Figli di un Dio minore: i ludopatici, soggetti ai margini di una società che prospera sulle loro dipendenze

Mentre uffici e cinema stentano a ripartire, via libera alle sale gioco con alcune limitazioni. A Roma 10 mila le vittime del gioco compulsivo

Dalle prime settimane di luglio sono ripartite a Roma anche le sale slot, le sale da gioco e i centri scommessa. Facendo ripiombare, così, migliaia di famiglie nell’incubo del vortice del gioco d’azzardo. La quarantena aveva costretto a un periodo di tranquillità e respiro, soprattutto economico, a quei soggetti che soffrono di disturbi ludopatici. Nel decreto che disciplina la ripartenza di questo settore, che vanta un fatturato di dieci miliardi di euro l’anno, sono state stabilite le norme di ripartenza per garantire la sicurezza dei giocatori, come per esempio, il distanziamento, le barriere di plexiglass, la sanificazione dopo un turno di gioco e soprattutto un registro che tenga conto degli accessi nelle sale slot, così in caso di contagio le persone potrebbero essere rintracciate a stretto giro.

Eppure, nonostante un disciplinamento delle norme impeccabile, sembra tutto paradossale, visto che da una parte gli uffici pubblici restano ancora chiusi, per evitare il fatidico cluster, così come le biblioteche che mantengono gli accessi contingentati, con orario ridotto, come i cinema e i teatri riaprano a stento, oppure i mezzi di trasporto con posti e corse dimezzate.

Non vogliamo certo scagliarci contro gli addetti del settore, o contro tutte quelle persone che riescono a giocare responsabilmente (anche se parliamo di un numero ridotto), ma vogliamo sottolineare come lo Stato, preoccupandosi di contenere una malattia, sorvoli, ampiamente, sui danni di un’altra patologia che miete disastri sociali da anni.

La ludopatia è una malattia riconosciuta dall’Ordine Mondiale della Sanità, e collocata nel manuale dei disturbi mentali. Al pari di un’epidemia ogni anno vengono stilate delle curve epidemiologiche, vengono individuati i fattori sociali scatenanti e circoscritti i soggetti a rischio, con il tentativo di contenere i danni economici. Per molti anni si è pensato che fosse un problema relegato solo ad una sfera sociale, quasi antropologica, permettendo così alla malattia di diffondersi indisturbata.

Nel Lazio è diventata una vera e propria piaga, nel 2018 l’Eurispes aveva collocato la regione al secondo posto per volumi di gioco e coinvolgimento della società. A Roma attualmente vi sono 10 mila vittime da gioco compulsivo, con patologie non curate e ancora in corso. Con il rischio di arrivare a quota 80 mila, ovvero il 4 % della popolazione, in pochi anni.

Solo nell’XI Municipio vengono giocati ogni anno 220 milioni di euro, di cui 44 vanno nelle tasche dei gestori.

Nel 2019, nella capitale, sono stati giocati 6 miliardi di euro, di questi almeno 1 miliardo è andato perduto a discapito delle famiglie.

Giocare è semplicissimo, per alcune slot bastano pochi euro per iniziare, all’interno del Raccordo vi sono 5.700 locali che garantiscono il gioco d’azzardo, e stiamo parlando solo di quello che è possibile tracciare, senza considerare le sale illegali gestite dalle mafie. E sì perché, purtroppo, quando si parla di gioco d’azzardo non si può non menzionare la malavita che ha trovato in questo settore un terreno fertile dove prosperare. Ogni anno i rapporti della DIA dedicano a questo fenomeno delle sezioni a sé, in cui emergono tutte le sfaccettature di un business molto remunerativo dove riciclare soldi e investire capitali.

Durante il lockdown le associazioni, che cercano di contrastare il dilagare del gioco d’azzardo, avevano lanciato un grido di allarme alle istituzioni, che prontamente è stato ignorato. Si poteva intervenire nel controllare le sale illegali, si potevano inserire i ludopatici in percorsi di recupero approfittando della chiusura dei locali, potenziare gli sportelli di ascolto e molto altro.

Ma soprattutto si doveva intervenire sul gioco d’azzardo online che invece ha prosperato aggravando ancor di più la situazione per alcuni soggetti.

Nei mesi di blocco, infatti, nonostante le strutture di gioco abbiano perso importanti percentuali di utenza, sono aumentate le richieste di aiuto, sia in termini economici che psicologici. Per tenere sotto controllo l’impulso del gioco, molte persone sono cadute nell’abuso di droghe e alcol.

Il Movimento Cinque Stelle aveva promosso, a Roma, una dura battaglia, quartiere per quartiere, al gioco d’azzardo. Nel 2018, Virginia Raggi, introdusse il limite massimo di 6 ore di gioco nell’arco della giornata. Due settimane fa il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso di alcuni gestori contro l’ordinanza del sindaco. Nelle motivazioni si legge, appunto, che la ludopatia è in netto aumento e il provvedimento comunale non può essere ridimensionato. Quindi, se da una parte, la stoccata del Campidoglio ha avuto dei timidi risvolti positivi, nell’arco di due anni la situazione è nettamente peggiorata. Con la nuova situazione economica, dettata dalla crisi, le percentuali potrebbero aumentare vertiginosamente. Molte persone saranno spinte a tentare la fortuna, finiranno in un cono d’ombra dove non ci sarà nessuno a fermarli, spenderanno più di quanto ci si possa permettere, e quando entreranno in quel vortice, commetteranno azioni illecite, trascureranno lavoro e affetti, cadranno in depressione e per uscirne useranno alcol e droga in un circuito sempre più malato, con costi a carico delle famiglie e dello Stato inimmaginabili.

La Regione Lazio e il Comune di Roma hanno degli sportelli e degli uffici preposti per l’ascolto e l’assistenza, vi sono corsi di educazione economica e cura della dipendenza, numeri verdi e centri che offrono i loro servizi anche gratuitamente.

Lo Stato però non deve voltarsi dall’altra parte facendo finta che il problema non esista, limitandosi a mettere in campo un esercito di psicologi, nella speranza di contenere il problema. L’articolo 32 della Costituzione afferma che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo” e in questo diritto non possono trovare spazio “dipendenze” tutelate e disciplinate dalle istituzioni.

In un momento delicato come quello in cui viviamo, la ricostruzione sociale ed economica deve partire anche e soprattutto dalla lotta alle dipendenze e alla ludopatia che inghiotte l’economia reale delle famiglie. Perché non vi potrà essere una ricostruzione se non si tiene conto del disagio di questa realtà, le istituzioni dovrebbero tenere a mente il monito che lanciò Matilde Serao sul gioco d’azzardo “come tutti i rimedi fittizi che nascono dalla miseria, esso produce miseria, degradazione, delitto…”.

 

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