Una pacata riflessione sulle bike lane (non “line”)

I passi avanti sulla mobilità ciclabile sono forse l’unico aspetto positivo dell’amministrazione M5S a Roma.

Non che anche in questo campo non si sia proceduto in maniera contraddittoria (basti ricordare la strana storia del precedente delegato alla ciclabilità e l’attuale assenza di una tale figura a Roma), ma in qualche modo si sono raggiunti indubbi obiettivi che fino a qualche anno fa neanche si potevano immaginare.

Con l’attuale amministrazione è stata infatti realizzata la ciclabile sulla Nomentana, quella sulla Tuscolana (in via di prolungamento fino a Tor Vergata e, dall’altra parte, verso la stazione Tuscolana), è in via di realizzazione quella sulla Prenestina e ci sono numerosi progetti in programma nel Municipio III.

A dimostrazione comunque della schizofrenia  nell’agire dell’attuale amministrazione dobbiamo ricordare la schifezza del primo tratto ciclabile da essa realizzato, quello sotto il tunnel di Santa Bibiana, e l’assurdo divieto di transito per le bici nel tunnel di via Milano. Entrambe le assurdità sono ancora lì.

 

Torniamo a parlare di piste ciclabili in occasione di una raccolta di firme, organizzata da Fratelli d’Italia e altri, per dire no alla bike lane (“lane” cribbio! Non “line”) in costruzione sulla Prenestina.

 

 

Trattasi di un film già visto quando fu realizzata la ciclabile sulla Tuscolana, con al tempo la raccolta firme organizzata da un esponente del PD.

Nel caso della Tuscolana ci furono anche polemiche accese ma l’amministrazione decise di andare avanti.

Immaginiamo, e auspichiamo, che anche nel caso della Prenestina i lavori non subiranno fermi o ritardi, anche perché non ci sembra di rilevare motivazioni minimamente considerabili per la protesta. Che c’entrano infatti “rifiuti, campi rom, buche e moschee” (!?!) con la realizzazione di una pista ciclabile?

 

Volendo però fornire qualche elemento utile a chi avesse dubbi sull’utilità di una tale infrastruttura e sui ventilati problemi che essa potrebbe creare, vogliamo segnalare un articolo del luglio scorso apparso su The Guardian dal titolo “Ten common myths about bike lanes – and why they’re wrong” (qualcosa tipo “Dieci luoghi comuni riguardo le bike lane – e perché sono errati”).

Il testo è in inglese e per chi non si trovasse con quella lingua ci sono i traduttori online che dovrebbero riuscire a rendere decentemente i concetti.

Qui proviamo ad accennare a qualcuno di quei luoghi comuni.

1. Le piste ciclabili aumentano il traffico (e quindi l’inquinamento atmosferico). L’assunzione è che se si toglie spazio alle auto si aumenta il traffico, come fa l’acqua quando si riduce la portata di un tubo. Ma i fluidi e il traffico non sono la stessa cosa, come hanno dimostrato 60 anni di politiche possati ad aumentare l’ampiezza delle strade per ridurre il traffico. In realtà l’idea della domanda indotta – più spazio sulla strada porta più auto – è nota da decenni e funziona anche al contrario.

 

2. Quasi nessuno le usa. In tutto il mondo, praticamente in tutte le città in cui sono state costruite piste ciclabili adeguate, molti più ciclisti iniziano a usarle.

 

4. Sono dannose per gli affari. Spesso i maggiori oppositori delle piste ciclabili sono coloro che hanno attività commerciali sulle strade dove vengono realizzate, con la motivazione che qualsiasi perdita di parcheggio sarà fatale per la loro impresa. Numerosi studi hanno dimostrato che i proprietari di negozi tendono a sopravvalutare la percentuale di clienti che arrivano in auto e che i consumatori in bici spesso acquistano di più nel lungo termine. Lo studio più completo al mondo sull’impatto reale delle piste ciclabili, condotto a New York City, ha trovato che le attività commerciali su strade con percorsi ciclabili separati sono cresciute in media di più di quelle senza. Non si conosce invece alcuna prova che indichi il contrario.

 

8. Non siamo l’Olanda o la Danimarca. La risposta più banale è che fino a un certo punto anche l’Olanda non era come la conosciamo ora. All’inizio degli anni ’70 gli olandesi avevano tra i peggiori tassi al mondo di incidenti in bicicletta, perché le strade utilizzate per decenni dai ciclisti erano sempre più piene di automobili. Ciò provocò un movimento di protesta di massa il cui risultato è stato oltre 40 anni di costruzione di infrastrutture sicure. Alla fine tutto dipende dalla volontà politica. Poi c’è la storia che Olanda e Danimarca sono piatte. Vero, anche se con un classico vento contrario olandese può essere peggio che scalare una pendenza ripida. E comunque questi non sono più problemi con la sempre crescente diffusione delle biciclette con pedalata assistita.

 

 

Ci fermiamo qui, sperando di aver dato qualche elemento utile a chi fosse veramente interessato a capire se le piste ciclabili sono un problema o un’opportunità.

Saremmo davvero interessati a leggere qualche ragionamento simile che provasse a sostenere tesi opposte (senza ricorrere ai campi rom o alle moschee). Ci si eserciterà qualcuno tra i proponenti la raccolta di firme?

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