richieste di OSP ha reso impossibili i controlli da parte della Polizia Locale e degli uffici stessi.

Ma c’è di peggio: nei rarissimi casi in cui i vigili hanno controllato la correttezza dei nuovi arredi, li hanno trovati molto spesso illegittimi ma a ciò nulla è seguito per l’esercente colto in fallo.

 

Vi è ad esempio il caso emblematico di piazza di Spagna, luogo in cui la normativa emergenziale aveva praticamente precluso ogni nuova OSP. La cosa aveva avuto una certa risonanza al tempo dell’approvazione del provvedimento in Assemblea Capitolina; il divieto di nuove OSP in una serie di luoghi particolarmente sensibili del centro storico era stato infatti introdotto con un emendamento presentato da alcuni consiglieri del M5S, in contrasto col promotore della delibera, Andrea Coia, che chiaramente puntava alla più totale liberalizzazione delle OSP.

Quando i due locali sulla piazza hanno installato i loro arredi, gli stessi sono stati ritenuti illegittimi da parte della Polizia Locale ma lì sono rimasti per altri mesi. Solo a seguito del pronunciamento del TAR gli arredi sulla piazza sono stati rimossi dai locali, che però contestualmente hanno presentato un ulteriore ricorso al Consiglio di Stato.

A fine febbraio il Consiglio di Stato ha concesso la sospensiva ai due locali sul provvedimento sanzionatorio, rimandando alla decisione nel merito al TAR. Nel frattempo quindi i locali hanno potuto rimettere gli arredi sulla piazza andando quindi contro la norma di tutela che era stata appositamente approvata dall’Assemblea Capitolina.

Questi eventi, confusi e contraddittori, dimostrano come la normativa sia stata talmente male disegnata da consentire qualsiasi cosa a chiunque senza possibilità di mantenere il controllo del territorio.

 

Un altro caso emblematico si può osservare a pochi passi da piazza di Spagna. A via della Croce vi sono infatti moltissimi locali di somministrazione che hanno beneficiato della normativa emergenziale sulle OSP. Su una strada che un provvedimento del MiBAC del 2013 dichiarava ad “occupazione zero” si sono quindi moltiplicati i tavolini. Fin qui non ci sarebbe nulla di troppo scandaloso, considerata l’emergenza in corso, se non fosse che uno dei locali ha pensato bene di installare una pedana fissa che occupa una buona metà della strada giorno e notte.

Una tale OSP monstre è stata sanzionata dalla Polizia Locale ad inizio dicembre 2020 ma ancora oggi fa bella mostra di sé sulla strada.

 

 

Come si può vedere dalla foto, in corrispondenza di questa pedana la strada si è ristretta in maniera drastica, costringendo i normalmente cospicui flussi pedonali ad accalcarsi ed i veicoli a transitare in ancor più pericolosa promiscuità con i pedoni.

Pensate se anche solo la metà dei locali di via della Croce provvedesse ad installare un ingombro simile, essendogli consentito dalla normativa pensata da Andrea Coia. Via della Croce si trasformerebbe in un cunicolo dove pedoni e veicoli sarebbero costretti a fare una pericolosa gimkana tra le pedane.

 

Non che al di fuori del centro storico le cose vadano meglio. Lo sanno bene gli abitanti di Prati che nei mesi scorsi hanno visto la sparizione di centinaia di parcheggi regolari occupati da arredi che per la gran parte del tempo non vengono utilizzati.

L’ultimo incredibile esempio è spuntato di recente in via Stefano Porcari, a pochi passi da piazza Risorgimento. Qui è stata installata una pedana addirittura senza che vi sia un locale nei pressi che in teoria la potrebbe utilizzare. Perché è vero che la nuova fantastica normativa del Coia prevede la possibilità di installare gli arredi fino a 25 metri dal locale, ma qui a quella distanza non risulta alcun esercizio di somministrazione.

 

Foto dalla pagina facebook di Fabrizio Mencaroni

 

 

Senza contare gli innumerevoli casi di occupazioni con oggetti di fortuna, spesso vasi, in palese contraddizione con la segnaletica stradale che, in mancanza di espressa soppressione, dovrebbe essere prevalente.

 

 

 

 

Per l’ennesima volta chiariamo che noi comprendiamo perfettamente l’esigenza di agevolare al massimo i locali di somministrazione, consentendogli ove possibile di estendersi all’esterno in via straordinaria. Ma la cosa non può essere fatta lasciando carta bianca al singolo esercente che decide lui autonomamente quanto e dove occupare, senza curarsi delle norme del codice della strada (scritte a tutela di tutti gli utenti della strada, particolarmente quelli deboli), di quelle di sicurezza e di un minimo sindacale di decoro che pur nell’emergenza va assicurato un po’ ovunque.

Non è neanche nostra intenzione lamentarci per i parcheggi persi in favore delle OSP. In zone però dove la sosta delle auto è già un grosso problema per chi ci vive, non è pensabile far sparire centinaia di posti regolari senza prevederne le conseguenze ed addirittura senza neanche adeguare la segnaletica.

Peraltro molto spesso gli avventori dei locali giungono essi stessi in automobile ed hanno la necessità di parcheggiarla da qualche parte, finendo col rendere la vita del tutto impossibile a chi in certi luoghi ci vive e non ha alcuna alternativa a dove lasciare la propria di auto.

 

La normativa emergenziale avrebbe dovuto essere ben scritta, anziché pensata dal solito Mazzarino che di commercio ne mastica solo da qualche anno, ed avrebbe dovuto prevedere un ruolo attivo degli uffici commercio nell’indicare agli imprenditori quello che si poteva e non si poteva fare. Ci sarebbe stato da rinfoltire gli uffici per l’occasione ma la cosa si poteva preparare per tempo durante i mesi della prima chiusura totale, quando invece l’amministrazione capitolina si è fatta dei sonni colossali.

In questo modo gli stessi esercenti avrebbero potuto fare i dovuti investimenti con la certezza di poter contare su agevolazioni chiare nello spazio e nel tempo.

Con il pateracchio congegnato dal Coia invece vengono premiati i comportamenti più spregiudicati, come quello descritto di via della Croce, e c’è da scommetterci che tra molti anni quello starà ancora lì imperterrito con la sua invadente pedana, mentre tutti gli altri si saranno dovuti ritirare.

 

Questo tipo di normative mal scritte ed impossibili da applicare sono letteralmente “criminogene“, nel senso che incentivano la commissione di illeciti amministrativi, nei fatti impossibili da reprimere, e fanno soccombere gli imprenditori che vorrebbero operare nella legalità.

 

Ci si può stupire poi se una percentuale sempre maggiore di esercizi commerciali in centro storico sono detenuti dalla malavita organizzata?

 

Dopo una tale pur sommaria disamina dei disastri combinati dalla normativa emergenziale per le OSP, si comprende ora perché è semplicemente ridicola la sindaca Raggi a parlare positivamente di “modello Roma” che sarebbe poi stato applicato in tutta Italia?

Che la sindaca ne sia consapevole o meno, anche in materia di OSP il suo plenipotenziario del commercio ha combinato l’ennesimo disastro. Quanto ci metterà ella ad accorgersene e ad invertire la rotta, così come ha fatto in materia di Bolkestein?

 

La buona notizia è che tra pochi mesi entrambi verranno messi in condizione di non fare più danni alla città di Roma.

E se avessimo un’opposizione in Assemblea Capitolina la cosa potrebbe addirittura essere accelerata.

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2 risposte

  1. Ho scoperto per caso Diario Romano, che trovo fantastico e molto coraggioso, abito in Prati Trionfale da quando sono nato e sono disperato, perché con il proliferare delle pedane sono spariti i posti macchina, rivendico il mio diritto alla mobilità, credo che questa situazione non è sostenibile. Con le riaperture sarà un inferno inimmaginabile di traffico, di movida, di mondezza, la concentrazione di locali in questa zona è tale che non è pensabile ampliare all’inverosimile le capienze scaricando il tutto in strada, tantomeno occupare i parcheggi, fino ad ora sono andati avanti benissimo con i tavolini rimovibili laddove possibile sul marciapiede, mentre ora, oltre alle pedane, continuano, anche in piena pandemia, a sparire negozi ed al loro posto compaiono posti dove si mangia. L’area interessata a questo stravolgimento riguarda una cintura urbana grande quanto una città di medie dimensioni, è necessario, a mio avviso tornare allo stato originario dei luoghi. Ho molto apprezzato la posizione assunta da Diario Romano, uno dei pochi ad affrontare una tematica forse politicamente scomoda oggi, ma realisticamente molto pragmatica che a mio avviso è strettamente legata con il diritto alla libertà di muoversi e sentirsi dire che bisogna rinunciare alla macchina e poi vedere le strade riempirsi di pedane francamente mi intristisce e mi deprime molto. Credo che sarò costretto presto ad andare a vivere da una altra parte.

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