La scorsa settimana la Giunta capitolina ha approvato una delibera che stanzia i primi quattro milioni di euro per la messa in sicurezza di 70 tratti e incroci stradali a massimo rischio.
La selezione dei luoghi da “bonificare” è stata fatta dall’agenzia Roma Servizi per la Mobilità utilizzando i dati di incidentalità raccolti dal suo centro di monitoraggio ed applicando parametri quali il costo sociale dell’incidente, il numero di sinistri e il flusso di traffico nella zona.
Questi 70 luoghi sono sono stati chiamati “black points” e si prevede che gli interventi saranno completati entro il 2023. Tra le soluzioni pensate per migliorare la sicurezza vi sono una migliore definizione delle traiettorie, il controllo e la riduzione della velocità, la riorganizzazione infrastrutturale leggera (riprofilatura dei cigli e dei cordoli, messa in sicurezza di spazi e percorsi pedonali), la riconfigurazione infrastrutturale pesante dell’intersezione con la realizzazione di sottopassi, rotatorie e rampe; revisione delle discipline di circolazione e impiego di soluzioni tecnologiche (ad esempio, per il controllo del passaggio col rosso o il rispetto dei limiti di velocità).
Sulle nostre pagine ci eravamo occupati nel 2020 dei dati relativi agli incidenti sulle strade romane disponibili sul portale Roma Open Data. Lo avevamo fatto riportando le elaborazioni fatte da Tommaso Di Marcello, dalle quali era emerso come la sicurezza stradale a Roma fosse un tema completamente ignorato dalle ultime amministrazioni.
In una delle successive elaborazioni avevamo riportato proprio il dato relativo agli incroci più pericolosi a Roma, mostrando i primi dieci:
Abbiamo controllato la lista dei 70 black points e, come atteso, i dieci incroci individuati nel report sono tutti inclusi.
La decisione della Giunta capitolina è quindi una buona notizia, una prima dimostrazione che l’amministrazione riconosce la necessità di intervenire sulla strage quotidiana sulle strade romane, ma essa da sola non basta.
A metà marzo avevamo dovuto rilevare che dopo quattro mesi di mandato Gualtieri non aveva ancora cambiato di una virgola la tragica situazione romana, con l’unica novità rappresentata da alcuni impegni presi nell’ambito del documento con gli obiettivi dei successivi 180 giorni, impegni che così avevamo sintetizzato e commentato:
“Dal che capiamo che, nella migliore delle ipotesi, per i prossimi sei mesi in tema di sicurezza stradale possiamo aspettarci:
– uno studio di fattibilità per la realizzazione di 30 punti critici ad alto tasso di incidentalità,
– la progettazione di 4 (quattro?!?) interventi di messa in sicurezza di incroci pericolosi,
– un generico “ascolto” delle proposte della Consulta per la Sicurezza Stradale “… a supporto delle attività decisionali dell’organo politico” (qualsiasi cosa ciò voglia significare).
Tutto qua. Niente controlli immediati e straordinari delle strisce pedonali, niente installazioni urgenti di autovelox per moderare le assurde velocità che si registrano a Roma, nessun tentativo di interrompere immediatamente la scia di sangue.
A Roma si continua a morire come mosche sulle strade e la nuova amministrazione capitolina pianifica il nulla per i prossimi sei mesi.”
L’annuncio della settimana scorsa ha confermato grosso modo i punti che avevamo indicato, con la differenza che i punti critici ad alto tasso di incidentalità non sono 30 ma 70.
Non possiamo quindi dirci soddisfatti dei progressi fatti in questa materia, nonostante il recente annuncio dell’amministrazione, ma abbiamo pensato di riportare il parere di chi ha ben più competenze di noi, la Rete Vivinstrada (coordinamento delle organizzazioni per la Mobilità e la Sicurezza Stradale a Roma), per valutare questa iniziativa.
Questo l’incipit del post che hanno pubblicato sulla loro pagina facebook:
“I soddisfatti proclami di sindaco e assessore alla mobilità sulla prossima messa in sicurezza di 70 incroci pericolosi (black point) sul territorio romano si scontrano, è il caso di dirlo, con una distopica realtà della prevenzione stradale, umiliata e svuotata dalla stessa amministrazione con atti formalmente messi nero su bianco.”
Nel post vengono poi elencati gli atti che impediscono una seria prevenzione stradale a Roma. Di seguito una sintesi.
Attraversamenti pedonali rialzati – diverse determinazioni dirigenziali rendono difficoltosa la loro installazione, vietandoli esplicitamente sulla viabilità principale e ovunque passi il trasporto pubblico; queste disposizioni non esistono in nessun altro comune italiano e ovunque siano stati realizzati i dissuasori orizzontali di velocità convivono in armonia col servizio pubblico di trasporto, inoltre senza queste strutture realizzate in modo efficace la “messa in sicurezza” degli incroci lascia il tempo che trova.
Rispetto della precedenza al pedone sulle strisce pedonali – mancato rispetto delle disposizioni emanate dal comando della Polizia Locale e dall’assessore alla mobilità (circolari del 2019) che prevedevano controlli specifici agli attraversamenti pedonali.
Carenze nel corpo di Polizia Locale – Polizia Locale sotto organico e mancate sensibilizzazione e comunicazione sui temi della prevenzione stradale.
Mancati investimenti – nonostante ogni anno il comune di Roma incassi circa 300 milioni di euro dalle sanzioni stradali, che per legge dovrebbero essere destinati alla prevenzione stradale, non vi sono fondi sufficienti per un serio programma di manutenzione stradale, a partire dalle strisce pedonali, non vengono installati dispositivi di controllo automatico della velocità (autovelox fissi e dispositivi mobili) e del passaggio col rosso (solo 11 semafori a Roma ne sono provvisti!?!); da anni la Prefettura ha autorizzato il collocamento di autovelox su una serie di strade ma nulla è stato ancora fatto.
Questa è infine l’amara conclusione della Rete Vivinstrada:
“Abbiamo previsto che la mancanza di queste misure di prevenzione causerà la perdita di circa altre 200 vite da oggi al completamento delle opere di sistemazione dei “black point“.”