Roma: un futuro sostenibile ancora da scrivere

Le cose da fare per rendere la capitale città verde ma anche efficiente. L'agenda di "Civiltà di cantiere" su cultura, edilizia e trasporti pubblici

Da pochi giorni è online il terzo numero (2020) del magazine Città e territorio di Civiltà di Cantiere, dal titolo Sostenibilità e costruzioni: la grande opportunità. Al suo interno Giovanni Carapella e Salvatore Codiposti hanno offerto una loro riflessione sulle potenzialità della capitale nel progettare il futuro in chiave sostenibile (Pensare al futuro. Roma metropoli sostenibile).

In poche pagine sono state riassunte tutte le peculiarità della città, aspetti che le istituzioni non possono più ignorare se si vuole traghettare Roma in una vera dimensione sostenibile e green.

Il primo dato che subito emerge da questa interessante disamina è come negli ultimi decenni le città sono state caratterizzate da una visione dinamica dei propri spazi, vincolati ad una mobilità legata al concetto di rapidità di spostamento da punti di partenza e arrivo.

Una visione che di riflesso ha condizionato la quotidianità dei cittadini e il loro rapporto con lo spazio abitativo e lavorativo.
Roma, come molte metropoli, ha cercato di seguire questa prospettiva sforzandosi di rendersi competitiva agli occhi delle altre capitali europee.
Un processo che potremmo definire di globalizzazione economica.
La pandemia ovviamente ha rimescolato tutte le carte. Occorre, così, un nuovo linguaggio di progettazione e un nuovo laboratorio di idee per affrontare il cambiamento imposto dall’emergenza sanitaria.

Tutte le metropoli, difatti, saranno chiamate al cambiamento in nome della prevenzione e di un nuovo stile di vita.

 

Non ci sono risposte univoche, pronte e facili, ma solo tante strade da intraprendere per poter riorganizzare il territorio. Cosa occorre dunque alla città? Di certo nuove competenze, nuovi obiettivi e processi produttivi, una poderosa politica ambientale volta alla ricerca di sostenibilità e salubrità.

Roma è in grado di rispondere a questa sfida proprio perché, paradossalmente, è ancora ferma a progetti di una decina di anni fa e dunque non dovrà stravolgere del tutto il suo assetto.
Il punto di partenza dovrà essere il potenziamento, non più procrastinabile, della sua immensa cinta periferica che ormai è in grado di raccontare una sua storia personale e attirare un nuovo tipo di turismo incentrato sulla cultura contemporanea. In questa cinta vi è anche un enorme polo paesaggistico e naturalistico, da mettere al primo posto dell’agenda politica, pronto a garantire le risorse tanto richieste dall’era post covid.

Lo sviluppo del sistema dei trasporti dovrà camminare di pari passo per raccordare finalmente tutte queste aree. Il centro dovrà comunicare con la periferia e quest’ultima con la fascia dei comuni limitrofi che gravano sulla città con un significativo volume di pendolarismo. L’hinterland romano, fagocitato dalla capitale per la sua offerta di lavoro e servizi, per troppi anni si è sviluppato sul concetto individualista del “bene casa”, depauperandone il tessuto sociale, creando vere e proprie aree dormitorio.

Unire questi quadranti, per Roma, significherebbe pianificare un “welfare urbano metropolitano”, mettere da parte il piano regolatore del 2008, e realizzare una rete di infrastrutture che valorizzi finalmente la quarta area metropolitana del paese.

Il primo step, su cui poter puntare anche in previsione del Recovery Fund, potrebbe essere quello di chiudere l’anello ferroviario interno progettato dalla giunta Rutelli, in modo da garantire un trasporto su ferro sempre più efficiente, e con una nuova prospettiva di mobilità si andrebbe a innescare anche la fase di rigenerazione urbana, recuperando e valorizzando interi quartieri.
La prossima consiliatura sarà così chiamata a compiere un vero balzo in avanti, ripensando nel profondo il modo di operare. Per far questo dovrà dialogare con esperti del settore, che da mesi stanno riversando in rete, e non solo, veri e propri think thank collettivi, laboratori di idee, dalla cultura all’edilizia, dalla mobilità alla cura del verde pubblico.

Nelle ultime settimane il dibattito in città è tutto incentrato sui possibili candidati alle prossime elezioni. Si susseguono nomi e ipotesi, alleanze e accordi, ma quello che veramente andrebbe fatto è aprire al più presto un grande dibattito sulle trasformazioni da effettuare, coinvolgere dal basso anche i cittadini per farli sentire partecipi del cambiamento, quello vero, che a Roma non può essere legato a slogan di partito.

 

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