Referendum Atac: la Raggi ci mette una pietra sopra assieme all’opposizione

Votarono 400mila romani, ma il Campidoglio non ne vuole sapere. Il sit-in dei Radicali

Giovedì 25 febbraio, l’assemblea capitolina ha discusso del referendum Atac del 2018, votando una delibera che rigetta di fatto l’esito del voto e anticipando all’azienda altri 40 milioni di euro a fronte della perdita di 150 milioni per i mancati incassi nell’ultimo anno.

Con un colpo di spugna l’amministrazione cancella un percorso iniziato 3 anni fa dopo la raccolta di 33 mila firma da parte dei promotori (Radicali e comitato Mobilitiamo Roma) e il voto di 400 mila cittadini, per quello che fu il primo referendum consultivo di iniziativa popolare nella storia della capitale.

Nonostante il Tar abbia riconosciuto la vittoria del Sì, l’amministrazione ha deciso di continuare a puntare sull’azienda municipalizzata e il servizio non sarà messo a gara.

Virginia Raggi, dopo aver ottenuto in assemblea i voti favorevoli alla delibera (maggioranza del M5S, più il voto di Stefano Fassina di Sinistra per Roma), ha dichiarato come la sua azione politica sia volta a migliorare il servizio di trasporto pubblico e salvare nello stesso tempo 12 mila posti di lavori che sarebbero messi a rischio da un’ipotetica liberalizzazione dell’Atac, un’azienda, a detta della sindaca, che non è in crisi e gode di un solido concordato.

Sul fronte opposto il deputato Riccardo Magi, promotore per i radicali del Referendum e del ricorso al Tar, intervenuto la mattina in piazza del Campidoglio dove si è tenuto un sit-in, organizzato da Radicali Roma per denunciare quanto stesse avvenendo all’interno del palazzo Senatorio.  Magi ha fatto notare che sulla questione Atac non vi è soltanto una scarsa considerazione della volontà cittadina, riconosciuta e avvalorata da Tar, ma anche un continuo rilancio di menzogne che rendono la città “ostaggio” della sua azienda di trasporti “la più grande in Italia e tra le più grandi in Europa”.

I dati parlano chiaro, spiega Magi, la società è a un passo dal fallimento:Si dice che il concordato stia funzionando, che stia riuscendo a salvare l’azienda e a rilanciare il servizio, ma la realtà è che servono ulteriori iniezioni di denaro pubblico per sostenere quel concordato che non si sta avvicinando neppure agli obiettivi previsti, queste sono le prove delle menzogne che vengono dette dalla sindaca e dal vicesindaco”.

Su questo punto Magi incalza le responsabilità politiche: “Di fronte a tutto questo, l’amministrazione non si ferma, non pensa finalmente di istruire le proprie decisioni sulla base di evidenze e di quello che prevederebbe la legge, ma precostituisce atti per l’ennesimo affidamento diretto”.

Vi sono così delle “responsabilità molto gravi” che andranno verificate nelle sedi opportune “dalla Corte dei conti all’Antitrust”.

 

La tranquillità ostentata dalla Sindaca sul futuro di Atac si scontra anche con la lettera che i commissari giudiziali hanno inviato all’amministrazione sottolineando le gravi carenze nel garantire il servizio e nel rispettare tutti gli accordi del concordato.

Si è arrivati così al paradosso di un consiglio comunale che ha votato l’ennesimo finanziamento ad Atac senza fare reali approfondimenti.

L’opposizione, che per mandato dovrebbe avere il compito di vigilare sulle scelte della maggioranza, se ne è lavata le mani. Il PD si è astenuto mentre i 5 consiglieri della coalizione Fratelli d’Italia e Lega hanno chiesto di non partecipare al voto.

Nessuno, in aula ha voluto sollevare una delle questioni più spinose del concordato e cioè la vendita degli immobili di proprietà Atac. Secondo Magi  “non sono stati venduti ma addirittura sovrastimati. Adesso l’amministrazione stessa sarà costretta a comprarli con un prezzo sovrastimato, un’operazione che se avvenisse tra privati sarebbe considerata fraudolenta”.

La narrazione di una Atac sana come risorsa per la città, si scontra con i dati reali del fiume di denaro pubblico che è stato necessario per farla sopravvivere. Ogni famiglia romana ha pagato circa 800 euro di tasse l’anno solo per evitare che bus e metro di fermassero. Nel complesso, negli ultimi 9 anni, Atac è costata sette miliardi di euro tra perdite e sussidi. Secondo i calcoli del prof. Andrea Giuricin, il costo per chilometro per ogni veicolo supera i 6,5 euro ed è tre volte più elevato rispetto alla media delle società di trasporto europeo e circa il 50% maggiore rispetto a Milano.

Sempre per restare nei paragoni, Atm di Milano opera con quasi 2.500 dipendenti in meno di Atac, pur offrendo un servizio veicoli/chilometro superiore. I 40 milioni stanziati in queste ore saranno l’ennesima goccia nella voragine del bilancio di un’azienda che tutto sembra tranne che risanata.

 

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Una risposta

  1. In sintesi : un referendum vero è stato ignorato e poi esplicitamente contraddetto da quelli che menavano vanto della trasparenza, della democrazia diretta via Rousseau..
    Il tutto per salvare un carrozzone che ci è costato come Alitalia.
    P. S. :ma TPL, che gestisce le linee periferiche, non è ugualmente un privato concessionario? Sono pure ipocriti!
    Via il prima possibile!!!!

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