Le poche differenze e le tante similitudini tra destra e sinistra nel film di Virzì “Caterina va in città”

Roma, vera protagonista della pellicola, viene mostrata pochissimo. Eppure si colgono tutte le dinamiche della città. Buon cinema per la domenica di quarantena

Caterina va in città è un film di Paolo Virzì del 2004. La sesta pellicola del regista e la terza dedicata ad una denuncia sociale e politica, dopo Ovosodo (1997) e My name is Tanino (2002). Se in queste prime due opere il regista volle rimarcare la condizione della classe operaia e del riscatto delle famiglie poco abbienti, in Caterina va in città la denuncia si sposta nel mondo della borghesia romana e nella quotidianità di una famiglia che lascia la marginalità della cittadina di provincia per approdare alle complicate dinamiche della Capitale. Ed è qui che la mobilità sociale sembra essere l’unico strumento per il conseguimento di una vita piena e felice, lontana dalla mediocrità.

 

Da livornese, Paolo Virzì riesce a descrivere non solo la sua Roma, ma anche le contraddizioni che solo l’occhio di un forestiero può cogliere. Attraverso la commedia emerge un approfondito spaccato della città: da una parte la borghesia “acculturata” e radical chic della sinistra italiana, dall’altra quella edonista e pragmatica della destra, che in quegli anni era al governo.

Non a caso, l’Italia che Virzì dipinse nel 2004 era realmente divisa in due, con cliché e stereotipi di ogni tipo, dalla magistratura ideologizzata dalla destra, epurata solo superficialmente dai suoi estremismi, alla sinistra che si leccava ancora le ferite delle elezioni e dei fatti del G8 di Genova. I rischi in cui poteva incorrere erano diversi, ma come fu sottolineato dalla critica “solo i grandi registi” riescono a toccare alcuni temi senza sembrare banali, Paolo Virzì è uno di questi.

La storia si incentra su un possibile riscatto, sull’emarginazione o l’integrazione di una famiglia di Montalto di Castro che riesce a trasferirsi nella Capitale.

I personaggi che si cimenteranno in questo compito sono due, la giovane Caterina (Alice Teghil) e suo padre Giancarlo (Sergio Castellitto), un insegnante di un istituto tecnico. Quest’ultimo rappresenta il tipico uomo sconfitto dalla vita che lotta tra la collettività e l’individualità. Da Montalto di Castro ottiene il trasferimento a Roma, convinto che sia arrivato per lui il tempo della rivalsa. Per ottenerla sceglierà la via più semplice, ovvia e sbagliata, quella di assecondare i luoghi comuni. Così lo vediamo andarsene in giro per la città con una copia del quotidiano Il Manifesto piegata nella tasca della giacca, quando tenta di farsi apprezzare da un ambiente intellettuale di sinistra, per poi passare ad un comportamento ruffiano e affabulatore per entrare nelle simpatie del sottosegretario di destra, Manlio Germano (Claudio Amendola). Caterina, di contro, riuscirà ad inserirsi grazie alla sua naturale innocenza, quella che non possiede più suo padre e che goffamente cerca di rispolverare. La ragazza si mimetizza, si camuffa, perché è l’innocenza stessa che glielo permette, viene accolta in quanto ancora capace di sprigionare nella città tutto il suo potenziale.

 

Giancarlo, non a caso, capirà che la figlia rappresenta il suo cavallo di Troia, esercita su di lei la pressione di genitore per entrare nelle case delle famiglie romane, non riuscendo però ad ottenere nulla, a causa dei suoi modi provinciali, così eccessivi e imbarazzanti. Perché alla fine a questo professore di provincia non importa realmente nulla, solo contro tutti è un arrivista che pensa alla propria condizione, è un teatrante che indossa meschinamente diverse maschere per arrivare al suo scopo, essere apprezzato e affermarsi nelle “conventicole” della città.

«Siamo solo dei pupazzi, che non si possono permettere nulla dalla vita, capito?! Nemmeno una soddisfazione sul lavoro, una bella casa, un po’ di rispetto da parte degli altri, niente!» (Giancarlo)

La moglie Agata (una fantastica Margherita Buy), al pari della figlia, è spettatrice e vittima delle ambizioni del marito. È l’unica a vivere la nuova realtà come dovrebbe essere vissuta, con leggerezza e spensieratezza, è l’unica a non illudersi, restando però disillusa dal comportamento della sua famiglia.

Roma tesse silenziosamente la tela di questa storia, non viene mai allo scoperto, non ci sono riprese di monumenti o di panorami, questa è la scommessa vinta da Paolo Virzì, parlare della città senza mostrare la città. Riesce nel suo scopo sfoderando l’arma più potente che ha contro lo spettatore, quella dello “specchio”: in molti si rivedranno nei comportamenti di Caterina, nella scuola romana politicizzata, nelle ambizioni di Giancarlo e nelle frustrazioni di Agata. Una Roma fredda e cinica che accoglie senza offrire nulla. La città viene immortalata dal traffico e dagli autobus pieni, con un monologo da parte di Caterina che sintetizza lo spaesamento di una giovane ragazza nel doversi confrontare con milioni di persone lontana dalla tranquillità della sua vecchia cittadina:

«Mi sembra che l’intera popolazione di Roma manco mi guarda. Infatti, è una città abitata da un sacco di gente che si fa gli affari suoi, e a volte mi sento una donna invisibile, che poi non è per forza una brutta sensazione».

Ma alla fine, in questa storia di ascesa e discesa sociale, Caterina, diversamente dal padre, intuisce che è solo un’adolescente con dei sogni da inseguire, e che solo una metropoli come Roma, lontana dal modo in cui la dipingono e la vivono i tanti personaggi del film, se vissuta con il giusto distacco e con la giusta spensieratezza, potrà offrirle davvero la possibilità di coronarli. Una realizzazione non come riscatto ma come consapevolezza delle proprie aspettative.

Note:

  • Le riprese della scuola di Caterina sono state girate interamente nel liceo di Roma Ennio Quirino Visconti, situato nel centro storico in Piazza del Collegio Romano.
  •  Nel film compaiono diversi personaggi famosi che interpretano se stessi, Roberto Benigni, Michele Placido, Simonetta Martone, Andrea Pancani, Maurizio Costanzo, Giovanna Melandri.
  • Caterina è interpretata da Alice Teghil. La pellicola di Virzì fu il suo esordio cinematografico. Fu scelta dal regista, durante i provini, perché dimostrava un “salutare disinteresse per la cinepresa”.
  • In una scena del film Caterina accompagnerà una sua amica a Monte dei Cocci (Monte Testaccio), dove Virzì ha realizzato una sorta di cimitero acattolico che invece dista pochi metri dal colle, in via Caio Cestio. Monte dei Cocci fu la prima discarica della Roma Imperiale, conserva tutt’ora i frammenti di 53 milioni di anfore.

Il film è disponibile online, a noleggio o in vendita.

Trama:

Caterina Iacovoni è una giovane adolescente che vive a Montalto di Castro. Il padre Giancarlo insegna ragioneria, mentre sua madre Agata è una casalinga. Il padre ottiene, dopo tanti rifiuti, il trasferimento a Roma.

Una volta arrivati in città, Caterina sarà immersa in una realtà che neppure immaginava, contrassegnata dalle ideologie e dall’individualismo. Cercherà di mantenere la sua identità, coltivando la passione per la musica e la lirica, mentre assisterà inerme allo sgretolarsi della sua famiglia, turbata dalle mire arriviste del padre e dalla fragilità emotiva della madre…

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Contrasto alle OSP abusive e alla malamovida: dal Campidoglio ancora pannicelli caldi.
Emanata l’ordinanza contro le OSP abusive, ma solo per quelle totalmente abusive nel sito UNESCO.
Contro la malamovida invece ci si affida all’amico Frank.

Considerato che la Polizia Locale risponde direttamente ed esclusivamente al sindaco, non c’è da stupirsi se a Roma il corpo è praticamente inesistente.
D’altronde chi dovrebbe dargli le direttive (@gualtierieurope) non ha neanche chiari i compiti degli agenti.

Non siamo sicuri che @MercurioPsi non abbia doti divinatorie, ma se già a gennaio aveva ipotizzato la chiusura totale delle due l’una: o in #ATAC non hanno il controllo di quello che fanno, oppure tengono all’oscuro fino all’ultimo gli utenti dei loro piani.
@TUTraP_APS

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