Città in Rovina – Prosegue l’agonia del San Giacomo

Del complesso dell’ex-ospedale S. Giacomo ci siamo occupati in uno dei primi post della rubrica “Città in Rovina”, segnalando l’assurdità della totale mancanza di prospettive per uno stabile così imponente e localizzato in una zona tanto particolare sotto diversi punti di vista.

A distanza di mesi la regione Lazio continua non solo a mancare di un progetto per il S. Giacomo, ma non è stata neanche in grado di stimolare uno straccio di discussione su quale potrebbe essere la sua destinazione.

Nel frattempo la struttura continua ad andare in rovina con segnali sempre più evidenti di disfacimento. Già qualche mese fa si rese necessario transennare via Canova per il pericolo di caduta di pezzi di cornicione. Ora evidentemente il problema si è prodotto anche sul lato di via del Corso, dove da qualche giorno è stata apposta una recinzione (la solita roba di qualità, peraltro) in corrispondenza di una delle uscite dello stabile sulla strada.

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Nella foto che segue si può apprezzare il cornicione che sta andando in pezzi con la vegetazione che ormai vi prospera.

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Chiaramente una tale situazione non potrà essere sostenuta all’infinito, per cui prima o poi la regione Lazio dovrà intervenire per fare una manutenzione dello stabile che ne blocchi il disfacimento. Oltre quindi alle risorse che già oggi la struttura consuma, con alcuni vigilantes che la sorvegliano sistematicamente, ben altre dovranno esservi destinate pur continuando a mancare una destinazione precisa.

Come il governo regionale possa aver dimenticato il S. Giacomo è cosa che sfugge alla comprensione. Sono note le difficoltà di trovare una destinazione consona alla struttura, essendo ancora disputata la questione del presunto vincolo con cui essa fu donata dalla famiglia Salviati nel XVII secolo (per quanto un vincolo risalente a oltre tre secoli fa appare a chi scrive abbastanza difficile da far valere), ossia l’obbligo di utilizzarla per scopi sanitari. Ma anche considerando una tale evenienza, o si verifica la possibilità di trovare una soluzione fattibile oppure meglio sarebbe restituire alla famiglia Salviati lo stabile, che almeno costoro sarebbero costretti a trovargli una sistemazione che consenta almeno di manutenerlo.

Noi pensiamo che la cosa più appropriata per il S. Giacomo potrebbero essere destinazioni diverse, con una parte che potrebbe essere sfruttata commercialmente, magari come albergo, e gli eventuali proventi utilizzati per ripristinarvi un pronto soccorso che possa rispondere ad emergenze sanitarie smistando poi ad altre strutture nel caso di ricoveri.

Se avessimo degli amministratori capaci, del S. Giacomo si sarebbe già discusso abbondantemente e magari ora la regione Lazio starebbe già lavorando al progetto finale. Invece dopo oltre tre anni di governo Zingaretti ci ritroviamo ancora a dover transennare la struttura perché sta cadendo a pezzi.

Chissà se il commissario Tronca può dare una tirata di orecchie simbolica al presidente Zingaretti segnalandogli che la regione Lazio non può permettersi di lasciare certi cadaveri nel bel mezzo della città.

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Contro la malamovida invece ci si affida all’amico Frank.

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D’altronde chi dovrebbe dargli le direttive (@gualtierieurope) non ha neanche chiari i compiti degli agenti.

Non siamo sicuri che @MercurioPsi non abbia doti divinatorie, ma se già a gennaio aveva ipotizzato la chiusura totale delle due l’una: o in #ATAC non hanno il controllo di quello che fanno, oppure tengono all’oscuro fino all’ultimo gli utenti dei loro piani.
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