La città futura dovrà essere sharing: i dati del MIT indicano una strada da seguire

Il potenziamento del car sharing potrebbe stravolgere positivamente l'aspetto delle città, con enormi ricadute in chiave green. A Roma circolano quasi 3 milioni di auto private!

Nell’ultimo numero di “Corriere Innovazione,” uscito venerdì 30 ottobre, è comparso un interessante contributo di Carlo Ratti (architetto e ingegnere, fondatore del Senseable City Lab al MIT di Boston, impegnato da anni nello studio delle città sostenibili). Nel suo articolo “Le cinque Milano nascoste nei parcheggi” vengono riportate alcune riflessioni di uno studio scientifico sulle “umpurking cities” (Nature Scientific Reports).

Carlo Ratti (foto “LaRepubblica”)

 

Carlo Ratti focalizza l’attenzione sul possibile, drastico, cambiamento che si potrebbe innescare nelle città chiamate a una concreta rivoluzione dei propri spazi, soprattutto dopo le nuove esigenze mostrate dai cittadini e dai commercianti in relazione alla risposta di contrasto al Coronavirus.

In questa pandemia le grandi metropoli si sono dimostrate inefficaci e impreparate a garantire maggiori spazi per la socialità e per un nuovo rapporto più equilibrato tra spazi verdi e spazi abitati.

Come sottolinea Ratti, nelle nostre città esistono delle porzioni di terreno, immense, che aspettano solo di essere conquistate. Parliamo della striscia di asfalto che divide il marciapiede dalla corsia di marcia, i cosiddetti Curb, ovvero le aree di parcheggio per le automobili. Secondo i dati presentati, le vetture private rimangano parcheggiate per circa il 95% del tempo, causando una perdita di terreno che potrebbe essere sfruttata in diverso modo.

“Si stima che, in Italia, la somma di tutte le aree di parcheggio copra una superficie di circa 1.000 chilometri quadrati, ovvero circa cinque volte l’intero territorio del Comune di Milano”.

Questa prolungata permanenza dell’auto parcheggiata è data da un altro fattore su cui bisognerebbe concentrarsi maggiormente, ovvero la carenza nelle grandi città di un sistema di trasporti efficiente e di un sistema di car sharing che possa garantire a un lavoratore in periferia di spostarsi sul luogo di lavoro (parliamo di un parcheggio di almeno 7 ore giornaliere), in tutta comodità, senza usare la propria vettura.

 

Prendiamo il caso romano: la capitale è al primo posto in Italia per il maggior numero di automobili private, circa 2.701.023 di vetture su una popolazione residente di 2.851.129, quindi 1,05 vetture per abitante.

Per ribaltare questa situazione la soluzione potrebbe arrivare solo dalla mobilità condivisa che abbatterebbe del 50% la necessità dei parcheggi: “Ogni veicolo condiviso può rimuovere fino a una dozzina di auto private”.

Come giustamente ricorda Ratti, “per quanto tempo ancora avremo bisogno di dedicare tanto spazio alle automobili? E, nel corso degli anni, quanto asfalto si potrebbe liberare, e per quali funzioni?”.

La risposta come sempre arriva dall’estero e dalle grandi metropoli che già stanno attuando delle politiche di riconversione. In alcune città sono le stesse aziende immobiliari che stanno convertendo automaticamente i garage ad altre funzioni. Il grattacielo “CapitaSpring”, di ben 280 metri, attualmente in costruzione nel cuore di Singapore, ha predisposto la riconversione dei garage a uffici e negozi.

Lo studio portato avanti dal MIT ha puntato la sua attenzione proprio sulle politiche attuate a Singapore: in una città dove i parcheggi sono il doppio del numero delle automobili. Incrociando i Big Data, delle persone in entrate e in uscita della città, con una simulazione di un futuro in cui le auto fossero solo in regime di car sharing o a guida autonoma, il risultato ottenuto è stato incredibile, ovvero il numero dei parcheggi si è ridotto a zero. Ovviamente si parla di una simulazione, in cui la tecnologia permetta di far circolare di “continuo” le vetture automatizzate.

Ma tornando a una realtà più concreta, senza automatizzazioni, solo attraverso il potenziamento dello sharing si potrebbe abbattere in modo drastico il numero delle auto parcheggiate. Si aprirebbe così un nuovo scenario, “l’ultima frontiera urbana”, l’utilizzo di spazi vuoti per garantire un nuovo stile di vita.

Il loro riutilizzo spazierebbe in un ventaglio di possibilità enorme: stazioni di ricarica per vetture elettriche; parcheggi per monopattini e bici, liberando i marciapiedi; stazioni di carico e scarico dell’e-commerce, e molto altro.

Dal 2005, a San Francisco, si celebra il “PARK(ing) Day”, una giornata in cui i cittadini si riappropriano dei Curb per installare piccoli salotti, giardini, dehors temporanei, con funzione di carico e scarico merci durante il giorno, e con tavolini all’ora di pranzo o a cena.

 

 

Le ricadute economiche sarebbero enormi, per non parlare di quelle in chiave ecosostenibile, le amministrazioni non subirebbero esborsi significativi, in quanto le riconversioni si attuerebbero su spazi già esistenti, e potrebbero, infatti, investire su accordi redditizi con le aziende specializzate nella mobilità condivisa.

Serve ovviamente una strategia dettagliata, un piano solido e una visione lungimirante su come si vuole stravolgere la quotidianità cittadina.

A Roma, ovviamente, la soluzione dello sharing  dovrebbe tornare in agenda,  questa volta con delle nuove regole, con dei nuovi accordi ma soprattutto con una pianificazione che soddisfi i reali bisogni dei cittadini, dalle aree di copertura del servizio ai costi di noleggio, con tariffe agevolate. Purtroppo impegnarsi, per quel che si può, nel garantire i trasporti pubblici non può essere l’unica terapia ai congestionamenti di una città con una superficie sconfinata di ben 1.287,36 km²

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