Il doppio fallimento del M5S a Roma

 

Più volte abbiamo richiamato i principi del garantismo e della correttezza in cui sinceramente crediamo.

Lungi da noi l’idea quindi di prendere per una condanna definitiva l’arresto di ieri del Presidente dell’Assemblea Capitolina Marcello De Vito. Rimaniamo anzi basiti di fronte alla sua espulsione definitiva “in 30 secondi” decisa dal capo politico del M5S, Luigi Di Maio.

Non possiamo però non rilevare che se la magistratura ha deciso di procedere addirittura all’arresto di De Vito, ci devono essere elementi concreti che portano a ritenere altamente possibile un suo coinvolgimento in storie poco edificanti, per usare un eufemismo.

Detta in altri termini, se i magistrati hanno preso una decisione tanto grave, evidentemente il presidente De Vito non ha potuto essere considerato “come la moglie di Cesare”, ossia completamente al di sopra di ogni sospetto.

Eppure questo era quello che ci si aspettava da Marcello De Vito, che il suo nome non potesse essere mai accostato a nessun faccendiere, a nessuna storia opaca, a nessuna lobby che non operasse alla luce del sole. Questo perché De Vito nella passata legislatura si è accanito, come gli altri tre consiglieri M5S, contro l’allora Sindaco Marino per questioni infinitamente minori dei fatti in cui si è ritrovato lui coinvolto oggi.

“Una botta pazzesca” ripetevano ieri alcuni esponenti del M5S in Campidoglio che sembravano stupiti da una parte, ma rassegnati dall’altra. Come se avessero avuto un sentore che qualcosa nella macchina del Comune non girasse più nella direzione giusta. D’altronde lo stupore ricorda i sepolcri imbiancati dei Vangeli. I pentastellati hanno commesso troppi errori. Che le cose sarebbero andate a finire così lo sospettavano in molti.

Se, infatti, un MoVimento eletto proprio per essere all’ascolto dei cittadini, per cambiare radicalmente il modo di operare nella politica, finisce per ricalcare esattamente le azioni di chi li ha preceduti allora non si capisce quale sia stato il motivo della sua elezione. Dal 2016, da quando la giunta Raggi si è insediata, il rapporto con i cittadini si è interrotto. Quasi nessuno ascolta i comitati  di quartiere. Nessuno risponde alle istanze delle associazioni civiche. Sembrano tutti chiusi in un bunker impenetrabile.

Eppure se non hai nulla da nascondere perché eviti il confronto? Ecco che il fumus di affari sporchi torna a farsi sentire. La mancanza di trasparenza è il primo vero fallimento di questa amministrazione. Nessuno infatti pretendeva che i neo eletti si dimostrassero capaci di governare al 100 per cento. Ma tutti speravano che le poche decisioni sarebbero state prese con un ampio margine di trasparenza. Così non è stato e questa è la vera colpa della Raggi e di tutti i suoi.

Le intercettazioni tra De Vito e il suo avvocato, Camillo Mezzacapo, dimostrano proprio questo: un sistema che si tiene in piedi grazie alla scarsa trasparenza, alla partecipazione nulla dei cittadini. Gli ex mercati generali dell’Ostiense sono una delle questioni su cui ci sarebbe la presunta corruzione. Ebbene sarebbe bastato avviare un dibattito pubblico, permettere ai cittadini di esaminare le delibere e i progetti. Lasciare che fossero i romani a esprimersi per i pro e i contro del progetto. Invece tutto è rimasto nel buio assoluto, nessuno ne parlava. Avete mai letto di un’assemblea, una riunione sugli ex Mercati? Il nulla. E grazie a questo nulla De Vito e Mezzacapo avrebbero intascato illecitamente 110 mila euro dai costruttori per dare il via libera.

Per non parlare dello Stadio della Roma che fin dall’inizio ha rappresentato l’opacità più assoluta. L’arresto di Lanzalone, di Parnasi, l’inchiesta che ha visto tanta sporcizia passare sotto il naso della giunta sarebbe stata evitata se la Raggi avesse fatto delle scelte cristalline. E invece basti ricordare il parere del Politecnico di Torino sul traffico provocato dal nuovo Stadio che fu tenuto secretato per mesi. Oppure l’incarico dato senza una delibera a Lanzalone perché facesse da “facilitatore”. E dove sta la trasparenza tanto sbandierata da queste persone? Sta solo nelle accuse agli altri partiti?

Ieri il M5S nazionale ha votato contro l’autorizzazione a procedere per Salvini nel caso Diciotti. E nello stesso tempo ha deciso l’espulsione di De Vito senza neanche leggere una carta. Non è segno di forza e onestà – come ha detto Di Maio – ma solo di debolezza. Il MoVimento annaspa, vittima della sua stessa propaganda. Ha voluto scatenare la guerra e sta finendo sotto le macerie dei bombardamenti da esso stesso provocati.

 

 

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5 risposte

  1. Una premessa: dal Vaffa day, ho considerato sempre il movimento 5 stelle come un male di cui spero ci libereremo presto, non condivido modi, toni e ondivaghe politiche, mi fa orrore tutto quello che Casaleggio ha messo in piedi, con le sue pericolose teorie sociali.

    Qui pero’ il punto e’ un altro, sembra davvero che ormai a Roma, “chi tocca muore”. Io non escludo che nelle intenzioni piu’ naif dei M5S ci sia l’illusione che fosse sufficiente essere onesti per governare una citta’ dannatamente complicata, ma come la maggior parte di quelli che li hanno preceduti, e’ bastato poco perche’ la corruzione e gli affaristi con pochi scrupoli pernetrassero e cominciassero a brigare per i propri affari.

    Forse, dico forse, servira’ ai M5S questo bagno di realta’, per capire che non basta urlare ai quattro venti di essere onesti, ma bisogna invece praticare l’onesta’ giorno dopo giorno, a partire da quello che si racconta alla citta’ disillusa e al popolo degli acritici (per ora) fans.

    Ma il problema non si risolvera’ una volta che ci libereremo dalla Raggi, la nostra citta’ trasuda di personaggi pronti ad attaccarsi al treno del prossimo vincitore e a trovare i punti deboli dell’apparato per insinuarsi e continuare nel saccheggio.

    Domanda disperata: come ci si libera da tutto cio’?

    1. Bellissimo questo commento di A P che ringrazio per il suo contributo. Concordo perfettamente sul bagno di realtà che serve al M5S. Ma occorre capire che la Raggi e i suoi passeranno, mentre la cancrena di Roma resterà. Il problema è come guarire da questa piaga che sta lentamente uccidendo le speranze in una città migliore. L’unica è – come disse Rutelli – un gruppo di 100 personalità scelte a prescindere dalla appartenenza politica che possano governare per 5 anni e progettare il futuro.

      1. Purtroppo credo 5 anni siano pochi.
        Ritengo che ci vogliano almeno 2 “legislature” per cercare di risollevare la soluzione, che sia un Commissario o un gruppo di persone esterne, dovrebbero poter lavorare per diversi anni.

  2. Ringrazio Filippo e rispondo sia a lui che a NV. Sembra che l’unica soluzione sia una soluzione di sospensione (o limitazione, diciamo) democratica, con una o piu’ figure forti, che sistemino la situazione, con ampi poteri.

    Istintivamente potrei anche essere d’accordo, ma razionalmente parlando, non so se mi piace.

    In molti, me per primo, ci siamo augurati il commisariamento, ma non puo’ e non deve essere ‘LA’ soluzione, basta vedere la voglia generalizzata di vedere un ‘capitano’ al comando e gli sfracelli che questo e’ in grado di combinare…

    1. Il “capitano” al comando non piace neanche a me, l’idea del commissariamento a lungo termine però non mi dispiacerebbe. Io non vedo altre vie di uscita. E’ chiaro che servirebbe una legge speciale per Roma, che comprenda onori, ma anche oneri. Questo, però, comporterebbe una volontà politica a livello nazionale che al momento non vedo da nessuna parte.

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