Centro Commerciale Maximo: il quartiere attende le opere pubbliche

Erano previste infrastrutture per 17 milioni ma il Comune sembra volersi accontentare di un parcheggio e qualche panchina. Davvero poco

 

Vi ricordate la storiella dello “Stadio fatto bene” propagandata da Virginia Raggi per Tor di Valle? Sappiamo tutti come è andata a finire e cioè con il nulla assoluto oltre al rischio di dover pagare un sostanzioso risarcimento ai promotori. Ma di questo parleremo un’altra volta perché oggi ci vogliamo concentrare su una vicenda molto simile che ha anche gli stessi protagonisti.

Parliamo di Virginia Raggi, dell’assessore all’Urbanistica Montuori, dei costruttori Parnasi e dell’imprenditore ceco Radovan Vitek. La questione riguarda il centro commerciale Maximo di via Laurentina, inaugurato in pompa magna a novembre del 2020 in piena risalita dei contagi, senza green pass, vaccini o amenità che oggi sono ritenute indispensabili. Di fronte al commercio, si sa, le regole cambiano in fretta.

Ebbene anche in questo caso – esattamente come per lo Stadio della Roma – i promotori si erano impegnati a realizzare opere pubbliche per circa 17 milioni di euro. Ma di queste opere si è persa ogni traccia!

Si tratta di parte della piazza antistante il mall, due parcheggi interrati per 2.770 posti auto, un ponte di collegamento tra la nuova piazza e il quartiere Laurentino 38, una nuova sede del IX Municipio e un restyling della fermata metro B. Almeno questo era quanto risultava dalla convenzione sottoscritta col Comune nel 2008 in seguito al PRU, il Piano di Recupero Urbano Laurentina del 2006.

Lo scorso anno, terminati i lavori edili del centro commerciale, i costruttori proposero l’apertura per il 29 ottobre, nonostante delle opere pubbliche fosse stata realizzata solo parte della piazza. Gli uffici comunali non concessero il benestare e i costruttori si rivolsero al Tar che consentì poi l’inaugurazione per il 27 novembre.

Cosa sarà delle opere pubbliche promesse non è dato sapere in quanto l’assessore Luca Montuori e la commissione capitolina urbanistica si sono orientati intanto ad accettare infrastrutture per il valore di 2 milioni, mentre per il resto (circa 15 milioni) si vedrà. Spiega Montuori: “Tra le varie proposte si potrà ristrutturare il parcheggio dell’area mercatale che oggi è una landa desolata, ricostruire le aree ludiche di via Sapori e di via Marinetti con la creazione di percorsi fitness, installare alberi e panchine”. A prima vista sembra il classico compromesso al ribasso: dato che non riesco più ad ottenere le opere importanti previste, mi accontento di interventi minori che tra l’altro non lasceranno grandi tracce nel quartiere.

La trattativa tra la Parsec (che fa capo a Vitek) e il Campidoglio è ancora in corso, ma c’è poco da sperare ed è prevedibile che anche in questo caso l’interesse pubblico finisca in secondo piano.

L’errore sta nel manico, nelle convenzioni e nella visione politica. Ed è esattamente lo stesso errore che si stava per commettere con lo Stadio della Roma. Anche per il centro commerciale Maximo la convenzione fu sottoscritta dal costruttore Parnasi che poi vendette a Vitek. Ma il progetto originario dello Stadio di Tor di Valle, quello sottoscritto dal Sindaco Marino e dall’assessore Caudo, prevedeva che le opere pubbliche si realizzassero prima dello Stadio. Che fossero cioè il presupposto per la costruzione e non il contrario. Il progetto Raggi, poi abortito, prevedeva invece il contrario con i risultati che oggi vediamo per il Maximo.

E’ vero che il nuovo centro commerciale ha dato lavoro a 1.500 persone e ha permesso l’apertura di 170 negozi, ma questo non può essere considerato un motivo per mettere in secondo piano l’interesse pubblico. Anche chi ristruttura un piccolo appartamento e ottiene la concessione per realizzare una veranda o recuperare un sottotetto paga salati oneri di urbanizzazione. Perché mai chi ha costruito il più grande centro commerciale da 65 mila metri quadri se la deve cavare con una trattativa col Comune e non rispettare la convenzione iniziale?

Allora la stessa possibilità deve essere data al privato al quale vengono chiesti 5mila euro di oneri. Anche costui potrà andare al Municipio e negoziare uno sconto di 4mila euro.

Nel novembre del 2020, di fronte a questa clamorosa ingiustizia, l’Assemblea Capitolina votò all’unanimità una mozione che impegnava la giunta Raggi a dare priorità alle opere pubbliche. Sono passati 9 mesi e l’unico risultato che per ora sembra prospettarsi è il parcheggio di un mercato e qualche panchina. Davvero poco assessore Montuori!

 

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