Elezioni suppletive a Roma: il solito PD romano, sembra

Ieri abbiamo pubblicato un contributo del candidato di Volt Italia, Luca Maria Lo Muzio Lezza, l’unico al momento che ha risposto al nostro appello.

Da Maurizio Leo (centrodestra), Rossella Rendina (M5S) e Roberto Gualtieri (PD) non abbiamo ricevuto neanche un generico riscontro, mentre la candidata Elisabetta Canitano (Potere al Popolo) ci ha detto che avrebbe inviato qualcosa.

 

Si dirà “bella forza”, risponde uno degli outsider, o forse due, per guadagnare un minimo di visibilità, mentre gli altri fanno conto sulle strutture di partito per raccimolare voti. Inoltre la nostra è senz’altro una misera tribuna, benché non ve ne siano poi molte a livello cittadino, per cui non sorprende che un ministro o un ex parlamentare la snobbino totalmente.

Va anche considerato che queste elezioni suppletive vedranno senz’altro un numero molto esiguo di elettori recarsi alle urne, perché quasi nessuno dei potenziali elettori sa che si terranno e perché c’è la generale consapevolezza che comunque vadano non cambierà nulla negli equilibri parlamentari (il governo PD-M5S ha una solida maggioranza alla Camera dei Deputati). La partita sarà quindi molto probabilmente tra il candidato del PD e quello del centrodestra e la vincerà chi sarà riuscito a mobilitare il maggior numero di propri elettori. In altri termini, il gioco non è, come al solito, cercare di attrarre nuovi elettori al proprio schieramento, bensì convincere il proprio elettorato a recarsi alle urne.

 

Tutto ciò detto, a noi questa sembra una buona occasione per fare una riflessione su come sta messa Roma e sulle possibilità che tra circa un anno (tanto bisognerà aspettare le nuove elezioni comunali) esca dalla palude in cui è precipitata.

 

Vedendo quindi come sono stati scelti i candidati e come essi stiano affrontando la campagna elettorale ci si può fare un’idea di quello che ci si può aspettare di qui ad un anno, quando ci sarà da rinnovare il governo cittadino.

 

Dei candidati di Volt e di Potere al Popolo non c’è molto da dire, appartenendo essi a formazioni molto piccole e quindi con processi decisionali probabilmente molto semplificati.

Per il candidato del centrodestra si è proceduto in maniera verticistica, come da tradizione di quello schieramento, mentre il M5S ha seguito le sue solite astruse procedure, sulla carta inappuntabili ma troppo spesso con risultati disastrosi; la candidata prescelta è infatti risultata l’unica papabile benché non sembri avere alcun rapporto col territorio del collegio.

 

Trattandosi di un collegio dove il PD è stato tradizionalmente molto forte, ci si sarebbe aspettata una particolare cura nella scelta del candidato (o magari candidata) da parte del partito, offrendo qualcuno ben riconoscibile da parte degli elettori e che potesse svolgere un’attività di raccordo tra il territorio e i livelli istituzionali nazionali. L’elezione si svolge infatti in un collegio uninominale, ossia in un ambito in cui l’eletto/a dovrebbe avere un rapporto in qualche modo diretto con gli elettori.

Niente di tutto ciò è avvenuto. Il PD si è chiuso a riccio, ignorando anche candidature di indubbio prestigio proposte da forze politiche vicine. Italia Viva e Azione avevano proposto la giornalista Federica Angeli che, benché priva di rapporti col territorio, avrebbe ad esempio ben potuto applicarsi sulle tante mafie che hanno pesantemente infiltrato il commercio del centro storico di Roma.

Con una scelta ancora più verticistica del centrodestra o del M5S il PD ha quindi designato il ministro Gualtieri come candidato nel collegio Lazio1. Con tutto il da fare che ha il ministro dell’economia del paese col secondo debito pubblico al mondo, c’è già la certezza che Gualtieri una volta eletto non potrà che dimenticarsi del suo collegio. E sarà anche maligno chi pensa che il PD abbia candidato Roberto Gualtieri per garantirgli una poltrona di riserva in caso di caduta del governo (il ministro ha dovuto dimettersi da parlamentare europeo per incompatibilità), ma davvero non si vedono altre motivazioni per la scelta fatta.

 

Detto della discutibilissima scelta del candidato, in attesa (con poche speranze ) che egli fornisca una risposta alla nostra domanda (“perché gli elettori del collegio Lazio1 dovtrebbero votarlo”) non possiamo non notare che il ministro Gualtieri si muova a Roma come una specie di marziano, ossia come se non fosse al governo con la stessa forza politica che, guidando il Campidoglio da quasi quattro anni, ha messo in ginocchio una città già severamente provata.

Già perché se durante i consigli dei ministri Gualtieri non può che cercare di collaborare fattivamente con i suoi colleghi del M5S, quando gira per il collegio in cerca di voti non dovrebbe mancare non solo di criticare pesantemente la gestione M5S della città ma anche prendere qualche iniziativa perché finalmente venga affrontato come si deve qualcuno dei problemi più gravi ed urgenti di Roma.

Se infatti il ministro ci tiene così tanto a farsi eleggere nel collegio uninominale del centro di Roma, non dovrebbe aspettare l’eventuale elezione per, ad esempio, chiedere alla sua collega De Micheli, ministro delle infrastrutture, di avviare un’iniziativa immediata per far verificare, ed eventualmente mettere in sicurezza, tutti gli impianti di traslazione delle metropolitane di Roma. Dopo l’ennesimo improvviso guasto occorso ieri alla fermata di Furio Camillo è infatti chiaro che ogni giorno a Roma l’incolumità di centinaia di migliaia di cittadini è messa a repentaglio da impianti di cui Atac e l’amministrazione hanno perso completamente il controllo.

Oppure il ministro Gualtieri potrebbe sollecitare il collega all’ambiente affinché metta allo stesso tavolo il presidente Zingaretti (che incredibilmente sarebbe ancora alla guida della regione Lazio, nei tempi morti della sua attività di segretario del PD) e il sindaco Raggi per stabilire finalmente una strategia condivisa sulla gestione dei rifiuti a Roma, sperabilmente individuando finalmente un commissario che possa occuparsene a tempo pieno e con le necessarie capacità e competenze.

 

Si dirà che il ministro Gualtieri si occupa di altro e che quand’anche fosse eletto alla Camera non dovrebbe immischiarsi direttamente in questioni cittadine. Invece per noi la situazione di Roma è talmente grave che non solo gli eletti cittadini ma qualsiasi romano (Gualtieri è di Monteverde) si trovasse in una posizione di potere dovrebbe sentirsi in obbligo di spendersi personalmente per dare una scossa ai disastri messi in piedi dalla gestione M5S.

 

Ma è un altro aspetto della campagna del ministro Gualtieri che ci lascia definitivamente basiti e riguarda il suo accompagnarsi alla presidente del Municipio I Sabrina Alfonsi in praticamente tutte le occasioni pubbliche, lasciando capire che egli giudichi positivamente l’operato del governo del centro storico di Roma in questi quasi sette anni.

Sarà forse che il precedente mandato al Parlamento Europeo l’ha fatto mancare molto da Roma o forse che il ministro Gualtieri non ha occhi per vedere com’è ridotto il centro storico di Roma, ma davvero non comprendiamo come egli possa pensare che possa giovargli il collegare la sua candidatura all’operato della maggioranza di centrosinistra del Municipio I.

È vero che è difficile distinguere le colpe dell’amministrazione comunale da quelle del Municipio per lo stato comatoso del centro storico, ma un ministro dovrebbe avere qualcuno che gli spieghi se quello del Municipio può essere considerato un buon governo o meno.

Nel caso fosse sfuggito al ministro Gualtieri, proviamo noi a ricordargli ad esempio che i ripetuti pasticci combinati dalla giunta della presidente Alfonsi hanno portato il Comune a sfilargli la competenza sulla festa della Befana di piazza Navona (per poi fare pasticci anche peggiori, ma questa è un’altra storia). Oppure che, ed è ancora più grave, quasi sette anni di blocco nel processo di approvazione del Piano di Massima Occupabilità del Municipio hanno consentito al Comune di sfilare anche quella competenza al Municipio.

 

Insomma, tutto considerato a noi sembra proprio di trovarci di fronte al solito PD romano che pensa di poter fare quello che vuole senza mai dover rendere conto ai cittadini delle proprie azioni. È probabile che anche a queste elezioni suppletive riesca a farla franca, grazie a molti elettori che baderanno più alla bontà del candidato (cosa senz’altro vera per il ministro Gualtieri) che alla sua reale possibilità di svolgere il proprio mandato. Ma così facendo il PD romano eviterà per l’ennesima volta di fare chiarezza al proprio interno, decidendosi una volta per tutte se deve badare al proprio piccolo interesse, che ad esempio gli ha impedito finora di fare un minimo di opposizione in Assemblea Capitolina, o se vuole proporsi come una delle forze politiche in grado di guidare il riscatto di Roma.

Roberto Gualtieri sta facendo il gioco del solito vecchio PD ed è un vero peccato, perché nonostante il valore della persona meriterebbe una sonora bocciatura.

 

Chi volesse ascoltare la viva voce del candidato nonché ministro Gualtieri (che sembra parlerà di fisco, benché questo non c’entri molto col collegio elettorale), può recarsi all’incontro di oggi pomeriggio presso il centro studi Cappella Orsini.

 

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