Richiesta di rettifica e alcune considerazioni da AIPE

Lo scorso 24 febbraio, all’interno di un articolo sulla riforma della pubblicità esterna, abbiamo dato conto di una proposta di bike sharing avanzata da Aipe (Associazione Imprese Pubblicità Esterna) e Clear Channel. La chiusa del nostro articolo è stata ritenuta lesiva dell’onorabilità delle aziende interessate che richiedono pertanto una rettifica che qui di seguito pubblichiamo. icona180

 

 

aipe

 

Considerato quanto pubblicato sui siti Diario Romano e VAS (circolo territoriale di Roma) rispettivamente a firma di Filippo Guardascione e Rodolfo Bosi  in merito alla proposta fatta da AIPE e Clear Channel a Roma Capitale con riferimento all’attivazione del Servizio del Bike Sharing si chiede di voler immediatamente rettificare i commenti ivi articolati poiché gravemente lesivi dell’onorabilità delle persone, delle associazioni e delle aziende ivi citate.
In primo luogo si evidenzia che la proposta fatta all’attuale Commissario Straordinario di Roma Capitale non è né un regalo né un tranello. E’ una proposta legittima che il Commissario farebbe bene a vagliare attentamente, proveniente da concessionarie dell’amministrazione serie e garantite.
Come al solito si è persa un’ulteriore occasione per distinguere il commento, che la correttezza vorrebbe serio e distaccato (non urlato e diffamante) dalla notizia.
Se il servizio del Bike sharing deve essere attivato grazie ai finanziamenti della pubblicità non vediamo per quale motivo una proposta che va in questa direzione debba essere accolta in questo modo da chi dovrebbe essere disinteressato al mondo delle concessionarie di pubblicità ma, al contrario, interessato al buon esito del procedimento che porterà all’attivazione del servizio.
La proposta di AIPE e Clear Channel non è limitata alla possibilità di offrire il servizio con il presente assetto ma potrebbe anche trasformarsi in ATI un domani che sarà pubblicato il bando.
Anche il numero di stazioni proposte non è casuale. Da quanto appreso dall’allora Assessore Leonori 80 era il numero di stazioni per il quale era già stato fatto gran parte dell’iter autorizzatorio.
Non è dato comprendere per quale motivo si parli di regalo da respingere. Si tratta di una proposta, eventualmente di un regalo alla città, non certo un regalo al dirigente di turno. Né di regalo si parla nella proposta sottoscritta. 

Noi riteniamo che il piano proposto dalla Giunta Marino sia inefficace perché la stragrande maggioranza delle posizioni individuate o non sono collocabili in quanto in contrasto con il Codice della Strada o sono prive di qualsiasi valenza commerciale. Se si approverà il Piano così come predisposto si riuscirà forse ad aggiudicare il solo lotto del bike sharing, ma a carissimo prezzo. Infatti gli altri circuiti disegnati dai piani della giunta Marino sono assolutamente privi di qualsiasi appetibilità. Inoltre lo stesso circuito del bike sharing, una volta assegnato non potrà essere collocato completamente. Infatti anche molte posizioni scelte per questo circuito non sono attuabili, con la conseguenza che chi vincerà la gara, per fornire il servizio chiederà altre superfici o soldi pubblici, come successo altrove.

Riteniamo che o si mette mano seriamente al lavoro di Aequaroma e si disegnano dei Piani attuabili, oppure nessun bando di gara potrà essere assegnato.

Siamo pertanto disponibili e ansiosi di poter esprimere ad un qualsiasi tavolo tecnico di confronto, se possibile costruttivo, i nostri dubbi e le nostre proposte perché il futuro assetto della pubblicità sia in primo luogo più snello (meno impianti), di maggiore qualità (impianti belli e moderni, non quel prototipo orrendo scelto dal Comune, che neppure rispetta i parametri minimi di resistenza al vento), ma soprattutto concorrenziale (aperto a più operatori e non ad un unico monopolista).

 

La vera domanda però è un’altra. Anche Clear Channel è ormai entrata nel mirino dei vari commentatori. Pertanto il cerchio si è ormai chiuso.

Il suo bersaglio di questo ed altri bolg sono tutte le ditte italiane (non risulta a chi scrive che ne abbia risparmiata alcuna delle “dittucole nazionali”) ed ora anche la multinazionale americana. Rimane fuori una sola azienda che, peraltro, è l’unica concessionaria a non aver fatto ricorso contro il regolamento, a non aver partecipato a nessuno (tranne uno) degli incontri presso i municipi, a non aver mai partecipato alle riunioni preparatorie del PRIP presso la Commissione Commercio allora presieduta da Corsetti. Insomma a sembrare completamente soddisfatta ed appagata da quanto fatto dalla Giunta Marino.
Non è dato comprendere a cosa sia dovuta tale unità d’intenti.
Evidentemente è un caso.
A nostro parere, come già dichiarato e fatto presente al Commissario, se è intenzione di quest’amministrazione veramente dare corso al programma di riforma del settore questa sarebbe l’occasione per mettere mano a PRIP e Piani in modo da renderli attuabili e tali da fornire un nuovo positivo assetto e non da premiare solo chi vincerà il lotto del Bike sharing, magari con altri metri quadri non pianificati in giro per la città. Ma questo non sembra proprio l’obiettivo del mondo che si oppone con tanta virulenza alla quasi totalità del settore della pubblicità. A quel mondo (blog vari, associazioni ambientaliste ecc.) sembra interessi solamente chiudere al più presto, qualsiasi sia il risultato, per fare fuori le concessionarie romane e italiane (cui recentemente si è aggiunta anche una delle due multinazionali del settore).

La nostra associazione e le aziende che ne fanno parte hanno preso di petto questa riforma non già perché non sia auspicabile un cambiamento della situazione ma solo perché il piano proposto risulta inattuabile, errato, frutto di evidente difetto di istruttoria.

Da tante parti si sono levate critiche ai piani presentati nei municipi. Non si capisce perché oggi che c’è l’occasione di rendere i progetti di pianificazione almeno degni del nome che portano (piani) ci si spertica a tirare per la giacchetta il Commissario per fargli mettere una toppa destinata a durare molto poco.
Allora lo si dica chiaramente: il problema non sono i piani, l’assetto cittadino e il decoro ma l’esistenza di aziende che vorrebbero continuare a lavorare, per di più in un contesto di concorrenza.

Sembra una sete di vendetta che riteniamo indirizzata nella direzione sbagliata. Infatti le aziende che in questi anni non hanno usato impianti abusivi e hanno subito la concorrenza sleale di abusivi e non paganti, quali sono le aziende aderenti ad AIPE, hanno subito un grave danno dalla mancata chiusura del procedimento di riordino, atteso da almeno quindici anni, perché ci si aspettava che da quella data avrebbero potuto lavorare in  un contesto migliore. Se si è arrivati a questo punto la maggiore responsabilità non è di chi ha cercato legittimamente di sopravvivere ma di chi avrebbe dovuto amministrare correttamente e non lo ha fatto per anni, salvo poi decidere di azzerare il settore e ripartire daccapo, scelta che non condividiamo.

 

Il direttore di AIPE

Ettore Corsale


 

 

Pubblichiamo volentieri la lettera dell’avvocato Corsale non perché ne condividiamo i contenuti ma perché la posizione di questo sito e la mia personale è sempre stata di grande apertura alle opinioni altrui e al confronto. Continuo a ritenere non opportuna l’offerta di un bike sharing fuori dai bandi di gara e prima che venga completata la riforma. Ma – come ho già scritto nel precedente articolo – mi auguro che l’ATI costituita da Aipe e Clear Channel voglia partecipare alla gara e la vinca. Posso affermare con nettezza di non aver mai parteggiato per l’azienda cui si fa un non troppo velato riferimento (la multinazionale Decaux) ma di aver solo lottato per la città. La mia storia professionale dimostra che non sono mai sceso a patti con la mia coscienza tanto da aver cambiato mestiere dopo 20 anni di giornalismo per non aver voluto piegare la testa.

Il mio sogno (e quello del gruppo che indegnamente rappresento attraverso l’associazione di cui sono portavoce) è quello di una Roma più bella, con meno impianti e di qualità. Con servizi indispensabili come il bike sharing. Se Aipe ha gli stessi obiettivi, vorrà dire che saremo alleati per raggiungerli. Filippo Guardascione

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7 risposte

  1. la richiesta di rettifica è interessante perchè evidenzia l’errore che nel quale incorre AIPE e molti altri operatori.
    La critica ai al PRIP ed ai Piani di localizzazione degli impianti è, sostanzialmente, che le posizioni degli impianti non sono commercialmente appetibili e quindi i bandi rischiano di fallire.
    Ma il criterio in base al quale DEVE operare la pubblica amministrazione è, in primo luogo, quella della tutela di interessi generali e sovraordinati al diritto d’impresa: tutela dei beni culturali, della sicurezza pubblica (ci siamo dimenticati i morti per i cartelloni collocati in violazione del CdS??), del suolo pubblico (bene pubblico per eccellenza), ecc.
    Ora, che del pari la p.a. debba contemperare i pubblici interessi con le legittime (sottolineo: solo quelle legittime, o ce li siamo dimenticati i cartelloni collocati abusivamente dalla sera alla mattina??) istanze dei privati e delle imprese è, non solo cosa buona e giusta, ma una precisa indicazione di Legge.
    Il compromesso, ovvero la definita “contemperazione di interessi”, non è però al ribasso ed a danno del bene pubblico, come è stato purtroppo fatto a Roma negli ultimi 10 anni e più.
    E perciò le imprese del settore debbono comprendere che il valore commerciale legato alla collocazione dell’impianto non è il criterio sul quale si possono redigere i piani, perchè tale criterio è espressione solo dell’interesse -legittimo per carità- del soggetto privato non della pubblica amministrazione.
    L’auspicio è che le imprese comprendano che i Piani in verità non sono un’ostacolo alla loro libertà di impresa ma costituiscono invero un’opportunità di valorizzazione e sviluppo del settore: meno cartelloni significa maggiore valore delle affissioni; bandi pubblici e relative concessioni equivalgono a regole certe di governo del mercato e stroncano quell’abusivismo che ha danneggiato per anni le stesse imprese; il project finacing, non solo per il bike sharing ma anche per altri servizi di pubblica utilità, rappresenta uno strumento nel quale si realizza la contemperazione degli interessi pubblico-privato cui si faceva cenno.
    Se invece l’atteggiamento è quello che traspare dal testo della rettifica, ovvero diretto allo scontro ed alla riaffermazione dei soli diritti dei privati, bè…… già un errore le imprese l’hanno fatto tollerando ed approfittando dell’anarchia del settore complici le amministrazioni cittadine, perseverare diabolicum…..

  2. Io nelle parole dei pubblicitari leggo tanta paura. Paura di fallire e chiudere. E’ giusto tentare di difendere la propria sopravvivenza ma da come ho capito possono sopravvivere benissimo se vincono le gare. Qualcuno non ce la farà, altri sì. Mia moglie lavora ad Almaviva e il suo posto è costantemente a rischio se Almaviva non si aggiudica le gare alle quali partecipa ogni anno. Purtroppo fa parte del mercato.

  3. Far parlare un avvocato, a seguito di un semplice articolo che parla di “regali e tranelli” riguardo una proposta politica, non fa altro che confermare la poca buona fede di queste aziende. Avanti con il bando.

  4. Ma il criterio in base al quale DEVE operare la pubblica amministrazione è, in primo luogo, quella della tutela di interessi generali e sovraordinati al diritto d’impresa: tutela dei beni culturali, della sicurezza pubblica (ci siamo dimenticati i morti per i cartelloni collocati in violazione del CdS??), del suolo pubblico (bene pubblico per eccellenza), ecc.
    Ora, che del pari la p.a. debba contemperare i pubblici interessi con le legittime (sottolineo: solo quelle legittime, o ce li siamo dimenticati i cartelloni collocati abusivamente dalla sera alla mattina??) istanze dei privati e delle imprese è, non solo cosa buona e giusta, ma una precisa indicazione di Legge.”

    In linea di principio ha ragione. Però dobbiamo dire che la tutela di interessi generale è stata estrinsecata dalla passata amministrazione. Cioè è stata solo ed sclusivamente una scelta politica di una amministrazione che ha fatto pochissimo (se non nulla). Insomma si può considerare il populismo come una scelta che tuteli l’interersse generale ?
    E non voglio neanche considerare i problemi legali che stanno incorrendo i difensori dell’interesse generale….

  5. Vabbeh mi sembra che volessero solo offrire le biciclette a Roma che ne ha tanto bisogno. Che male c’è? Forse non ho capito bene, ma non possono convivere le loro biciclette e quelle che verranno messe in futuro? Oppure il comune potrà chiedere a loro di mettere altre bicilette fino ad arrivare ad un numero giusto

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