Lo scorso 12 novembre si è svolta una manifestazione a Venezia organizzata dai residenti, esasperati dal progressivo svuotamento della città e da un turismo cittadino sempre più aggressivo. Gli slogan recitati durante il corteo sono stati: “Io resisto” e “Non abbandoniamo la città”.

 

 

 

Dei privilegiati, si direbbe, che hanno la possibilità di vivere in quella che probabilmente è la più straordinaria città al mondo. Eppure si sentono sempre più espulsi.

Ma la cacciata dei residenti non ha conseguenze solo per loro, bensì è la città di Venezia stessa che ne ha a soffrire, come ha ben argomentato Salvatore Settis nel suo saggio “Se Venezia muore” (Einaudi, 2014). Scrive Settis:

“In tre modi muoiono le città: quando le distrugge un nemico spietato, quando un popolo straniero vi si insedia con la forza, o quando perdono la memoria di sé. Venezia può morire se perde la memoria, se non sapremo intenderne lo spirito e ricostruirne il destino. Fragile, antica, unica per il suo rapporto con l’ambiente, Venezia si svuota di abitanti, e intanto è bersaglio di innumerevoli progetti, che per “salvarla dall’isolamento” ne uccidono la diversità …”

 

Lo svuotamento di abitanti è parte della morte di Venezia, perché senza una vita pulsante la più bella delle città si rivela una disneyland senz’anima, perfetta esteticamente ma morta, priva di vita vera.

Venezia è il caso più eclatante di morte di un centro storico ma il fenomeno sta interessando moltissime città d’arte in Italia (basta farsi un giro nel centro storico di Siena o nell’isola di Ortigia a Siracusa) e Roma non fa eccezione.

Anche a Roma è in atto da tempo un’espulsione strisciante della residenzialità dal centro storico, fatta di pressioni del commercio più becero, che rende invivibili i luoghi, di possibilità di mettere a rendita la proprietà con B&B e case vacanze, di miopia delle amministrazioni che non cogliendo l’importanza di garantire la componente residenziale sono tutte concentrate a “valorizzare” e “riqualificare” solo in ottica di offerta turistica, per di più della più becera qualità.

Il centro storico di Roma è enorme, tra i più estesi al mondo, e fatto di realtà tra loro le più disparate: rioni “ricercati” come Campo Marzio o Colonna, popolari come Monti, Testaccio e Trastevere, ameni come l’Aventino o “piemontesi” come l’Esquilino. In ognuna di queste realtà in passato la componente residenziale era assolutamente preminente, ma se a Testaccio o all’Aventino la situazione non si è sostanzialmente modificata, altre parti del centro storico hanno visto un assottigliamento di quella componente fino al limite della sparizione. È questo un fenomeno che interessa ad esempio gran parte della cosiddetta “ansa barocca”, la parte più centrale del centro storico, dove gli abitanti veri sono ridotti al lumicino.

Il perché sempre più persone lasciano il centro storico per andare a vivere altrove dipende anzitutto dalle sempre maggiori difficoltà a condurre una vita normale, vuoi per l’invasività di un commercio che ormai punta tutto sulla somministrazione, vera o finta che sia, con intere aree divenute mense a cielo aperto fino a tarda notte, vuoi per la pressione di strutture ricettive spesso abusive che consentono sfruttamenti esasperati della proprietà. Non ultimo, va considerato anche il problema di gestire i propri mezzi di locomozione, quando posseduti, con tariffe elevate per i permessi ZTL ed una deregulation nella sosta che penalizza particolarmente la residenzialità.

Le istituzioni non sembrano dar peso ad un tale fenomeno, avendo da decenni rinunciato a gestire il commercio, con l’invasione di minimarket, pizzerie, gelaterie e souvenir a cui assistiamo da anni, e continuando a mantenere regole per la mobilità obsolete ed inefficaci.

La verità è che continua ad esserci un certo commercio in centro storico che vive di movida, che è convinto che i suoi clienti debbano poter arrivare in macchina fuori dei negozi, che considera la sosta selvaggia non solo un male ineluttabile ma addirittura una necessità per la sua sopravvivenza. Tale commercio riesce ancora ad influenzare in maniera efficace le istituzioni affinché le regole della ZTL siano le più blande possibili ma soprattutto perché in centro storico vi sia quotidianamente una colossale sospensione del codice della strada, con veicoli parcheggiati ovunque. Una tale situazione non solo sfregia tutte le aree pedonali ma costituisce un pericolo costante giacché impedisce il transito di eventuali mezzi di soccorso.

Fa parte sempre di quel commercio la schiera di coloro che non vedono problemi al continuo svuotamento degli stabili del centro storico per far posto a B&B e case vacanze che nella stragrande maggioranza dei casi sono in violazione delle norme vigenti.

 

Tutti questi elementi si concretizzano in una persistente espulsione degli abitanti dal centro storico, fenomeno questo in atto ormai da molti anni. Nessuna delle amministrazioni passate vi ha posto attenzione, dimostrando di non avere neanche un’idea ben precisa del centro storico di Roma.

L’attuale amministrazione non sembra fare eccezione, essendo se possibile ancora più estranea ed ignorante di tutte le dinamiche della parte storica di Roma. C’è il recente episodio del danneggiamento dell’elefante della Minerva a dimostrarlo, nel caso ce ne fosse stato bisogno. L’ennesimo segnale di una deriva inarrestabile di degrado, con i più preziosi monumenti della città alla mercé del balordo di turno, non è stato minimamente colto dall’amministrazione che si è limitata a farsi bella mostrando con quanta velocità si è provveduto alla riparazione.

Non è di questo che c’è bisogno, o perlomeno non è questa la parte importante, ma di una riflessione di come la città si può riappropriare dei propri luoghi senza doverli presidiare uno ad uno con le forze di polizia. Non bisogna essere dei geni per capire che migliaia di locali di somministrazione ed intrattenimento frequentati da decine di migliaia di avventori, tutti ammassati nel centro della città, non sono sostenibili, e lo sono ancor meno con l’unica pattuglia dei vigili urbani in servizio notturno!!!

Il centro storico va alleggerito delle troppe pressioni indebite, movida in primis, cominciando a studiare politiche che possano riattirare una residenzialità che automaticamente contribuirebbe a tutelarlo.

Chi mai però nell’attuale amministrazione di Roma potrebbe arrivare anche solo ad approcciare ragionamenti del genere? Il destino veneziano appare purtroppo ineluttabile per il centro storico di Roma.

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Una risposta

  1. fino a cinque, sei anni fa la situazione era ancora in bilico, ora credo che si sia passato il “punto di non ritorno”, ovvero il fenomeno non sia più reversibile, nemmeno attuando politiche “feroci” di tutela del centro storico, politiche che nessuna amministrazione -inclusa la Raggio ed il M5S- avrà mai la forza e la volontà di attuare.
    Alemanno-Marino-Raggi, questo il trio che sarà ricordato dagli storici come il responsabile del degrado del centro della capitale.

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