Dopo il Covid la giustizia resta sospesa. Udienze bloccate senza motivo e Roma non riparte

Il governo si è preoccupato del campionato di calcio, ma i tribunali sono stati dimenticati. Gli avvocati: per noi il lockdown potrebbe non finire più

Proseguiamo col nostro viaggio tra le attività e i servizi pubblici che non riprendono nonostante la fase acuta della pandemia sia ormai alle spalle. Dopo aver parlato delle difficoltà per i romani nel gettare i rifiuti ingombranti, oggi ci occupiamo della giustizia, una funzione fondamentale per un paese civile. In Italia e a Roma in particolare, è da marzo che tutto si è cristallizzato e i tribunali non accennano a ripartire. Un settore abbandonato a se stesso senza alcuna politica da seguire e senza un chiaro programma di modernizzazione.

Un lockdown prolungato che incide nel profondo di un sistema già di per sé malmesso.

Per prevenire nuovi contagi di Covid, ogni tribunale fa di testa propria. In Italia non sono state diramate linee guida valide per tutti. La responsabilità di questo caos, secondo gli addetti ai lavori, sono da ricondurre alla mancata tempestività del Ministro Bonafede nel comunicare le direttive.

Lasciando carta bianca ai Presidenti dei Tribunali, ogni città ha attuato dei propri protocolli, alcuni non garantiscono l’accesso all’applicazione online, ai data base degli atti.  Altri non riescono ad accedere a Internet, e in questo modo tutto il senso del lavoro agile, dello smart working è crollato come un castello di carta lasciato al vento.

Cittadini e avvocati si erano detti pronti a trovare il giusto compromesso tra via tradizionale e innovazione, ma l’attuale sistema dell’udienze online, approvato dal Ministero non viene applicato dai tribunali. Come se non bastasse, diversi uffici amministrativi e cancellieri hanno affermato di non essere in possesso delle credenziali di accesso.

Il risultato? Il rinvio delle udienze a data da definire. Per i più ottimisti si parla di novembre 2020, altri hanno dato per certo una ripresa delle attività a gennaio 2021.

La scelta dei rinvii ha innescato un’altra crisi, ovvero la sospensione automatica delle parcelle: molti avvocati hanno cessato la propria attività, hanno chiuso gli studi, messo in aspettativa i dipendenti, alcuni sono ricorsi al sussidio emergenziale di 600 euro, altri ancora hanno smantellato gli uffici rimodellandoli nelle proprie abitazioni per evitare il costo degli affitti.

Mettere in stallo la classe forense, per colpa di mancate comunicazioni, non è solo un problema individuale, ma ha ripercussioni economiche di portata nazionale. Uno studio del Cer Eures del 2017 aveva sottolineato come i ritardi della giustizia incidessero sul PIL italiano del 2,5%. Basterebbe velocizzare i tempi di giustizia, allineandosi con quelli della Germania, per recuperare l’astronomica cifra di 40 miliardi di euro l’anno, altro che manovre finanziarie!

Anche se negli ultimi anni si è tentato di limare la burocrazia e superare gli enormi ostacoli amministrativi dei singoli tribunali, l’Italia è ultima in Europa per quanto riguarda i tempi di giudizio: un procedimento civile, in media, arriva al terzo grado dopo ben otto anni.

Durante la fase di quarantena l’80% delle udienze è stato rinviato. A Roma sono stati eseguiti solo il 15% dei processi, passando da una media di 30 udienze al giorno a 4. Nella Capitale l’ordine degli avvocati, conta ben 31 mila iscritti, e la metà di questi percepisce un reddito inferiore ai 35 mila euro annui.

Anche i Tribunali di Roma non sono riusciti a uniformare le linee guida in modo agile. Come ha denunciato il presidente dell’Unione Camere Penali, Gian Domenico Caiazza, i tribunali hanno raccolto otto chili di carta in linee guida.

Una situazione davvero difficile che sembra lontana dal risolversi nel più breve tempo possibile. Per i processi civili si sta intraprendendo sempre di più la via telematica, mentre per i processi penali non è ancora chiara la politica da attuare, in molti chiedono che questi debbano restare processi fisici, dove il giudice, gli avvocati e gli imputati possano incontrarsi, osservarsi e intuire i sentimenti dei singoli attori. Venendo meno l’incontro si sta ledendo consapevolmente il diritto alla difesa dei cittadini. Non è stato infatti chiarito il perché nei tribunali non si possa garantire il distanziamento sociale e l’igienizzazione, quando in attività come quelle commerciali, sportive o industriali garantire i parametri stabiliti dai DPCM è una questione molto più complessa.

 

Il 29 maggio è stato indetto il primo Flash mob spontaneo di protesta. Un centinaio di avvocati si sono ritrovati di fronte l’ingresso della Corte Costituzionale, in piazza Cavour, per riconsegnare i propri codici, simbolo di lavoro e dedizione, ma soprattutto simbolo di tutela dei diritti del cittadino. Alla protesta ha aderito l’Ordine degli avvocati di Roma, il Presidente Antonio Galletti ha sottolineato amaramente come sia più importante in un paese come l’Italia far ripartire il Campionato di calcio e restare indifferenti di fronte la giustizia.

 

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Una risposta

  1. Bisognerebbe applicare misure urgenti deflattive, amnistia per reati “bagattella” puniti con pene minime previste dal codice penale gestite da giudici monocratici che sono quelle di scarsa rilevanza e pericolo sociale ma di grossa mole ed occupazione per il lavoro dei tribunali. Purtroppo l’amnistia è stata messa fuori gioco con la maggioranza astronomica del quorum per attuarla, l’amnistia oggi è mera utopia secondo l’art 79 così come modificato. Uno sforzo politico per lasciare che la macchina giustizia possa ripartire ? Ma non interessa a nessuno della figuraccia con l’Europa ne’ del pil ma i politici hanno altro a cui pensare tipo difendere la loro poltrona con decreti lunghi ed incomprensibili, bonus idioti che nulla hanno a che fare con il momento storico pessimo.. amnistia ? Ma farla o non farla a chi cambia la vita ?

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