Città in Rovina – L’ex Velodromo olimpico

In questa puntata della “Città in Rovina” parliamo di un edificio che non c’è più, ma che quando realizzato fu considerato il gioiello delle architetture realizzate per le Olimpiadi di Roma del 1960.

velodromo
Velodromo Olimpico di Roma: veduta d’insieme (dal Sistema Archivistico Nazionale del MiBAC)

 

Il progetto, dello Studio Tecnico Impianti Sportivi composto dagli architetti Cesare Ligini, Silvano Ricci e dall’ingegnere Dagoberto Ortens, vinse il concorso bandito dal CONI nel 1955 e fu realizzato tra il 1957 ed il 1959.

Il velodromo fu l’unica opera delle Olimpiadi romane per cui fu bandito un concorso d’idee; si trattava infatti di un tema particolarmente complesso, con la necessità di garantire a tutti gli spettatori una buona visibilità della pista molto inclinata.

Dopo le Olimpiadi, l’ultimo evento pubblico che il Velodromo di Roma ospitò furono i mondiali di ciclismo del 1968, a partire dai quali cessò qualsiasi manutenzione dell’impianto.

Fino al 1997 il velodromo venne ancora utilizzato per allenamenti di ciclismo e hockey su prato, ma infine nel 2006 si dichiarò la struttura inagibile.

Nell’agosto 2007 l’EUR SpA ne avviò la demolizione, bandendo nel contempo un concorso per la realizzazione al suo posto della città dell’acqua e del benessere. Il concorso vide un vincitore ma, in perfetto stile romano, il suo iter fu infarcito di ricorsi al TAR e vincoli della Soprintendenza messi in estremis (qui un tentativo di ricostruzione di quegli eventi).

A risolvere, si fa per dire, il tutto intervenne il 24 luglio 2008 una demolizione improvvisa ed irresponsabile fatta a colpi di tritolo. Improvvisa perché inattesa, irresponsabile perché nella struttura vi era ancora molto amianto non rimosso, le cui polveri si sparsero in tutta l’area a seguito dell’esplosione.

[youtube url=”https://www.youtube.com/watch?v=WdwlSfkPzCo”]

 

In questo video, che ricostruisce la storia del Velodromo di Roma fino alla vigilia della demolizione, l’Arch. Giunti chiude la sua narrazione con questa chiosa:

Nel momento in cui decretiamo la fine di un’architettura che ha segnato un’epoca … non possiamo non avere un momento di rimpianto e di malinconia per una Roma che probabilmente non c’è più, una Roma ottimista, proiettata al futuro, la Roma degli anni ’60.

Al momento il destino dell’area dove insisteva il Velodromo non è chiaro (qui la scheda di Carteinregola con gli ultimi aggiornamenti).

In sostanza, nel 2010 EUR SpA decide di cambiare progetto e di prevedere edilizia residenziale, le cui cubature ad un certo punto sarebbero dovute andare a finanziare il progetto della Formula 1 a Roma. L’amministrazione Alemanno non riuscì però a far approvare dal Consiglio la relativa variante, che peraltro l’amministrazione Marino giudicò troppo invasiva. L’ultimo aggiornamento risale al marzo 2015, quando l’allora assessore all’Urbanistica Giovanni Caudo nell’ambito di un’iniziativa pubblica assicurò a cittadini ed associazioni che l’area dell’ex-Velodromo sarebbe divenuta un parco pubblico.

Poi più nulla.

Qualche foto attuale dell’area.

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Contrasto alle OSP abusive e alla malamovida: dal Campidoglio ancora pannicelli caldi.
Emanata l’ordinanza contro le OSP abusive, ma solo per quelle totalmente abusive nel sito UNESCO.
Contro la malamovida invece ci si affida all’amico Frank.

Considerato che la Polizia Locale risponde direttamente ed esclusivamente al sindaco, non c’è da stupirsi se a Roma il corpo è praticamente inesistente.
D’altronde chi dovrebbe dargli le direttive (@gualtierieurope) non ha neanche chiari i compiti degli agenti.

Non siamo sicuri che @MercurioPsi non abbia doti divinatorie, ma se già a gennaio aveva ipotizzato la chiusura totale delle due l’una: o in #ATAC non hanno il controllo di quello che fanno, oppure tengono all’oscuro fino all’ultimo gli utenti dei loro piani.
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