Ce l’ha Roma un piano per accedere ai fondi del Recovery Plan?

Roma Capitale ha presentato una molto eterogenea lista della spesa per accedere ai fondi europei, con molti progetti discutibili e l'assenza di una strategia credibile

Tutti abbiamo sentito parlare del “Piano per la ripresa dell’Europa” (più noto come “Recovery Plan”) predisposto dalla Commissione Europea per “… contribuire a riparare i danni economici e sociali causati dalla pandemia di coronavirus, rilanciare la ripresa in Europa, proteggere l’occupazione e creare posti di lavoro“.

Lo strumento principale di questo piano è il “Next Generation EU”, un fondo da 750 miliardi di cui circa 209, tra contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati, saranno destinati all’Italia.

Il governo italiano avrebbe dovuto predisporre un piano complessivo per utilizzare i 209 miliardi, secondo le principali direttrici indicate dalla Commissione Europea, ossia la svolta verde, la digitalizzazione e produttività, equità e stabilità macroeconomiche. Invece quello che è stato preparato sono delle linee guida con cui si sono chiesti a ministeri ed enti locali i progetti su cui vorrebbero investire.

 

Roma Capitale avrebbe risposto alla richiesta del governo con un piano di sviluppo approvato il 28 agosto dalla Giunta Capitolina.

Noi abbiamo dato un’occhiata alla memoria approvata dalla Giunta e avente come titolo: “Definizione di un Piano di Sviluppo resiliente e sostenibile per Roma Capitale”.

“Piano di Sviluppo” si dice nel titolo, ma in realtà di questo piano non abbiamo trovato traccia. Nel documento non c’è infatti alcuna visione d’insieme né una  definizione degli obiettivi perseguiti.

Il documento contiene solo un elenco di 159 schede-progetto elaborate dalle strutture di Roma Capitale sulla base delle linee guida dettate dal governo nazionale.

E tra queste schede c’è un po’ di tutto: dall’acquisizione diretta di unità immobiliari da destinare ad alloggi di edilizia residenziale pubblica (2mld, per 10.000 alloggi) alla riqualificazione energetica delle scuole (3 mld) e dell’edilizia residenziale pubblica (1 mld) all’illuminazione pubblica (oltre 600 mln).

Vi sono cose alquanto discutibili, come i “cassonetti e contenitori intelligenti” (che non si capisce come si inseriscano nella confusione più totale in cui naviga la raccolta rifiuti a Roma), e altre che non si vede cosa c’entrino con il Next Generation EU, come la messa in sicurezza della Piana del Sole, il risanamento idraulico del canale Palocco o il piano sampietrini.

 

Insomma, più che un piano con obiettivi chiari la memoria approvata dalla Giunta Capitolina è una lista della spesa di cose che si aveva già in programma di fare o che si erano sognate e per le quali si cercherà di approfittare dei nuovi fondi europei.

 

Va detto che l’impostazione data dal governo nazionale non ha certo aiutato a definire un quadro complessivo all’interno del quale inserire le proposte di progetto. Ma certo Roma Capitale avrebbe potuto fare un’elaborazione migliore, cogliendo l’occasione per definire una visione di città verso cui tendere con le risorse messe a disposizione dall’Europa.

 

Un esempio di cosa si sarebbe potuto proporre?

Obiettivo: fare di Roma la città più accogliente per i giovani sotto i 30 anni.

Realizzazione: promuovere la riconversione delle decine di immobili abbandonati privilegiando soluzioni di co-housing e co-working.

 

E invece nella lista della spesa preparata dall’amministrazione Raggi ci ritroviamo 2 miliardi destinati all’acquisto di 10,000 appartamenti, che  andranno ad accrescere un patrimonio immobiliare in gran parte ancora fuori controllo.

 

Purtroppo l’attuale amministrazione una visione di città non ce l’ha mai avuta né ha mai dimostrato una capacità credibile di pianificazione. L’occasione del Next Generation EU sarà quindi probabilmente persa per modernizzare Roma e al massimo si risolverà in un bel po’ di soldi spesi qua e là su progetti spesso discutibili, tipo il tristemente famoso “bruco-mela” ovvero il “people mover” con cui l’ammninistrazione Raggi si è incaponita per prolungare la linea B1 della metro.

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